Ottima l’iniziativa del Museo nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano di organizzare una serie di eventi dedicati all’alimentazione e rivolti soprattutto ai più giovani.
Quello che lascia perplessi è la scelta di inserire aziende alimentari come partner per le giornate “Tutti a tavola” – le prime si sono tenute il 22 e 23 settembre e le prossime sono fissate per il 3 e 4 novembre – oltre che per le giornate del 6 e 7 ottobre dedicate al tema “Alla scoperta della colazione: i cereali”.
Per inciso, il programma comprende anche giornate dedicate agli “Alimenti per star bene”: i probiotici, in collaborazione con Yakult (20 e 11 ottobre), “Alla scoperta dell’olio” con il marchio Fratelli Carli (17 e 18 novembre) e “Alla scoperta del cioccolato”, (8 e 9 dicembre e il 27 e 28 dicembre) con Perugina (Nestlé).
Sembra difficile che questi sponsor con alcuni prodotti da distribuire come campioni omaggio, possano garantire un’informazione obiettiva, come nella tradizione di un’istituzione prestigiosa quale è il Museo milanese.
Nel laboratorio sui cereali destinato ad adulti e bambini dagli otto anni, per esempio, si parlerà di questi alimenti e delle loro proprietà nutritive con esperimenti e dimostrazioni pratiche. Saranno esaminate anche le indicazioni riportate sulle etichette mettendo l’accento sul valore della prima colazione e sull’apporto nutritivo dei cereali, definiti nella scheda di presentazione dell’evento come «di particolare importanza» per il primo pasto del mattino.
Abbiamo chiesto un commento ai responsabili del Museo, i quali hanno risposto dicendo che l’istituto ha bisogno per vivere del sostegno dei privati oltre ad essere interessato ad accedere «al know-how delle aziende sui temi della scienza, della tecnologia, dell’innovazione e dell’industria, per tradurlo e restituirlo al pubblico», in coerenza con la propria vocazione di museo non solo scientifico ma anche tecnologico.
Anche la collaborazione con la Nestlé non è una novità, ed è grazie a questa che è stato possibile organizzare una bellissima mostra come “Buon Appetito. L’alimentazione in tutti i sensi”, di cui Il fatto alimentare ha già parlato. In queste e in altre iniziative, precisa in ogni caso la nota, «la responsabilità scientifica (…) anche come scelta finale dei percorsi educativi, delle attività di sperimentazione, degli exhibit, delle immagini e dei linguaggi (…) resta comunque del Museo». Insomma i laboratori sono progettati dal Museo e sono realizzati dallo staff di animatori affiancati da eventuali esperti, in genere medici o ricercatori di ambito accademico secondo un format consolidato
Ci chiediamo però come sia possibile evitare che i bambini presenti ai laboratori colleghino l’idea dei cereali o dei probiotici ai prodotti che saranno loro mostrati, passando sopra alle possibili critiche che a questi sono state mosse (anche da Il fatto alimentare), e ignorando altre opzioni altrettanto valide dal punto di vista nutrizionale.
La sponsorizzazione dei musei e delle manifestazioni culturali da parte di privati è una realtà con cui bisogna confrontarsi, ma viene spontaneo chiedersi se e in che modo debba manifestarsi questo supporto, in particolare per un evento di educazione alimentare sponsorizzato dalle aziende direttamente interessate.
Sarebbe auspicabile una presenza più discreta degli sponsor, o meglio ancora l’affidamento dei corsi ad esperti di istituzioni pubbliche indipendenti come università, istituti di ricerca o altri centri studi senza legami di sorta.
Ci piacerebbe sapere cosa ne pensano i nostri lettori…
Paola Emilia Cicerone
Foto: Photos.com
Stefafra, certo che è utile insegnare ai bambini a leggere le etichette..ma se chi lo fa è una voce di parte, come garantire la correttezza del messaggio?
Vorremmo almeno che il denaro che entra grazie a queste sponsorizzazioni consentisse di realizza ANCHE laboratori sulla frutta e la verdura, sui cereali e sul semplice cibo privo di marchi e di confezioni.
Avendo visitato il museo del cibo (come lo definiscono) creato a Vevey proprio dalla Nestlé, L’Alimentarium, posso solo dire ben vengano. Se dovessero riuscire a riprodurne anche una piccola parte nel museo di cui sopra mi stá benissimo. Ho l’impressione che il problema sorga dal nome dell sponsor, o dal fatto che non sia italiano, e non dai contenuti.
Insegnare ai bambini a leggere le etichette fin da piccolo non puó che essere utile.
La sua domanda è lecita:"Quello che lascia perplessi è la scelta di inserire aziende alimentari come partner". Secondo me se chiudono enti pubblici come l’INRAN è anche per fare "posto" alle sole aziende che si prendono anche gli applausi dalla gente ed i loro guadagni (vedi pubblicità occulta!) salgono.
Evviva il neoliberismo.(ovviamente ironico)
Il Museo tiene a precisare che i suoi laboratori non sono in alcun modo gestiti o cogestiti dalle aziende. La collaborazione tra il Museo e le imprese si esprime attraverso una relazione di sponsorizzazione. Come correttamente citato, i laboratori sono progettati dal Museo, che ne conserva la responsabilità scientifica ed educativa. Non viene però riportato che le attività sono sempre proposte da un animatore dello staff del Museo e che lâ
Lo stesso accade anche nel Museo dei Bambini di Roma. In realta’ tutto dipende dall’approcio etico di chi gestisce il Museo, perche’ le sponsorizzazioni non possono essere demonizzate. Certo, a Roma giochi a fare i biscotti con la forma inconfondibile di una certa azienda sponsor …
Ho partecipato nella scorsa primavera a un laboratorio del Museo sull’acqua. Posso confutare quanto affermato nella nota dello stesso. Tutto il laboratorio era volto a dimostrare la superiorità di un’acqua minerale ben riconoscibile, rispetto a quella di rubinetto. Ero con mio figlio e non ho voluto fare polemiche. ma proprio nel settore dell’acqua minerale, dove viene venduta solo un’etichetta, dimostrare che lo sponsor non influenza la progettazione è come arrampicarsi sui vetri. Povero Museone. Lo preferivo un po’ polveroso come una volta. meno trendy, ma più scientifico.
Onestamente non capisco questo articolo… questo sito non e’ sponsorizzato da aziende alimentari? Ci si preoccupa che distribuire campioni gratuiti possa difficilmente garantire unâ
Antonio, se un’azienda sponsorizza il museo -come ha in effetti fatto anche la Nestlè per la mostra sull’alimentazione- non ci trovo niente di strano, ma e ilsettore dell’azienda che produce cereali sponsorizza – con distribuzione di prodotti – un laboratorio sui cereali è facile pensare che, fatta salva l’obiettività degli operatori del museo, i visitatori possano associare il brand all’idea di colazione sana..che è proprio quello che vuole la Nestlè, e proprio quello che si dovrebbe evitare se si vuol promuovere un consumo critico