Bastano 20 secondi per percepire il massimo del gusto salato masticando una patatina, uno snack, un cracker: essendo un fenomeno così rapido, il sapore viene colto dalla superficie dell’alimento, più che dalla sua massa totale. Per questo è forse inutile riempire di sale un cibo, anche quando lo si vuole rendere sfizioso: probabilmente basta salarlo in superficie e introdurre all’interno quantità di sale inferiori rispetto a quanto non si faccia di solito.

 

È questa la conclusione di uno studio effettuato dai ricercatori dell’Università di Nottingham, in Gran Bretagna, che hanno voluto determinare che cosa succede in bocca e nel cervello quando si ingerisce un alimento salato in superficie, per capire se sia possibile ridurre il sale totale, lasciando intatto il gusto. In effetti Ian Fisk e i suoi colleghi sembrano aver centrato l’obiettivo.

 

Come riferito su Food & Function i ricercatori hanno chiesto a dieci volontari di tenere in bocca delle patatine fritte salate in superficie, ma anche cotte in un olio salato, per 60 secondi, masticando normalmente e senza ingerire il boccone. Nel frattempo venivano loro prelevati dei tamponi dai quali si quantificava la concentrazione di sodio nella saliva. Alla fine, le analisi della saliva hanno mostrato che il picco nella concentrazione di sodio si raggiunge entro 20-30 secondi al massimo, cioè prima che l’alimento sia stato del tutto masticato e sia diventato un bolo; se così non fosse, la saliva che forma il bolo sarebbe molto più ricca di sodio rispetto a quella che entra in contatto per prima con la superficie della patatina.

 

Tuttavia, 20-30 secondi non sono pochissimi, e perciò è necessario salare almeno in parte gli alimenti anche all’interno. Grazie alla scoperta dei ricercatori britannici, però, questa necessità potrebbe essere ridimensionata. «Il nostro obiettivo, scrive Fisk, è mettere a punto nuove tecnologie che accelerino ulteriormente il rilascio di sale sulla lingua, per far sì che sia sufficiente entrare in contatto con esso per sentire il sapore salato. Ciò consentirebbe di abbattere il sale aggiunto al cibo nella sua totalità e con esso il sodio totale che tutti ingeriamo ogni giorno».

 

Il sale viene aggiunto fino dall’antichità non solo per il gusto, ma anche per aumentare i tempi di conservazione e tenere sotto controllo la fermentazione. Ma negli ultimi decenni, le quantità sono state via via aumentate perché i cibi molto salati sono spesso assai graditi e invitano a bere di più, non di rado bevande gassate e zuccherate. 

 

Tutto ciò ha posto il sale molto in alto nella classifica di ciò che nuoce alla salute, favorisce l’obesità e le altre malattie croniche a essa collegate, e ha dato il via a campagne sempre più pressanti per un ritorno a concentrazioni accettabili di sale nella dieta quotidiana. 

 

Ogni grammo di sale contiene circa 0,4 g di sodio a fronte di un fabbisogno giornaliero di 0,1-0,6 g di sodio. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità la quantità massima di sale che ciascuno dovrebbe assumere con la dieta ogni giorno non deve supera i 5 grammi (diverse autorità sanitarie hanno ulteriormente abbassato il limite). Gli italiani ne ingeriscono praticamente il doppio, equivalenti a 4 g di sodio, molto di più di quanto ne serve.

 

Individuare tecnologie che permettono di diminuire il sale mantenendo integro il sapore è uno degli approcci più promettenti per limitare l’eccessiva assunzione di sodio.

 

Agnese Codignola

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