Linee guida nutrizionali? Tutte o quasi da correggere per centrare gli obiettivi di prevenzione delle malattie e sostenibilità ambientale
Linee guida nutrizionali? Tutte o quasi da correggere per centrare gli obiettivi di prevenzione delle malattie e sostenibilità ambientale
Agnese Codignola 27 Luglio 2020In 85 paesi del mondo, il quantitativo di carni rosse consigliate nelle linee guida alimentari nazionali non è conforme alle indicazioni dell’Oms e lo stesso accade, con pochissime eccezioni, per frutta e verdura, noci e cereali integrali. È questo forse il risultato più eclatante di uno studio pubblicato dai ricercatori dell’Università di Oxford, nel Regno Unito, sul British Medical Journal nel quale le raccomandazioni nutrizionali ufficiali, appunto, di 85 paesi sono state analizzate nel dettaglio, e messe a confronto con quelle dell’Oms e della commissione Eat-Lancet. Per ogni linea guida sono poi state effettuate stime relative agli esiti previsti. È stata focalizzata l’attenzione sulla diminuzione del numero di malati e di morti per malattie non trasmissibili (che potrebbe ridursi di un terzo, se si seguissero le giuste indicazioni) e dell’impatto sul pianeta (che prevede di limitare il riscaldamento globale ai 2°C, seguendo l’Accordo di Parigi sul clima).
In media, l’adozione delle raccomandazioni ufficiali porterebbe a un calo del 15% dei decessi precoci dovuti a patologie cardiovascolari, ai tumori e al diabete, oltre a una diminuzione del 13% delle emissioni di gas serra derivanti dalla filiera alimentare, pari a 550 milioni di tonnellate di CO2-equivalente in meno. Tuttavia, il 98% delle linee guida (83 su 85) non è adeguato al raggiungimento di almeno uno degli obiettivi globali, sia esso legato alla salute o all’ambiente.
Per esempio, circa un terzo delle linee guida non è in linea con gli obiettivi sulle malattie non trasmissibili e una percentuale che va dal 67 all’87% con quelli dell’Accordo di Parigi. Oltre a ciò, emerge che mentre le linee guida dell’Oms in realtà non sono così lontane da quelle attuali dei vari paesi, e quindi la loro adozione rigorosa non apporterebbe vantaggi rilevanti. Se invece si confrontano con i dettami della commissione Eat-Lancet si potrebbe avere una riduzione dei decessi significativamente più grande (il 34% superiore alle linee guida nazionali). Lo stesso vale per gli aspetti ambientali: la riduzione delle emissioni sarebbe tre volte maggiore.
Tradotto in cifre, ciò significa, che nel Regno Unito si potrebbero passare da 78 mila a 104 mila decessi in meno, negli Stati Uniti da 480 a 585 mila, e in Cina le morti premature evitate potrebbero aumentare da 1.149.000 a 1.802.000 ogni anno.
Il risultato dello studio è quindi poco confortante, anche se va detto che il riferimento ai consigli della commissione Eat-Lancet condiziona molto l’esito. Pubblicati nel 2019, quei consigli ponevano al primo posto un’esigenza difficile da mettere in pratica. Il primo consiglio era di ridurre di tre quarti il consumo di carne. Un target che, come hanno fatto notare in molti, è quasi inapplicabile nei paesi a sviluppo medio o basso, dove la sussistenza è affidata alle filiere tradizionali e dove non di rado ci sono carenze proteiche da colmare. Inoltre in molti paesi le linee guida sono più che altro qualitative ed è difficile valutare che peso abbiano realmente nella prevenzione delle malattie e sulle emissioni.
Il messaggio di fondo, al netto dei limiti di valutazioni di questo tipo, è comunque chiaro: la stragrande maggioranza delle linee guida nazionali andrebbe rivista, e se si seguissero i consigli della commissione Eat-Lancet ci sarebbero i benefici più significativi sia per l’ambiente che per la salute umana.
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Giornalista scientifica