Privatizzare Milano Ristorazione? “È possibile” dichiara il presidente Predolin, anche dopo l’apertura del centro cottura di via Sammartini
Privatizzare Milano Ristorazione? “È possibile” dichiara il presidente Predolin, anche dopo l’apertura del centro cottura di via Sammartini
Redazione 29 Marzo 2011Il nuovo centro cottura di via Sammartini è un gioiello. E’ un impianto che dispone di macchinari moderni dislocati in una struttura ampia che permette una logistica ottimale. Pavimenti antisdrucciolo, lance per le pulizie, forni a convezione, abbattitori di temperatura, cuoci-pasta per un totale di 50-70 attrezzature modernissime e super efficienti. Le celle frigorifero sono talmente grandi da risultare apparentemente vuote, c’è un’area per il confezionamento dei pasti freddi e una per quelli caldi. La sensazione è di avere di fronte un impianto eccezionale. Forse hanno ragione i responsabili quando dicono che in Europa non ci sono centri cottura di pari livello.
Ma l’effetto strabiliante finisce qui, perché dopo avere visitato l’impianto cominciano le riflessioni e ci si chiede: cosa se ne fa Milano di un mega centro cottura disposto su 10 mila metri quadrati, che attualmente produce solo 8.000 pasti (il 10% di quelli serviti ogni giorno a scuole e comunità)? Certo, la prospettiva è arrivare a 10 mila, ma si tratta sempre di un numero ridicolo per una struttura costata 19 milioni di euro, che ha sostituito quattro cucine ritenute obsolete.
Milano Ristorazione precisa che nelle cucine di via Sammartini non si prepareranno solo pasti, a breve dovrebbe iniziare la produzione di lasagne e altri piatti pronti, che verrebbero poi serviti in tutte le scuole della città, probabilmente in cook & chill in atmosfera protettiva per avere una maggiore durata di conservabilità. In questo modo, assicurano i responsabili, Milano Ristorazione potrà puntare all’autosufficienza completa, controllando l’intera filiera produttiva anche per piatti elaborati, prima acquistati belli e pronti da industrie alimentari esterne e recentemente sospesi proprio a causa di spiacevoli incidenti (ricordiamo le “lasagne al pelo di suino”), con grande disappunto dei bambini, che li amavano molto.
Ma le potenzialità ancora inespresse di Sammartini non finiscono qui: la società ci fa sapere che attualmente il secondo piano dell’edificio è ancora in fase di ristrutturazione ed è destinato ad altre attività ancora da definirsi.
Nonostante tutti i buoni propositi la struttura continua a sembrarci esageratamente grande. I 18 cuochi che lavorano all’interno potrebbero preparare 30 mila pasti al giorno, altro che 10 mila. Ma, si sa, i genitori sono poco propensi ad accettare il pasto trasportato da un centro cottura centralizzato, per motivi che per la verità non sono sempre giustificati. Le potenzialità per preparare piatti buoni anche concentrando le cucine ci sono. Certo, ci vorrebbe una logistica impeccabile. Mentre è proprio la logistica il punto dolente della società, il settore sul quale ci sono più problemi, come molto onestamente sottolinea Roberto Predolin che attualmente ricopre la carica di presidente di Milano Ristorazione.
Insomma, possiamo presumere che sarà difficile utilizzare pienamente l’impianto di Sammartini. Ma allora, ci chiediamo, perché è stato costruito? Certo, c’era a disposizione la struttura del vecchio mercato del pesce, già di proprietà del Comune. Ma è lecito ipotizzare qualche errore di calcolo, oppure il progetto abortito di chiudere altre cucine in tutte scuole (a seguito delle lamentele, però, Milano Ristorazione ha dichiarato in un comunicato stampa che non ridurrà ulteriormente le cucine nelle scuole).
Sempre in tema di spese forse esagerate, osservando il bilancio 2009 di Milano Ristorazione si scopre che il personale in produzione risulta un po’ in esubero rispetto al numero di pasti. Il rapporto di 1 addetto ogni 84 pasti è un po’ troppo basso visto che in genere si parla di 1 addetto ogni 100-150 pasti quando ci sono centri cottura centralizzati. Un’altra anomalia riguarda i costi delle scodellatrici, cioè il personale che serve il pasto nelle scuole (compito più delicato e importante di quello che potrebbe apparire). Dal bilancio emerge che sono pagate 47 euro per 3 ore di lavoro, cioè 15 euro l’ora circa, a fronte dei 5,40 che dichiarano di guadagnare. Il servizio è appaltato a 6 cooperative generiche (cioè attive nel settore dei servizi, ma non dei servizi di ristorazione in particolare) che quindi sottopagano il personale addetto alla distribuzione dei pasti nelle scuole. Per rendersene conto basta dire che le principali società di ristorazione collettiva privata non partecipano alla gara perché la base d’asta non è congrua. Milano Ristorazione, pur non assumendo direttamente le scodellatrici, è conscia di questo stato di cose? Roberto Predolin assicura che si sta affrontando anche questo problema: “Abbiamo intenzione di aumentare le ore di lavoro di queste persone – dice – affidando alle cooperative anche i servizi di pulizia dei locali mensa e, in alcune scuole, anche il il servizio affidato ai bidelli”.
Ma in fondo tutti questi sono aspetti tecnici, che interessano solo in parte genitori e bambini che inviano 25 lamentele al giorno e chiedono un cambiamento della gestione. La situazione attuale è abbastanza critica e vede su posizioni contrapposte Milano Ristorazione e un gruppo di rappresentanti delle commissioni mensa, che l’hanno scorso hanno addirittura avviato una class action contro la società. C’è quindi una frattura difficilmente ricomponibile tra due soggetti che hanno smesso di dialogare e parlano tramite avvocati.
Quali prospettive per il futuro? Tra gli addetti ai lavori si parla di spacchettare la società, c’è chi propone una parziale privatizzazione e chi è favorevole alla cessione totale del servizio a società private per contrastare un monopolio difficilmente condivisibile. Un’altra ipotesi è di affidare per tre anni la metà dei pasti nelle scuole ad un servizio gestito da società di ristorazione private e l’altra metà a Milano Ristorazione e vedere i risultati.
Abbiamo rivolto queste domande a Roberto Predolin che si è mostrato tutt’altro che sorpreso.“Sono per principio contrario ai monopoli – ha precisato il presidente di Milano Ristorazione – ma ritengo che la municipalizzata Milano Ristorazione sia adeguata come servizio pubblico nell’ambito delle circa 450 scuole pubbliche”. Predolin si è detto “disponibile di fronte ad eventuali esplorazioni per una parziale privatizzazione della Società”. Per quanto riguarda il progetto di affidare una metà dei pasti erogati all’esterno riservando l’altra metà a Milano Ristorazione Predolin precisa che “è una valutazione che non appartiene né al mio ruolo né alle mie competenze”.
Roberto La Pira
Stefania Cecchetti
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