In Usa aumentano il consumo di latte crudo e i focolai d’infezione correlati, come abbiamo riportato in un precedente articolo su Il Fatto Alimentare. In riferimento a quella situazione, un lettore ci ha chiesto di tracciare un quadro su ciò che accade nel nostro Paese.
In Italia non ci sono dati che permettono di fare un’analoga correlazione a quella descritta negli Stati Uniti, o per lo meno, questi dati non sono disponibili. Presto potremmo avere a disposizione un’opinione dell’EFSA sull’analisi del rischio derivante dal consumo di latte crudo, ma sembra che non ci si possa aspettare un risultato concreto, proprio perché non ci sono dati sulle tossinfezioni derivate dal consumo di latte crudo. Abbiamo invece la possibilità di consultare il resoconto sui controlli e sulle aziende che hanno l’autorizzazione alla vendita di latte crudo anno per anno dal 2011 fino al 2013. Queste informazioni provengono dal Piano Nazionale Integrato (2011-2014) del Ministero della Salute.
In particolare, per l’anno 2013 risultano registrate presso le ASL locali in tutta Italia un totale di 1742 strutture deputate alla vendita di latte crudo. Gli allevamenti censiti sono 676, mentre i distributori automatici sono 1066. Sono stati effettuati 984 sopralluoghi negli allevamenti e 2247 presso i distributori automatici. I campioni ufficiali raccolti sono stati 5.378 (vedi tabella sotto ). Nel testo si legge che su un totale di 13.526 analisi ufficiali eseguite (più di un’analisi per campione) per verificare la conformità ai criteri microbiologici e ai contaminanti (aflatossina), le non conformità sono state 84. Le criticità più preoccupanti riguardano Aflatossina ed E.coli Verocitotossico.
Sara Rossi
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Il problema NON è la NON conformità alla fonte (o alla spina) ma l’uso che si fa del latte crudo.
Il latte è per definizione un eccellente terreno di coltura per patogeni.
I latti “microfiltrati” (a “media conservazione”) sfruttano il principio che abbattendo ai minimi termini la carica batterica intrinseca del latte, prima che questa raggiunga livelli pericolosi, passano più giorni rispetto al latte normale.
Ma l’italico medio residente in città, cresciuto a Centrale del Latte e che le mucche le ha viste solo nelle pubblicità, ignora tutte le problematiche igienico-sanitarie di stalle e latte “alla spina”.
Se lo utilizza, come ovvio, come se fosse un normale latto pastorizzato, tenendolo in frigo piu’ giorni e consumandolo senza bollirlo, il rischio di tossinfezioni aumenta, ben oltre il tasso di “salubrità” iniziale.
Ma sono pochi casi (almeno rispetto alle quantità consumate). Certo, ma se sei lo scarognato a sviluppare una sindrome uremico emolitica o una piu’ banale gastroenterite da campylobacter … non è che ti senti statisticamente sollevato.
Il latte utilizzato per la trasformazione industriale a latte fresco proviene, ogni singola partita, da centinaia di allevamenti e quindi è un mix di queste produzioni. Il livello di contaminazione batterica risulta mediamente più elevato (anche 30 – 50.000 ufc /ml)rispetto ad un latte crudo (2-5.000 ufc/ml). Il processo di pastorizzazione abbatte di fatto non selettivamente la carica batterica del 90-95%. Pertanto è presumibile che i batteri presenti alla messa in vendita del latte siano in tutto e per tutto potenzialmente gli stessi. La successiva conservazione in frigorifero modifica parimenti l’evoluzione della carica batterica. Si consideri che i residui batteri presenti sono batteri lattici, conosciuti anche come fermenti lattici…. Sono questi che aumentano via via col tempo, sia pure in frigorifero, portando il latte a coagulare dopo un po’di giorni. La suddetta coagulazione avviene per eccesso di batteri che portano il latte alla acidificazione. Questa è in realtà una pratica di conservazione del latte utilizzata da alcune popolazioni. In fine si consideri che proprio i batteri lattici sono piuttosto aggressivi rispetto ad altre popolazioni batteriche, togliendo di fatto spazio ad una loro possibile crescita numerica. La realtà dimostrata negli anni in Italia è che non è dimostrato che il latte crudo abbia fatto danno alcuno a persone, a differenza invece dell’assuzione di altri alimenti crudi: verdure, carne, pesce, ecc.la cui pratica di assunzione cruda non è vietata. Non si capisce perchè in Italia solo il consumo di latte come crudo sia vietato…..
Il latte crudo può causare patologie anche gravi se contaminato. Non è proprio corretto quanto scrive. Oggi abbiamo pubblicato una nota dell’Efsa su questo argomento ( http://www.ilfattoalimentare.it/latte-crudo-efsa-rischi-bollire.html)
Per completezza bisognerebbe anche descrivere gli aspetti positivi del consumo di latte crudo.