Migliora il consumo di pesce tra le donne americane in età fertile, e questa potrebbe essere una buona notizia. C’è di più, aumenta il consumo rispetto agli anni scorsi, ma non cresce la concentrazione di metilmercurio presente in mare, nei pesci enel sangue delle stesse donne. Ciò potrebbe significare che la comunicazione sulle specie più o meno pericolose sta funzionando, e che forse siamo in presenza di un calo delle emissioni da parte delle attività antropiche (prevalentemente industriali e a base di idrocarburi), responsabili dei due terzi del mercurio presente nell’ambiente.
La tendenza a inserire pesce nella dieta è stata analizzata dai ricercatori dell’Università dell’Oregon, che hanno pubblicato su Environmental Health quanto emerso analizzando i dati specifici contenuti nelle gradi indagini su alimentazione, stile di vita e salute, chiamati National Health and Nutrition Examination Survey. Lo studio hanno coinvolto centinaia di migliaia di donne residenti in ogni parte del paese. Nel caso specifico, sono stati esaminati i dati relativi agli anni compresi tra il 1999 e il 2010 delle donne di età tra i 16 e i 49 anni, ed è subito emersa la differenza statisticamente significativa tra il metilmercurio presente nelle donne alla fine del secolo scorso e quella del 2010.
Accanto a ciò, sia pure con notevoli differenze tra i vari Stati, il consumo pro capite di pesce è aumentato, soprattutto nel Nordest, dove c’è anche il livello più alto di metilmercurio, per la maggior presenza di impianti industriali (ma comunque in calo rispetto al passato). È significativo rilevare come le specie preferite cambiano nelle diverse zone, anche se in genere sono molto apprezzati molluschi e crostacei tranne che nel Midwest, dove però si registra il minor consumo di pesce e la più bassa concentrazione di metilmercurio, probabilmente per la distanza dal mare.
È interessante analizzare poi la demografia del consumo: via via che aumentano età e reddito, sale la preferenza per le specie più sicure, e cioè per i pesci di taglia più piccola o comunque indicati come preferibili dalle autorità sanitarie. Questo profilo corrisponde in molti casi alle donne caucasiche, mentre le persone con più mercurio nel sangue, presumibilmente perché non hanno ricevuto abbastanza informazioni, sono le Asiatiche Americane, le abitanti delle isole dell’Oceano Pacifico, le Native dell’Alaska e quelle americane.
Il metilmercurio si forma in mare, non si sa ancora esattamente attraverso quali reazioni, ma è tossico e si accumula nella carne dei pesci, così come in quella delle persone che lo mangiano. I pesci di piccola taglia insieme a crostacei e molluschi ne hanno di meno: in media 0,003 parti per milione. I grandi predatori come il tonno, al contrario, possono accumulare sino a 10 milioni di volte quella delle acque in cui nuotano, e possono raggiungere varie parti per milione, cioè migliaia di volte di più rispetto a un gambero.
La Food and Drug Administration, così come la US Environmental Protection Agency e diverse autorità sanitarie sono da tempo impegnati per far sapere a tutti, ma soprattutto alle donne più giovani che il metilmercurio è neurotossico per il feto, non dimenticando però che il pesce è ideale per lo sviluppo del bambino. Chi pensa di avere un figlio o è in gravidanza dovrebbe mangiare almeno due pasti a base di pesce alla settimana, selezionando con attenzione le specie. Lo stesso fanno le autorità sanitarie di molti paesi, fornendo online tabelle e grafici e disegni per aiutare a capire quali sono i pesci da evitare o di cui limitare il consumo.
Secondo gli autori, che da tempo controllano l’andamento di questi parametri nella popolazione con un occhio di riguardo proprio alle donne in età riproduttiva, i dati attuali suggeriscono che il messaggio sull’attenzione al tipo di pesce sia passato, così come quello sulle virtù di questa carne.
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Giornalista scientifica