Olio di palma: il Ministero della salute dà i numeri e riporta un consumo 4,5 volte inferiore rispetto a quello reale. E consiglia comunque di ridurre le quantità
Olio di palma: il Ministero della salute dà i numeri e riporta un consumo 4,5 volte inferiore rispetto a quello reale. E consiglia comunque di ridurre le quantità
Roberto La Pira 26 Febbraio 2016Se i dati relativi al consumo di olio di palma diffusi ieri dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) fossero corretti, Barilla dovrebbe mettere in cassa integrazione la metà dei lavoratori che producono biscotti e merendine Mulino Bianco. Lo studio dell’ISS si basa su un dato FAO del 2011 in cui si dice che l’olio tropicale importato in Italia ad uso alimentare ammonta a 77 mila tonnellate. In realtà secondo le aziende produttrici (AIDEPI) e l’Istat, le tonnellate sono 350 mila (dato 2014) con incrementi a due cifre ogni anno. Questo vuol dire che i cittadini italiani non assumono in media 3,15 grammi di palma al giorno, come scritto nel documento, ma 4,5 volte di più! Il secondo errore riguarda i dati sui prodotti consumati, si tratta di quelli dell’Inran di 10 anni fa, gli unici disponibili a livello ufficiale, ma superati dai fatti. Questo limite sulle statistiche Inran viene più volte evidenziato nella ricerca stessa, ma non può certo giustificare conclusioni così lontane dalla realtà.
Per rendersi conto di quanto i valori siano sottostimati basta dire che secondo l’ISS i consumi settimanali di prodotti alimentari contenenti olio di palma per un adulto/a sono: 7 biscotti tipo Macine Mulino Bianco, 7 cracker, 3 merendine tipo Nastrine Mulino Bianco, e 1 gelato tipo “Cornetto”. Se tutto ciò fosse vero i nutrizionisti italiani farebbero salti di gioia, le arterie sarebbero felici, le aziende alimentari sarebbero probabilmente in crisi e la questione dell’olio di palma sarebbe un problema non così rilevante. Il documento pur basandosi su questi dati improbabili conclude dicendo che il consumo “appare moderatamente in eccesso nella dieta delle fasce più giovani della popolazione italiana”. Più precisamente secondo l’ISS i bambini di 3-10 anni consumano 7,7 g di acidi grassi saturi (28% del totale) equivalenti a 15 grammi circa al giorno di olio di palma. Per gli adulti il valore è di 4,77 g di acidi grassi saturi (17% del totale) equivalenti a poco più di 9 grammi al giorno di olio di palma.
Considerando che gli acidi grassi saturi (ovvero il 50% del palma) non dovrebbero superare il 10% delle calorie totali, prendendo per buoni questi dati e valutando il pasto complessivo giornaliero, i bambini da 3 ai 10 anni registrano valori superiori dall’11 al 18% ( tab 12 pag 15 documento ISS). In altre parole la situazione per i giovani è abbastanza allarmante. Per gli adulti il valore è pari all’11% e risulta meno preoccupante.
Proviamo a pensare a un ragazzino che fa colazione con 4 biscotti Macine Mulino Bianco, mangia una cotoletta impanata Spinacine Aia a pranzo e un croissant per merenda, alla fine assume 36 grammi di olio di palma (*). Anche volendo dimezzare le porzioni si arriva a 16 g ovvero a valori che risultano dal doppio al triplo (in funzione dell’età) rispetto ai calcoli dell’ISS. Insomma un gran pasticcio. Forse i ricercatori dovevano rivolgersi alla Nielsen e avere qualche numero reale sui consumi degli italiani e non basarsi su dati FAO obsoleti e su tabelle Inran ufficiali ma di 10 anni fa, superate.
C’è un altro elemento da sottolineare. Oggi l’alternativa al palma nei prodotti da forno si chiama olio di girasole e questo aspetto non viene evidenziato in modo corretto nel documento, che paragona il palma agli acidi grassi trans e margarine (ormai in disuso) e di burro (impiegato pochissimo). L’olio di girasole secondo l’ISS “modifica l’assetto lipidico plasmatico per il minor apporto di acidi grassi saturi e al contemporaneo maggior apporto di polinsaturi”. In altre parole se i consumi reali dell’olio tropicale rappresentano un problema in quanto comportano un aumento evidente dei fattori di rischio per malattie cardiovascolari, l’impiego di olio di girasole ridimensiona il rischio. Questo discorso forse doveva essere più sottolineato.
Il documento dell’ISS pur utilizzando valori sottostimati consiglia di “ridurre l’assunzione per raggiungere i livelli di consumo accettabili, soprattutto nei bambini“. Considerando che l’assunzione del palma è 4,5 volte superiore rispetto a quanto calcolato dall’Istituto, la questione nutrizionale diventa una cosa seria e merita notevole attenzione. L’alternativa a questo ragionamento è credere che l’apporto giornaliero di palma dei nostri figli sia come viene scritto nel documento: 1 biscotto a colazione, 1 cracker come spuntino, mezza merendina nel pomeriggio abbinata a un cucchiaio di gelato.
La situazione ci sembra irrealistica per chiunque abbia l’onestà intellettuale di non trincerarsi dietro dati improbabili sull’importazione di olio tropicale e sui consumi degli italiani vecchi e obsoleti. Il consiglio per i lettori è ridurre il più possibile il consumo per diminuire drasticamente il rischio di patologie cardiovascolari. Al Ministero della salute chiediamo di riconsiderare la situazione fornendo un rapporto realistico.
Chiediamo al Crea Nut (ex-Inran) e allo stesso ISS un confronto serio basato su quello che i cittadini comprano ogni giorno al supermercato estrapolato dai dati Nielsen e non su ipotesi di consumo avulse dal mondo reale.
(*) La colazione del mattino (4 biscotti Macine Mulino Bianco) contiene 10,4 g di grasso di palma, una cotoletta impanata Spinacine Aia altri 15 g, mentre nel pomeriggio una brioche non farcita ne ha 10,6 g. A fine giornata il bilancio sfiora i 36 grammi! Essendo la quantità di saturi pari al 50%, alla fine del nostro conteggio si arriva ad una quantità giornaliera di 18 g.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Lo scambio epistolare con lo sportello consumatori on line è proseguito, ma certo non è servito a chiarire il problema anche perchè per loro non esiste un problema.La cosa più grave in tutto ciò è che l’olio di palma viene importato e poi utilizzato da parecchi panificatori sul territorio in tutta Italia perchè costa poco, a parte la cosiddetta sostenibilità dichiarata dalle stesse multinazionali che lo producono, non volendo entrare nel merito del disastro ambientale e dello sfruttamento degli abitanti delle regioni in cui si coltiva la palma da olio, è d’obbligo a mio parere, auspicare che si facciano dei controlli anche perchè nei prodotti da forno cittadini, quando compriamo il pane in panificio non vi è tracciabilità del prodotto, e poichè ho saputo che l’olio di palma viene utilizzato per mantenere la freschezza oltre che nel pane anche nelle brioche ecc. vuol dire che ad oggi noi non possiamo avere certezza, anche se lo vogliamo, della quantità di olio di palma che assumiamo giornalmente e quanta ne assumono i bambini che è cosa ancor più grave.Sembra che soltanto con una merendina e qualche cioccolatino la percentuale di grassi saturi superi di gran lunga le quantità consigliate dall’ISS.Come fare per proteggere la nostra salute?