Da più parti veniamo accusati di voler demonizzare l’olio di palma. In questi giorni sono arrivati appelli contro il nostro operato anche dalla Malesia, mentre dalla Nigeria hanno addirittura inviato una lettera Matteo Renzi per perorare la causa del grasso tropicale rivolgendo accuse a noi, Coldiretti, Altroconsumo e il Movimento 5 stelle. Si insinua che il nostro sia un attacco ai “piccoli e poveri agricoltori africani… che ne mina la sopravvivenza“. È paradossale essere accusati di protezionismo quando si mette in discussione un sistema economico basato sulla monocoltura intensiva di una pianta che oltre a danneggiare l’ecosistema e le economie locali, è spesso causa di sfruttamento di chi questi terreni li lavora (leggi approfondimento).
L’altra novità è che si iniziano a vedere articoli che rivalutano il palma, forse suggeriti dalla lobby delle aziende dolciarie che ha investito 55 mila euro per spiegare ai giornalisti e direttori quanto è buono il grasso tropicale. Per il momento una cosa è certa: ai 15 supermercati che hanno aderito al nostro appello di ridurre o eliminare il palma dai loro prodotti si è aggiunta Barilla. L’azienda di Parma ha dovuto arrendersi all’evidenza dei fatti e ha deciso di modificare le ricette di biscotti e merendine firmate Mulino Banco. Misura invece ha deciso di eliminare del tutto l’ingrediente dall’assortimento.
Se questa è la cronaca degli ultimi giorni, la situazioni da un punto di vista scientifico non presenta novità. Il Fatto Alimentare in questi mesi ha portato avanti una posizione condivisa dai nutrizionisti e dalle persone che hanno a cuore la sorte degli animali e delle foreste tropicali rase al suolo dalla monocoltura. Nel mese di settembre 2014 molto prima di lanciare la nostra petizione avevamo intervistato Laura Rossi autorevole esponente dell’ex Inran (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione) ora Cra-Nut che esprimeva concetti da noi condivisi e che ora a molti sembrano fuori luogo. Nell’articolo firmato da Valentina Murelli si dice.
Un po’ di olio di palma o un po’ di burro e latticini non fanno alcun danno se assunti nell’ambito di una dieta varia ed equilibrata, se possibile di stampo mediterraneo. E in effetti le Linee guida per una sana alimentazione dell’INRAN non “vietano” i grassi, ma ne consigliano un consumo moderato: in un’alimentazione corretta, dovrebbero apportare dal 25 al 35% al massimo della quota calorica giornaliera e dovrebbero essere variamente distribuiti tra saturi (non più del 7-10% delle calorie totali), monoinsaturi (fino al 20%) e polinsaturi (circa il 7%). Allo stesso tempo, però, questo non significa che si possa esagerare. Il problema, dunque, è la quantità e in particolar modo il fatto che spesso assumiamo olio di palma in modo inconsapevole. In una giornata, le occasioni per consumarlo sono tantissime: dai cereali croccanti della colazione, ai biscotti confezionati con cui accompagnare il caffè di metà mattina. Dal toast del pranzo, al gelato industriale di metà pomeriggio, fino alla crema spalmabile per chiudere in dolcezza la cena (tutti prodotti che possono contenere olio di palma). Decisamente troppo. «Invece, il consumo di prodotti con olio di palma dovrebbe essere limitato al massimo a una volta al giorno e se possibile non tutti i giorni» afferma Laura Rossi, nutrizionista del Centro di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (ex Inran). «Se ne assumiamo uno a colazione, dovremmo ricordare che abbiamo esaurito le occasioni per la giornata e sostituire gli altri snack con frutta, pomodori ciliegini o frutta secca». Questo per quanto riguarda il consumatore. Anche l’industria alimentare, però, dovrebbe fare la sua parte, cercando di ridurre il più possibile il contenuto di olio di palma dei suoi prodotti.
Noi condividiamo quanto dichiarato da Laura Rossi che abbiamo sempre considerato un’autorevole riferimento per conoscere la posizione ufficiale del Cra-Nut ovvero la linea dell’ex Inran e quindi la voce più autorevole nel campo della nutrizione in Italia.
Vorremmo sapere cosa c’è di sbagliato nella nostra campagna quando invitiamo a limitare il consumo di palma. Vorremmo sapere se è cambiata la posizione dell’Inran. Vorremmo sapere cosa c’è di sbagliato nel ribadire che i grassi saturi devono essere presenti nella dieta dei bambini nella quantità minore possibile (**). considerando che il palma è presente in centinaia di prodotti. Vorremmo sapere perché le aziende hanno nascosto l’impiego di questo ingrediente per 30 anni, se era così eccellente come viene sponsorizzato adesso.
Aspettiamo una risposta a queste domande dai nutrizionisti che forse con troppo entusiasmo negli ultimi mesi si sono schierati a fianco delle posizioni aziendali.
(**) Scientific Opinion on Dietary Reference Values for fats, including saturated fatty acids, polyunsaturated fatty acids, monounsaturated fatty acids, trans fatty acids, and cholesterol. EFSA Journal 2010; 8(3):1461
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
proprio poco fa un’amica alla quale avevo inviato un articolo che tratta di alimentazione, mi ha scritto: “Ma non si era detto che è meglio il burro dell’olio di palma? In questo articolo mi pare si dica il contrario… ” ed io per l’appunto ho replicato facendo riferimento a quanto contenuto in questo articolo… che peraltro ho letto dopo aver risposto 😉
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aggiungerei che leggendo molto qua e là, inclusi i commenti dei lettori, oltre ad un’informazione spesso poco precisa, è insita l’abitudine di uscire dall’argomento quando si commenta e ci si ritrova spesso impantanati nei luoghi comuni… ma perdendo di vista l’argomento principale, si perde anche la possibilità di un confronto (meglio se civile) fra opinioni diverse.
I grassi saturi sono quelli a cui si deve prestare attenzione, non solo l’olio di palma, e non devono essere consumati nella minor quantità possibile (quelli sono i trans), ma meno del 7/10%. I saturi sono utili nelle corrette quantità.
Le raccomandazioni affermano che i prodotti da forno vanno consumati nell’ordine dei 30-50g al giorno, ma vanno limitati non solo per i grassi (fra l’altro andrebbero limitati nella stessa misura anche se ci fosse il burro), ma anche per lo zucchero e il sale e per non rendere la dieta monotona o troppo calorica .
Le linee guida sono chiare, le interpretazioni vostre no.
Gabriele abbiamo dimenticato nell’articolo una frase a proposito dei acidi grassi saturi . L’Efsa dice “la minor quantità possibile è riferito alla dieta dei bambini , vedi Scientific Opinion on Dietary Reference Values for fats, including saturated fatty acids, polyunsaturated fatty acids, monounsaturated fatty acids, trans fatty acids, and cholesterol. EFSA Journal 2010; 8(3):1461. Grazie
Se mi è permesso dire la mia, penso che nessuno voglia confutare la necessità di tenere sotto controllo l’apporto di grassi saturi.
Il problema infatti è che non state facendo una campagna contro i grassi saturi e una coretta informazione alimentare, ma esclusivamente contro l’olio di palma, per di più spesso con argomentazioni poco precise o fuorvianti.
Grazie Mario , il problema è che il palma è presente dappertutto e che lo hanno nascosto per 20 anni. Chissà perché Nutella non lo ha mai scritto sulle etichette ma ha preferito evidenziare negli spot il latte, le nocciole e altri ingredienti minori ecc. Eppure il palma è il secondo ingrediente e rappresenta il 20% del vasetto
Gent.mo Roberto.
Seguo con passione (anche) questa campagna contro l’abuso di grassi di palma.
Mi permetta di aggiungere, ove nessuno l’abbia già fatto, un particolare punto di vista emerso da una conversazione con miei amici agricoltori, produttori di olive e di olio di oliva che fino a qualche anno fa vendevano tutto il loro prodotto alle aziende di produzione alimentare ed alcuni ad aziende di produzione di cosmetici.
Queste aziende non comprano più il loro olio perché lo hanno rimpiazzato con olio di palma.
Ovviamente a fronte di questa diminuzione di vendita, i miei amici sono stati costretti a non coltivare più i loro terreni nella maniera più ortodossa, provocando quindi un danno economico sia alle loro aziende che agli operai che lavoravano per loro che oggi si ritrovano disoccupati.
Come potremo mai risollevarci da questa crisi occupazionale se anche i tarallini all’olio di oliva sono pieni di olio di palma?
Per rimettere in moto l’economia forse occorrono piccoli gesti di “protezionismo” nei confronti delle nostre attività fondamentali anche perché qui da noi probabilmente molti braccianti vengono sfruttati ma dalle terre di produzione dell’OdP non si riesce a far giungere notizia sulle condizioni di lavoro.
La ringrazio per il suo impegno
Al signor Mario direi che questa non è una campagna contro l’ esistenza della palma da olio, ma contro il suo abuso. Non è possibile che si trovi nel 90% dei prodotti confezionati ed è assurdo che ora vogliano convincerci che in questo modo il bilancio degli acidi grassi sulla salute resti neutro. Certo non siamo così limitati da non capire che se dovessimo consumare solo 3 frollini Mulino bianco al giorno più un cucchiaino di Nutella, e poi mangiassimo tutto il giorno moderate proporzioni di legumi, noci, vegetali e pesce, non avremo nulla di cui temere da quest’ olio tropicale. Ma perchè essere così intenzionalmente in malafede nel sorvolare sul fatto che oggi moltissime persone non possono più fare a meno di cibi confezionati, visto che non abbiamo più a casa le mogli casalinghe che si dedicano solo alla cucina? Per me l’ olio di palma può anche rimanere in prodotti che esigano un grasso saturo, come le paste frolle, anche perché i sempre più numerosi numerosi vegani altrimenti non avrebbero alternative vegetali non tropicali. Ma non vedo perché me lo debba trovare nei crackers, nei tramezzini, nelle pizze surgelate, nei gelati, nelle cotolette impanate, nelle noci sgusciate, addirittura nei dadi da brodo !!! Smettiamola di rigirare le cose e diciamo la verità che questa campagna ha minato gli ingressi di tante aziende che facevano profitti utilizzando l’ olio di palma solo perché quello più a buon mercato!
“La campagna denigratoria nei confronti dell’olio di palma è ingiustificata”, spiega Laura Rossi, ricercatrice dell’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione di Roma.
http://canali.kataweb.it/kataweb-consumi/2015/06/01/dietrofront-lolio-di-palma-non-fa-male-il-confronto-con-olio-di-colza-ed-extravergine-di-oliva/
Basta, basta con il prendere due frasi ed estrapolarle dal contesto..
Alessandro noi abbiamo sentito Laura Rossi pochi giorni a che ci ha confermato la frase dell’intervista. Non abbiamo catturato due frasi come lei dice estrapolandole dal contesto .
Quando io ho letto l’estratto della vostra intervista alla Rossi, ho capito che si riferiva a tutti gli acidi grassi, non specificatamente all’olio di palma. E infatti in questo il senso è chiaro, è il contesto di demonizzazione dell’ODP nell’articolo (e sul resto del sito) che non fa il paio.
Lo stesso titolo è totalmente fuorviante: Prodotti con olio di palma: “al massimo una volta al giorno, e non tutti i giorni”. No, tutti i prodotti con elevate percentuali di grassi al massimo una volta al giorno, indipendentemente (o quasi) dal tipo di di olio/burro adoperato. Peraltro, dal punto di vista della salute, rispetto a tanti altri grassi l’ODP sarebbe addirittura preferibile per il contenuto .
Nell’intervista che ho linkato, si specifica anche che il maggior apporto di grassi deriva da salumi e formaggi, non da prodotti da forno (classico uso dell’Odp).
Il titolo dell’articolo forviante! Non mi sembra. La sua teoria è curiosa: siamo noi a demonizzare l’olio di palma non sono le aziende che lo hanno inserito a nostra insaputa in tutti i prodotti aumentando in modo esponenziale la quantità di grassi saturi nella dieta? Il latte e la carne esistevano già prima dell’olio di palma e avevano i loro grassi saturi e la dieta mediterranea non li ha mai colpevolizzati per questo .
Prego?? Ma che c’entra??
L’olio di palma ha un contenuto in grassi saturi inferiore a quello del burro, generalmente adoperato insieme alle margarine per l’industria dolciaria, quindi che cosa avrebbero aumentato le aziende??
Se sostituisco un prodotto A con un prodotto B che contiene meno grassi saturi semmai è una diminuzione, non un aumento. Né, tantomeno, “esponenziale” visto che in realtà la differenza è piccola.
A nostra insaputa neanche, visto che c’è scritto che si tratta di olio vegetale: il sottinteso, ma è dovuto appunto al taglio editoriale, è che l’Odp sia male in sé, non per le sue caratteristiche che sono da preferire ad alcuni grassi e magari non ad altri (come ogni prodotto su questa terra).
La sua teoria, semmai, è curiosissima, per non dire strampalata: oltre al latte e alla carne, esisteva anche il burro prima della commercializzazione in europa dell’olio di palma. Che nessuno li abbia colpevolizzati (e non è vero per il burro, che solo ora è tornato in auge ma fino a pochi anni fa era demonizzato tanto quanto, al punto da suggerire le margarine in alternativa, per dire delle mode antiscientifiche), dicevo che nessuno li abbia colpevolizzati è solo dovuto alle campagne di disinformazione e marketing. SE il problema sono i grassi saturi, CERTO che salami e formaggi fanno male a causa dell’elevatissima concentrazione di grassi saturi. Ma sono prodotti della nostra tradizione e quindi percepiti come “meno dannosi”, quando invece è totalmente falso.
Come in tutte le cose, è la quantità a fare il veleno: sì al salame qualche volta al mese, sì al formaggio (meglio non stagionato) un paio di volte a settimana, sì ai frollini al burro o all’olio di palma qualche volta a settimana, facendo attenzione all’apporto di grassi saturi da tutte le fonti.
Limitandoci ai soli grassi saturi, sono grassi saturi (quelli più comuni) sia quelli del salame che quelli dell’olio di palma, non è che quelli dell’olio di palma hanno una costituzione differente e più dannosa.
La quantità di saturi nel palma e nel burro è pressoché simile. Il palma si mangia tutti i giorni ed è dovunque questo elemento fondamentale le sfugge ma non importa.
Nel sito linkato da Alessandro ho letto una castroneria che toglie ogni crediibilità all’ articolo. Che l’ olio di colza fosse costituito da prevalenti acidi saturi non è proprio mai esistito sulla terra, visto che il tossico acido erucico che era prevalente nella colza e che ora è stato quasi eliminato, era invece un insaturo di tipo omega 9!!!! Spero che questa madornale convinzione non sia farina della ricercatrice Rossi, visto che nell’articolo viene anche ripetuto ben 2 volte, altrimenti siamo di fronte a un’ approssimazione veramente preoccupante per chi occupa posti di tale responsabilità sulla salute dei cittadini italiani. Poi sul discorso che il rischio dei saturi è dovuto alla quantità è ovvio che l’ abbiamo capito e siamo d’ accordo, Ma ripetiamo di nuovo al signor Alessandro che non tutti gli italiani fanno la dieta salutare come lei, non sanno che l’ olio di palma equivale allo strutto,e possono anche mangiare cibi pronti con grassi saturi per 5 volte al giorno. Perché l’ industria per i suoi profitti usa quest’olio anche quando potrebbe usare altri oli monoinsaturi ( pizze, focacce, panini, frutta secca snocciolata, dadi per brodo…tutto). Se l’ olio di palma fosse stato presente solo in un 20% dei cibi confezionati oggi non staremo certo qui a fare questa diatriba. Pretendiamo avere maggior diritto di scelta con i grassi della nostra tradizione
Premesso che sono solo un omonimo di chi ha scritto finora.
Un paio di giorni la settimana faccio colazione con 4 fette biscottate e marmellata. Ho sempre comprato le fette integrali bio di una marca di supermercati (fatte con olio di palma) 2,8% di acidi grassi saturi.
Spinto dalla curiosità, dopo i “mille” articoli letti qui, ho voluto provare una nuova marca di fette, senza olio di palma, che non nomino, ma che era stata decantata anche da qualche utente di questo sito, qualche settimana fa. Fette non integrali (perchè in quelle integrali è presente il palma) fatte col burro…
Premesso che è soggettivo, ma si sente talmente tanto il burro da risultare quasi nauseanti (infatti, come ho già avuto modo di scrivere, anche la neutralità del gusto di alcuni ingredienti a volte è un vantaggio), costano il doppio (questo è oggettivo invece) e hanno anche quasi il doppio di acidi grassi saturi (4,9%). Sarà anche un prodotto fatto con “grassi della nostra tradizione”, ma non ho nessun motivo valido per comprarle nuovamente, tantomeno motivi legati alla salute e alla nutrizione.
Alessandro, credo di capire quale sia la marca ed è l’ unica alternativa diffusa nei supermercati. Purtroppo tra olio di palma e burro non hai altra alternativa, se non ami il sapore di quest’ ultimo. Nessun azienda usa oli vegetali insaturi per le fette biscottate, forse per lo stesso limite che presenta la pasta frolla. Ci sono altri grassi saturi vegetali più salutari, come i burri di cacao, karitè, illipè e kokum, a base del più salutare acido stearico, ma sono molto costosi e comunque sempre di origine tropicale. Quindi sei uno di quei casi per cui puoi fare un’eccezione, se non consumi olio di palma in altri prodotti della giornata, come fanno i vegani. Certo, per chi tiene però alle conseguenze ecologiche di questa coltura, a me le fette biscottate sembrano uno degli alimenti più inutili del mercato: ma non è meglio biscottare delle fette di semplice pane morbido nel tostapane, senza nessun grasso aggiunto?
Ivo, non mi preoccupa la presenza di olio di palma all’interno delle fette che consumo, perchè per il regime alimentare che seguo, l’incidenza dell’olio di palma (e dei grassi saturi in generale) è marginale. Mi piace il sapore del burro nelle brioche (quelle che lo hanno almeno) il giorno in cui decido di concedermene una, o in alcuni biscotti secchi o nel pandoro ad esempio. Quello che volevo dire col mio intervento è che a volte il burro è meglio del palma, ma altre volte no, sia a livello di sapore (un sapore neutro come quello del palma a volte è preferibile) che a livello nutrizionale (inteso come ricetta globale, perchè a livello di singolo ingrediente burro e palma grossomodo si equivalgono).
Sul burro di cacao, mi risulta se non erro che abbia una quantità di grassi saturi ancora maggiore di burro e palma…
Se poi spostiamo il discorso sull’aspetto ambientale ok…anche se io faccio fatica a pensare il crollo del mercato del palma non possa avere conseguenze rilevanti sulle economie dei paesi che ne vivono. Poi siamo d’accordo, salvaguardare l’ambiente è un bene per tutti…ma è ipocrita che i Paesi che hanno sfruttato l’ambiente per i propri tornaconti nel secolo scorso ora facciano la morale ambientale…Parere personale eh…
Un progressivo freno alle importazioni di olio di palma da parte dei Paesi occidentali non comporterà il fallimento della Malaysia, perché ci sono le richieste progressivamente crescenti di India e Cina, che andranno a sostituirsi a quelle oggi utilizzate da noi, anzichè bruciare altra foresta pluviale. Il danno ecologico non può essere paragonato a quello fatto nelle terre temperate, le quali non hanno mai avuto la biodiversità delle foreste equatoriali, che sono il polmone verde della terra, oltre ad avere un tipo di suolo più sensibile a diventare sterile. Per quanto riguarda il burro di cacao, è vero che ha più grassi saturi ma, contrariamente a un informazione sintetica approssimativa, non è vero che tutti i saturi sono dannosi e gli insaturi sani. Tra gli insaturi c’è per esempio il palmitoleico che aumenta il colesterolo LDL e l’ eurico tossico che era contenuto nella colza naturale prima che venisse selezionata quella attuale a prevalente acido oleico. L’ acido grasso prevalente nel cacao è invece lo stearico, e da tutti gli studi scentifici è appurato che questo è benefico per il cuore, perché il nostro fegato lo converte in oleico, lo stesso dell’ olio d’ oliva: attenzione però, parlo del cacao, non del cioccolato al latte 😉
Il problema é che India e Cina saranno sicuramente meno schizzinosi di noi. Della certificazione RSPO, fallace ma pur sempre qualcosa, non gli importerà nulla, penseranno solo ad abbattere i costi e addio anche alle aree che la certificazione tutela. A mio modesto parere la vera battaglia avrebbe dovuto essere su un rafforzamento dei parametri della certificazione. Altro aspetto forse non reso implicito é che il messaggio negativo riguarda un certo tipo di alimentazione le merendine e affine. Poiché, a parità di consumo, essendo la palma da olio molto più produttiva delle altre colture, si presentano 2 possibilità in caso di successo clamoroso della campagna: cala il consumo di questi prodotti (magari, fosse per me, per le aziende un dramma, molte italiane con lavoratori italiani); oppure si alza il prezzo dei prodotti per l’uso di olii di maggior costo e burro. Produrre più burro significa piu vacche da latte (non é che il mondo ha bisogno di un incremento di ruminanti, per il prezzo energetico del loro alkevamento e per l’effetto serra cui contribuiscono non poco). Produrre da altri olii significa aumentare, ma di molto i terreni coltivati con colture molto molto meno efficienti ed erbacee con la possibilità che sia la soia brasiliana a far da sostituta. E così addio foresta amazzonica per (non) salvare quella indonesiana. Insomma le cose non sono così semplici. Saluti.
Ciao a tutti,
la mia compagna (tecnologa alimentare) lavora nell’industria alimentare, e mi racconta che ultimamente un sacco di clienti si lamentano della presenza di olio di palma nei loro prodotti senza una base scientifica. Ho quindi cercato in rete, e ho trovato solo articoli come questo che spiegano che un’eccessiva assunzione di grassi fa male al cuore e causa obesità (chi l’avrebbe mai detto…). A questo punto la domanda che mi pongo è questa: tra le possibili fonti di grassi alimentari, l’olio di palma come si colloca? è in qualche modo più dannoso degli altri? escludendo olii più “nobili” (extravergine d’oliva, ad esempio) che per motivi organolettici ed economici sono difficilmente utilizzabili dall’industria alimentare (soprattutto dolciaria), quali sarebbero le alternative “migliori” all’impiego dell’olio di palma?
Grazie!
Abbiamo pubblicato molti articoli sul tema . Se guarda in rete sul sito troverà tutte le risposte
non fanno male i grassi saturi
ma fanno male i grassi saturi a lunga catena
anche l’olio extravergine di oliva contiene i grassi saturi http://www.my-personaltrainer.it/Quando_i_grassi_saturi_diventano_buoni_e_quando_gli_insaturi_diventano_cattivi.htm
dipende come sono
se sono a catena media e corta sono buoni ovviamente è chiaro che tutto senza esagerare
anche la frutta e bere acqua in eccesso fa male
Spero non sia il solito bla bla da parte delle aziende che dicono di eliminare nei loro prodotti l’olio di palma,per imbonirsi i consumatori…ieri per sfizio e scrupolo ho controllato(non a tappeto,diciamo che ho anche altro da fare) negli scaffali di una nota catena di supermercati, fette e biscotti delle aziende appunto che hanno dichiarato in pompa magna di eliminare l’olio di palma…ebbene: tutte le confezioni avevano negli ingredienti l’olio di palma!
…o forse lo faranno tra 3/4 anni? (dettaglio magari che si sono dimenticati di comunicare….)
Se fosse per me nei prodotti alimentari ci sarebbe burro, zucchero ed olio di oliva e non certo i loro sostituti industriali a basso costo ma purtroppo non ho voce in capitolo.
L’olio di palma lo metto in un limbo: di per se non è affatto un alimento nocivo dato che è utilizzato da millenni dalle culture orientali ed africane. Il problema nasce perché ha un sapore ed un odore molto forte e quindi non può essere utilizzato per la preparazione di molti alimenti, come i dolci ad es. Perciò viene raffinato, diventando così una nullità nutrizionale al pari dell’olio di oliva non extravergine e l’olio di girasole.
A parte questo purtroppo abbiamo poco da combattere: se l’olio di palma si sta diffondendo ovunque è perché c’è un’enorme richiesta di olio da parte delle industrie alimentari. Se domattina si mettesse al bando il palma il suo posto verrebbe preso dall’oliva o dal girasole ma non è che finirebbe il bisogno di nuovi spazi: le foreste tropicali verrebbero abbattute per lasciar posto agli uliveti od ai campi di girasole ed il problema si ripresenterebbe tale e quale, anzi, forse sarebbe più grave perché il rendimento dei palmeti è molto alto.
Secondo me il casino è che siamo in troppi e vogliamo troppo. Si potrebbe aiutare il pianeta e noi stessi se ognuno rinunciasse ad un pò di cibo “inutile”: nessuno è mai morto per non aver mangiato una merendina (anzi!).. ma quanti sarebbero disposti a farlo?