thailandia

Uno studio della Banca Mondiale indica che le malattie di origine alimentare, causate da cibi insicuri, costano circa 110 miliardi di dollari l’anno alle economie dei Paesi a reddito medio-basso, di cui 95,2 miliardi per perdita di produttività e 15 miliardi di spese mediche. Gran parte di questi costi potrebbero essere evitati migliorando il modo in cui gli alimenti sono gestiti lungo la catena che li porta dai campi alla tavola. Le aree più colpite sono l’Asia e l’Africa Sub-Sahariana, in cui abita il 41% della popolazione mondiale ma dove si registrano il 53% delle malattie di origine alimentare e il 75% delle morti associate ad esse.

Nel rapporto, intitolato The Safe Food Imperative: Accelerating Progress in Low- and Middle-Income Countries, la Banca Mondiale osserva che, oltre ai costi sanitari e di perdita di produttività, le malattie causate da cibi insicuri provocano anche danni ai mercati e alle esportazioni agro-alimentari di queste regioni, che dedicano scarse risorse alla sicurezza alimentare e tendono a reagire alle epidemie, anziché agire sulla prevenzione lungo tutta la catena alimentare.

Secondo Steven Jaffee, capo economista dell’agricoltura presso la Banca Mondiale e coautore dello studio, i Paesi a medio-basso reddito non devono solo investire di più nella sicurezza alimentare, ma devono farlo anche in modo più intelligente. “Questo significa investire in conoscenze di base, risorse umane e infrastrutture, realizzare sinergie tra investimenti in sicurezza alimentare, salute umana e protezione ambientale, utilizzando gli investimenti pubblici per sfruttare gli investimenti privati”. Si tratta di cambiare l’approccio tradizionale, incentrato sulla verifica del rispetto delle normative attraverso test di prodotto, ispezioni di strutture alimentari, applicazione di sanzioni legali e finanziarie in caso di infrazioni. “I risultati della regolamentazione dovrebbero essere misurati in termini di imprese conformi, consumatori fiduciosi e miglioramento della sicurezza alimentare, piuttosto che con il numero di multe o di imprese chiuse”, afferma Jaffee.

© Riproduzione riservata

[sostieni]