La stampa britannica quando parla di alimentazione punta sul sensazionalismo proprio come fa quando si occupa dei reali. L’inseguimento della notizia a effetto è ciò che, secondo ricercatori del Kings College di Londra, orienta le scelte editoriali in questo ambito, almeno stando ai risultati di un’indagine compiuta su quanto viene pubblicato in una settimana scelta a caso.
Benjamin Cooper e i suoi colleghi hanno analizzato i dieci quotidiani più venduti, popolari e non (The Sun, The Daily Mail, Daily Mirror, The Daily Telegraph, Daily Express, Daily Star, The Time, The Guardian, The Independent e Financial Times), trovando ben 111 tra articoli e notizie relative ai temi nutrizionali e dietetici. Quindi hanno hanno vagliato tutto il materiale in base a due scale di affidabilità, quella sviluppata dal World Cancer Research Fund (WCRF) e quella elaborata dallo Scottish Intercollegiate Guidelines Network (SIGN), ottenendo un risultato sconfortante: il 72% delle informazioni secondo il sistema WCRF, e il 68% secondo il SIGN sono caratterizzate da un livello di attendibilità “meno che convincente o probabile”.
Amara la conclusione riportata su Public Understanding of Science, la rivista che ha pubblicato l’articolo.”Le informazioni scorrette in merito ai temi nutrizionali – scrive Cooper- sono ampiamente diffuse nei media britannici e le percezioni errate del pubblico riguardo alla salute e all’alimentazione sono determinate da queste notizie. E’ necessario intensificare gli studi per delineare molto più nel dettaglio il fenomeno, verificando ciò che accade in periodi più lunghi (per esempio di un anno), e ricorrere a esperti che analizzino in modo neutrale (senza conoscere il tipo di pubblicazione) la veridicità e la fondatezza scientifica delle informazioni nutrizionali”.
Che ci sia bisogno di una sterzata lo confermano anche i dati di un’indagine condotta nel 2008 dalla UK’S Foods Standards Agency, sulla percezione del rischio alimentare da parte dei consumatori. Interrogati sulle fonti più attendibili in merito al rischio alimentare, i partecipanti hanno assegnato ai media il vertice della classifica, ponendoli tra il primo e il terzo posto.
In buona posizione si sono piazzati anche i medici, in cui ha affermato di credere l’81% cento degli intervistati, seguiti da amici e familiari (48%), ricercatori indipendenti (42%) e governo (21%). In ultima posizione troviamo i supermercati che hanno ricevuto la fiducia del 7% degli intervistati. Per ora i cittadini britannici credono a ciò che viene loro detto dai media in tema di rischio alimentare. Forse quezta fiducia andrebbe capitalizzata in modo più responsabile.
Agnese Codignola