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Microplastiche in pesci, molluschi e sale. Rischio di accumulo

La microplastica che contamina pesci e molluschi (secondo un recente studio pubblicato su Scientific Reports in percentuali che si aggirano attorno al 30% dei primi, e al 50-60% dei secondi), si ritrova anche nel sale marino, almeno in Cina. L’hanno rilevata i ricercatori della Donghua University di Shanghai andando a verificarne la presenza nel sale normalmente venduto al supermercato.

Come raccontano su Environmental Science & Technology, i ricercatori hanno preso vari campioni di 15 tra i marchi più diffusi di sale proveniente dal mare, dai laghi e di roccia, per  verificare la concentrazione di particelle di plastica per chilo di prodotto. Hanno così scoperto che se il sale di roccia (che di solito si estrae da grotte e giacimenti sotterranei) ne contiene tra 7 e 204 particelle per chilo, quello di lago tra 43 e 364, quello di mare ne accumula tra le 550 e i 681 per chilo, e di molti tipi diversi.

microplastiche 2015 pubs
Alcune delle microplastiche rinvenute nel sale. Foto: Pubs.acs.org

Inoltre, nel 55% dei casi le particelle sono molto piccole, con diametro inferiore ai 200 micron, fattore che ne aumenta la pericolosità, dal momento che minore è il diametro, e maggiore è il rischio di accumulo. Tra le microplastiche più diffuse troviamo il cellophane, il polietilene e il polietilene tereftalato: tutti materiali utilizzati per produrre sacchetti, shopper, bottiglie di acqua ma anche cosmetici e altre fonti di oggetti di largo consumo oltre che dagli scarichi industriali.

cozze
Le microplastiche nei molluschi possono arrivare a  360 unità per chilo

Secondo l’OMS il quantitativo massimo che un essere umano può tollerare in un anno, prima che la sua salute ne risenta, è 1.000 parti per chilo (particelle  <1 mm), un valore molto inferiore rispetto alle 11.000 che, secondo uno studio di pochi mesi fa pubblicato su Environmental Pollution, ne assume ogni europeo abituato a mangiare abitualmente molluschi marini di allevamento come cozze o vongole (dove la quantità media di microplastica è di circa 360 unità per chilo per i molluschi, 470 per le ostriche).

Secondo gli autori dello studio, però, anche consumando sale di origine marino è facile raggiungere il valore soglia dell’OMS, e superarlo. È vero che lo studio riguarda solo sale cinese (proveniente da diversi siti del paese), ma non ci sono ragioni valide per ritenere che altrove la situazione sia migliore. Piuttosto, è necessario intensificare gli sforzi per diminuire l’impiego delle plastiche derivate dal petrolio, una grande parte delle quali, inesorabilmente, finisce nei mari e, da lì, nei nostri piatti.

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Don Prohel
Don Prohel
18 Novembre 2015 07:36

“Parti per chilo”? Ma che unità di misura è la “parte”? Ma è possibile scrivere un intero articolo sulla presenza di plastica nel sale senza mai scrivere “quanta” plastica c’è?
E poi criticate le etichette poco chiare…

Valeria Nardi
Reply to  Don Prohel
18 Novembre 2015 10:04

Con “parti” si intende unità (di microplastiche) per chilo

Enrico
Enrico
Reply to  Don Prohel
18 Novembre 2015 13:55
Valeria Nardi
Reply to  Enrico
18 Novembre 2015 14:22

Si queste sono le ppm, ma in queste ricerche si parla di “unità (parti) per chilo”

Enrico
Enrico
Reply to  Don Prohel
18 Novembre 2015 14:29

era per far capire il principio!

donprohel
donprohel
Reply to  Don Prohel
18 Novembre 2015 18:13

Insomma, la morale della favola è che c’è plastica nel sale e nei molluschi, solo che non si sa quanta ce n’è: complimentoni!

Valeria Nardi
Reply to  donprohel
19 Novembre 2015 09:53

Per microplastiche nello studio cinese sono per la maggior parte inferiori ai 200 µm (0,2 mm). Mentre nello studio sui bivalvi si considerano quelle inferiori a 1 mm.

luigi
luigi
19 Novembre 2015 12:22

questo risulta un altro disincentivo al consumo del sale nell’alimentazione. ad ogni modo, cosa converrebbe fare, per cercare di diminuire la presenza di plastiche nel sale usato in cucina?

Costante
Costante
28 Novembre 2015 19:14

Da esperienza personale in campo industriale la presenza di materiali estranei , peraltro rilevabile secondo buona prassi al filh-test (sassi piccolissimi, plastica e quant’altro) si evita acquistando ed utilizzando sale ricristallizzato largamente reperibile in commercio

ezio
ezio
1 Dicembre 2015 12:05

Una domanda ovvia e scontata ma che non è stata trattata nell’articolo e non so se anche nello studio:
la plastica per noi è indigeribile come le fibre insolubili della frutta e verdura che mangiamo; se non ostruisce l”intestino, viste le piccole dimensioni, in che modo rappresenta un pericolo se viene eliminata nel transito intestinale?
In caso di diverticolite può accumularsi nelle anse intestinali insieme ad altri residui ed infiammare le pareti, ma in questo caso i problemi sono causati anche da altri alimenti fortemente infiammatori, se ristagnano per molto tempo.
Nel caso dei pesci la pericolosità è rappresentata dalle ostruzioni al sistema respiratorio e digerente per frammenti di grandi dimensioni, ma nel caso di microframmenti, sarebbe interessante comprendere in cosa consiste la pericolosità, se non viene digerita ne accumulata?
Aggiungo che tutti gli alimenti confezionati in involucri plastici (quasi tutti, acqua, latte, bibite comprese), rilasciano sostanze e microparticelle nella fase di confezionamento e stoccaggio nell’alimento e non ho mai letto di allarmi come questi dei contenuti nel sale e nei molluschi.