Biscotti

dolci zucchero C’è un gruppo alimentare italiano che per pubblicizzare merendine, snack, creme alla nocciola e altri prodotti da forno ogni anno investe circa 130 milioni di euro. La cifra è spalmata su diversi paesi europei, anche se l’Italia è la nazione che fa la parte del leone. Si tratta di un investimento consistente destinato a promuovere oltre 40 prodotti della stessa azienda. Per questo motivo è normale imbattersi ogni giorno in spot tv e banner che li pubblicizzano e, anche al supermercato, trovare sovente ampi spazi per la promozione di snack, merendine e altri prodotti zuccherati.

Citare il marchio o fare i nomi dei prodotti non serve. Il disequilibrio tra la pubblicità di questi snack e merendine dal gusto accattivante, che andrebbero consumati saltuariamente, e altri alimenti come frutta e verdura, yogurt, cereali integrali… che si  dovrebbero assumere con regolarità ogni giorno, è abissale. D’altro canto è difficile resistere al bombardamento di migliaia di spot e di messaggi e alla tentazione di comprare merendine e snack esposti sugli scaffali e davanti alle casse dei supermercati. Il marchio dell’azienda è talmente familiare da essere considerato un “brand nazionale”, come la Fiat o l’Alitalia negli anni ’60. In questo contesto, formulare critiche al marchio oppure ai prodotti è comunque complicato. Pochi giornali e ancor meno televisioni pubblicano volentieri articoli critici. D’altro canto, quando l’opinione pubblica ha un concetto molto positivo dell’azienda e l’investimento pubblicitario ha una certa rilevanza, è quasi normale influenzare in modo benevolo la comunicazione, anche non intenzionalmente.

Il disequilibrio tra la quantità di spot pubblicitari di biscotti, snack e merendine e  altri prodotti che si dovrebbero assumere ogni giorno come frutta e verdura è abissale

In un settore come quello dell’editoria, che da dieci anni registra una grave crisi e dove gli investimenti pubblicitari sono sempre di più un elemento fondamentale per la sopravvivenza, fare riflessioni su un inserzionista che distribuisce ogni anno milioni di euro agli editori è difficile. Forse anche per questo motivo in Italia lo scorso autunno si è assistito a una sorta di esultanza collettiva per il lancio di un nuovo biscotto. Su giornali, tv e siti l’arrivo è stato festeggiato con titoli e articoli paragonabili alle recensioni e ai commenti suscitati dal nuovo film dei Checco Zalone, Tolo Tolo.

Questo però è solo un aspetto del problema. L’altro forse più grave riguarda l’assenza di un contraltare in grado di bilanciare, o quanto meno di fornire ai consumatori strumenti utili per seguire corrette regole nutrizionali. In Italia mancano campagne pubblicitarie che mettano in guardia contro l’eccessiva assunzione di zucchero e di bibite dolci, che invitino a consumare più frutta e verdura e a limitare le calorie.

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Le aziende che propongono snack, merendine e biscotti occupano molto spazio l’ambito alimentare degli spot televisivi

L’urgenza di avviare campagne di educazione al consumo è sin troppo evidente in un paese dove la percentuale di bambini obesi o in sovrappeso arriva al 30% (dato che ci colloca al terzo posto in Europa dopo Grecia e Spagna), mentre per gli adulti il valore è del 45,1%,. Tutto ciò comporta risvolti a livello socio-sanitario preoccupanti per le malattie correlate alla cattiva alimentazione. Purtroppo non ci sono segnali positivi per il futuro. Le aziende che propongono cibo ultra-processato, snack, merendine e altri alimenti che dovrebbero essere consumati saltuariamente, occupano molto spazio nell’ambito alimentare degli spot televisivi. Resta la consolazione di poter vedere ogni tanto spot e banner di alimenti destinati a migliorare la dieta di molti italiani. Stiamo parlando di insalate pronte in busta, minestroni e verdure pronti da mangiare o surgelate, di mele e pere “firmate”, di prodotti a base di cereali integrali. Troppo poco. Le istituzioni che dovrebbero pensare alla dieta degli italiani (ministero della Salute e delle Politiche agricole) sono concentrati su altri progetti e, quando intervengono sul tema alimentare, lo fanno per ostacolare l’adozione delle etichette a semaforo o per arginare iniziative serie contro l’invasione di prodotti e bibite zuccherate.

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Francesco
Francesco
5 Gennaio 2020 18:42

Caro Roberto, è palese l’antipatia che questa rivista abbia per l’azienda che non volete citare, e chissà perché non la menzionate visto che negli ultimi anni è sempre stata attaccata da parte vostra, ma non è un mio problema figuriamoci. Leggendo il suo articolo personalmente non riesco a capire se il suo è un appello rivolto al governo, al ministrero della salute, o a chi di competenza per evidenziare che tutto ciò non è regolamentato e non ci sono investimenti per campagne di educazione alla dieta italiana ( così scrive lei), oppure per dare l’ennesima staccata a questa azienda familiare. Comunque sia, concordo con lei che in Italia mancano delle indicazioni, da parte dello Stato, su certe tematiche che io reputo molto importanti ma parto sempre dal presupposto che la scuola ha un valore fondamentale in tutto questo. La scuola non può e non deve solo insegnare la storia ecc, ma anche determinate questioni di attualità come anche il ben nutrirsi. Concludendo le voglio rammentare che questa azienda familiare, come la chiama lei, è l’unica azienda italiana a non voler far pubblicità dei suoi prodotti che lei reputa spazzatura nei canali tv prettamente di bambini tipo Cartoonito, Rai Yoyo, Fresbee, Cartoon network ecc.. Mi creda, non ho interessi con questa azienda, sono un loro consumatore e ho dei figli piccoli e credo io cosa sceglier nei tempi e nei modi..

Claudio Monteverdi
Reply to  Francesco
11 Gennaio 2020 16:45

Sig. Francesco, mi auguro che, da consumatore, sia consapevole che questi prodotti non fanno il bene dei suoi figli, a meno che non ne proponga loro un consumo veramente saltuario e occasionale.

fabrizio_caiofabricius
fabrizio_caiofabricius
6 Gennaio 2020 20:39

In un Paese che sta piano piano sprofondando nella deindrustalizzazione, in cui l’agricoltura è ormai attività di sopravvivenza e i giovani son costretti ad emigrare, mi sembra controproducente attaccare le poche eccellenze produttive di robustezza internazionale rimaste e ancora capaci di creare e offrire lavoro tra l’altro valorizzando il settore primario nazionale come la tragicomica vicenda delle nocciole salviniane ha portato alla ribalta.

Lo stesso dicasi per le ottime automobili prodotte quasi tutte negli efficienti stabilimenti meridionali (a Melfi lavora metà degli abitanti della Lucania… e l’altra metà a Balvano, dove si produce il teribbbile biscotto alla crema di nocciola). Vero portaspilli di critiche spesso senza costrutto e finalità

Salvatore
Salvatore
7 Gennaio 2020 09:15

Per quello che conta il mio parere concordo con il dottor Roberto La Pira.

Miriam Acquaviva
Miriam Acquaviva
Reply to  Salvatore
11 Gennaio 2020 10:00

Concordo anch’io con il Sig La Pira. Ma aggiungo l’ignoranza di certi genitori che continuano a comprare questi prodotti. Ma le leggono le etichette? Ma costa tanto fare una bella torta o dare delle fette biscottate con una buona marmellata? E non prendiamo la scusa della mamma lavoratrice che ha poco tempo. Io ho sempre lavorato ma il tempo lo trovavo. Abbiamo bambini
obesi e gia’ con problemi di colesterolo ecc..Ma le guardano le trasmissioni di servizio dove parlano di questi problemi?

Liberte'Egalite'Fraternite'
Liberte'Egalite'Fraternite'
10 Gennaio 2020 09:30

Sig.Roberto si ricorda la storia dell’olio di palma:l’azienda (altro che familiare)non ha battuto ciglio continuando a usare il suddetto olio facendo delle campagne a loro favore. Oggi solo qualche bellissima azienda non usa l’olio di palma facendo pensare che non è proprio salutare. Per il resto viene usato ancora da tutti.Noi consumatori siamo carne sa macello,altro che gioire per tolo tolo e per un nuovo biscotto.

Lauretta
Lauretta
11 Gennaio 2020 09:40

La crema spalmabile si trova in tutto il mondo, anche gli stranieri la considerano una delizia (neppure sanno che anche certe caramelline sono dello stesso marchio). Mi pare un diritto pubblicizzarsi, sta al consumatore scegliere. Leggo gli ingredienti e acquisto biscotti con burro, ne mangio meno anche sono snella. Dunque, il processo a prodotti elaborati industrialmente (non ‘processati’) lascia poco spazio. Credo vinca più l’immagine che hanno saputo costruire del prodotto stesso. Comunque, i biscotti che avevano un limite all’acquisto, ora sono venduti su pallet. L’obesità è forse anche figlia di comodità nella preparazione dei pasti, non solo di quel marchio.

livio
livio
Reply to  Lauretta
14 Gennaio 2020 09:37

Quando manca logica, razionalità e conoscenza condite da una buona dose di buon senso (carneade, cos’è costui?) si ricorre alle liste di prescrizione e alla caccia all’untore. Per quanto riguarda la corretta educazione alimentare, che dovrebbe essere un obbligo da mettere in Costituzione da parte delle nostre ineffabili Istituzioni, le figure professionali per poterla effettuare sia a livello scolastico (formazione insegnanti) che familiare (divulgazione informativa e sensibilizzazione) ci sono ma, evidentemente, le priorità di spesa per la prevenzione e la salute non garantiscono nessun ritorno.

cristina
cristina
11 Gennaio 2020 10:25

Totalmente d’accordo. Prima ci fanno ammalare con la pessima alimentazione proposta e poi ci propinano farmaci per sopravvivere riducendo i danni causati da un comportamento alimentare sbagliato. Purtroppo le princiapli multinazionali di entrambi i settori sono le stesse.
L’unica alternativa resta come sempre, l’informazione, la conoscenza, lo spirito critico.
Perchè fare a meno di queste aziende si può eccome.

Alberto
Alberto
11 Gennaio 2020 12:00

Concordo pienamente con il Dott. La Pira.

Purtroppo i soldi influenzano sia i giudizi dei mezzi di comunicazione sia le campagne del Ministero della Salute. Tutti questi soggetti preferiscono guardare altrove e stare zitti, evitando di criticare aziende da cui, direttamente o indirettamente hanno un tornaconto.

Ma è così anche nella politica internazionale. Basti pensare alla Cina, che può fare praticamente quello che vuole con i diritti umani, ma verso la quale l’Italia e le altre nazioni europee non adottano mai un atteggiamento rigido per via dei troppi interessi commerciali. E ci metto anche l’Egitto (caso Regeni)…

Meglio prendersela con i deboli. Con quelli si va tranquilli e non si rischia niente!

I forti invece, quelli che hanno i soldi, che continuino pure a fare quello che vogliono, a danneggiare l’ambiente, a incentivare abitudini scorrette…

Vogliamo forse mettere in discussione il nostro meraviglioso modello capitalista? Giammai!!!

Gino Bianchi
Gino Bianchi
11 Gennaio 2020 12:28

Che tristezza dover leggere certi commenti ad uno sfogo sincero, accorato e più che giustificato di fronte ad un deprecabile squilibrio tra la voce sempre più pressante degli occulti persuasori di massa tesi a massimizzare i loro profitti e le sempre più rare voci di onesti cittadini che, sorretti da una specifica competenza, tendono a diffondere e ripristinare una visione più corretta della realtà. Mi sarei aspettato un plebiscito di testimonianze di solidarietà ed invece trovo assurde insinuazioni (come se tutti ragionassero con la pancia) o altrettante assurde difese di un malinteso interesse nazionale. A Francesco e a caiofabricius vorrei chiedere, tanto per fare un esempio, se sanno cosa sono i diastereoisomeri ed i conseguenti effetti strutturali e funzionali delle molecole cis e trans nelle cellule del loro corpo e, ancora, se sanno che qualcuno, facendo finta di non saperlo, ha usato per decenni materie prime nocive ma molto meno costose per sconfiggere la concorrenza e costruire un colosso distruggendo le aziende che non osavano tanto e che avrebbero potuto molto meglio rappresentare la vera eccellenza italiana a livello mondiale e, quindi, un polo economico altrettanto importante o, forse, anche più solido . La conoscenze scientifiche nell’ultimo secolo hanno registrato uno sviluppo esplosivo ma la loro applicazione in campo alimentare umano trova grandi difficoltà per vari motivi, diversi nei diversi paersi e, purtroppo, i problemi di salute connessi alla malnutrizione sono in aumento. Trovo perciò pertinente e lodevole qualsiasi appello a mobilitare tutti i possibili interventi a livello politico, civile, sociale, sanitario ed educazionale per diffondere un corretto stile di vita e, perciò, una adeguta alimentazione, osteggiando chi insinua e propaganda obiettivi e comportamenti pericolosi.

Francesca
Francesca
11 Gennaio 2020 13:28

Concordo sul fatto che si dovrebbe fare informazione su un’alimentazione corretta e questa informazione a mio avviso dovrebbe iniziare proprio nelle scuole. Le ripercussioni di un’alimentazione scorretta si ripercuotono sui singoli ma anche sul sistema sanità. Fare il possibile per crescere bambini ed adulti sani dovrebbe essere una prerogativa del paese. Francesca

Claudio Monteverdi
11 Gennaio 2020 16:38

Ottimo articolo, concordo sul fatto che c’è tanto da fare per aiutare le persone a rendersi conto che è necessario tornare ad una alimentazione naturale.
Purtroppo sono davvero poche le persone che si rendono conto dei danni dei cibi ultra processati, per tutti e soprattutto per i bambini, molti dei quali crescono mangiando queste merendine e bevendo bibite.

angelo l.
angelo l.
13 Gennaio 2020 11:08

Occorre aumentare capillarmente la conoscenza sulla corretta alimentazione con ogni mezzo visto che ne va della nostra salute, quindi vedo positivamente e condivido il messaggio lanciato da Roberto La Pira. E’ immorale spendere tutti quei denari in pubblicità per il consenso e la preferenza di quei cibi che in certe quantità e condizioni arrecano danno.

Nicoletta
Nicoletta
13 Gennaio 2020 16:15

Ringrazio Francesca per aver centrato in pochissime parole quello che, secondo me, è il nocciolo della questione.
E ringrazio anche il Dr. La Pira, sebbene io dissenta dalle considerazioni sul ruolo della pubblicità.
Però, chi educa?
A mio parere dovrebbero essere la scuola, i genitori, il pediatra, il medico di famiglia. E questi ultimi sono in grado di arrivare al singolo e hanno le competenze per individuare il rischio di obesità, prevenirlo nel bambino, curarlo nell’adulto (riducendo i costi per la sanità).
Mi chiedo se questa educazione esista, soprattutto quella impartita dai genitori.
L’educazione ci consente (ripeto, anche ai bambini, attraverso i genitori) di considerare la pubblicità quello che è: un messaggio che deve essere chiaro e accattivante.
L’educazione ci consente di scegliere con consapevolezza.
Ognuno, nel suo piccolo, può scegliere consapevolmente di lasciarsi affascinare dalla pubblicità e mangiare male (magari solo ogni tanto!), così come tante persone scelgono di parlare al cellulare mentre guidano (a prescindere dalla pubblicità progresso) o scelgono di fumare (soprattutto i giovani) malgrado l’eliminazione della pubblicità e la stampa di scene macabre e raccapriccianti su ogni pacchetto di sigarette.

Salvatore
Salvatore
Reply to  Nicoletta
14 Gennaio 2020 21:05

Ognuno puo scegliere consapevolmente? Non è proprio così; quante persone hanno le conoscenze, la preparazione, la voglia di comprendere i messaggi che arrivano loro? Gli esseri umani non sono razionali e le loro scelte sono spesso altrettanto poco razionali. Oggi, per esempio, i guru e meno guru del marketing hanno ‘scoperto’ il neuromarketing, ossia come influire sulle scelte delle persone puntando sulla sfera emozionale delle persone. E lo hanno scoperto perché le scelte delle persone non sono dettate dall’emotività e non dalla razionalità (in politica, in amore…negli acquisti). In ogni caso, per quanto riguarda le scelte alimentari, va tenuto presente che ad essere determinanti nelle scelte future sono i primi 3 anni di vita. Quello che piacerà, o non piacerà, nei primi anni di vita me lo porterò dietro per sempre e farò fatica (i.e. non sarò interessato) a diversificare i gusti e le abitudini alimentari.