“Grom: il gelato industriale che diventa artigianale”. Era il titolo di un articolo pubblicato due mesi fa su Il fatto alimentare che ha creato un certo rumore. Il quesito era abbastanza semplice: come ha fatto un’industria con centinaia di dipendenti a diventare la rappresentante del gelato artigianale italiano nel mondo? Qual è il segreto? Il marketing? La pubblicità? Forse tutto ciò, affiancato dalla mancanza di una definizione precisa su cosa si intende per gelato artigianale, e dalla scarsa capacità delle associazioni di categoria di contrapporsi ad un’azienda molto abile nella comunicazione.
Ma questi sono discorsi teorici. A dispetto di ogni logica il gelato di Grom è vissuto nell’immaginario dei consumatori come un vero cono artigianale anche se non è vero. Lo sostengono anche i due manager che gestiscono l’azienda piemontese che parlano sempre di “gelato come una volta”, senza altre precisazioni.
A questo punto bisogna spiegare perché il cono di Grom non è un prodotto artigianale e neppure un di eccellenza come molti pensano.
– La caratteristica principale del cono artigianale è di essere preparato fresco ogni giorno nel laboratorio annesso al punto vendita. Il gelato di Grom viene elaborato in un centro unico di produzione a Mappano di Caselle (TO) in Piemonte, ed è pensato per essere consumato dopo diversi giorni di stoccaggio. La miscela viene infatti pastorizzata, poi congelata e trasferita nei punti vendita, per essere mantecata prima di finire nel pozzetto del banco frigorifero. Il processo industriale è perfetto ma i diversi passaggi ne compromettono inevitabilmente la struttura.
Per semplificare possiamo paragonare il cono artigianale ad un piatto di spaghetti preparati al momento al ristorante, mentre quello di Grom a un piatto di spaghetti (confezionato con materie prime eccellenti e venduto ad un prezzo elevato) ottenuto riscaldando un precotto surgelato.
– Grom dichiara di non usare additivi per differenziarsi dalle gelaterie artigianali, ma si tratta di un modo per farsi pubblicità, sfruttando la scarsa conoscenza della gente e l’emotività dei consumatori che quando si parla di additivi entrano in fibrillazione. In realtà il gelato di Grom contiene l’E410, un additivo conosciuto con il nome di farina di semi di carrube. Si tratta di una sostanza necessaria per addensare, utilizzata anche nelle gelaterie artigianali insieme ad altri come carragenine o farina di semi di guar, derivati da piante o arbusti.
In commercio si trova anche gelato senza addensanti, il caso tipico è quello di Haagen-Dazs che per compensare l’assenza e rendere il prodotto morbido, utilizza una quantità esagerata di grassi (circa 25%) per cui alla fine il gelato ha quasi la consistenza di un panetto di burro.
Nei gusti alla crema di Grom non ci sono i mono e digliceridi degli acidi grassi alimentari, ovvero gli emulsionanti, additivi presenti in tutti i prodotti alimentari industriali per amalgamare la materia grassa (contenuta nella panna, nel latte e nel burro…) con l’acqua degli altri ingredienti. È vero che una volta non si usavano questi additivi ma tra gli ingredienti della miscela c’erano sempre le uova, che svolgevano la stessa funzione attraverso le lecitine presenti nel tuorlo. Secondo alcuni la necessità di uniformare la produzione nei punti vendita sparsi nel mondo, rende inutile la presenza di emulsionanti perché non cambierebbe la struttura del gelato, che si presenta comunque rugoso e dall’aspetto poco invitante. L’abilità dell’azienda è stata quella di presentare in chiave marketing l’assenza di questi additivi come testimonianza di un modo di lavorare artigianale di altri tempi.
Secondo altri l’assenza di emulsionanti è una scelta sbagliata perché nella miscela si formano più facilmente cristalli di ghiaccio e il gelato alla fine risulta duro e poco spatolabile sulla cialda, con un esito deludente. Da qui deriva probabilmente la scelta di non utilizzare nel banco frigorifero le vaschette ma il pozzetto, che evoca il gelato di una volta. In realtà questi contenitori diventano un atto dovuto per nascondere i difetti estetici di un prodotto “ricongelato” privo di morbidezza come invece si percepisce nel cono artigianale di giornata.
La scelta di non usare emulsionanti comporta un super lavoro da parte degli addetti al banco. Prima di spatolare il gelato sulla cialda, bisogna ammorbidire la miscela eccessivamente compatta, facendo una seconda mantecatura manuale. Il giochino porta via tempo e nell’orario di punta si forma sempre la coda fuori dai negozi. Certo si tratta di un elemento negativo che però viene interpretato dai clienti come un fattore necessario per poter mangiare il mitico cono firmato Grom.
Oggi molte gelaterie artigianali per accontentare i clienti desiderosi di consumare prodotti senza additivi hanno ridotto la quantità di addensanti o li hanno sostituiti con altri ingredienti che li contengono come fa Stefino a Bologna utilizzando l’amido di kuzu. Per quanto riguarda gli emulsionanti la sostituzione è più difficile, c’è chi usa latte in polvere arricchito con proteine; il sistema funziona ma per mantecare la miscela occorre un micronizzatore che permette di ottenere un gelato mantenendo la morbidezza e l’aspetto vellutato.
La conclusione è forse scontata ma non banale. Grom è un ottimo esempio di imprenditoria italiana nel mondo, ma la qualità del cono non è un modello di eccellenza e non regge il confronto con le tante gelaterie artigianali ormai presenti in molte località. Qualche mese fa in un’intervista a Radio 24 sostenevo che se fossimo a scuola Grom meriterebbe un voto di poco superiore al 7, altre gelaterie sarebbero sotto, ma come in tutte le classi c’è pure un gruppo di allievi che arriverebbero tranquillamente a 9. Io frequento queste gelaterie.
Roberto La Pira
Aggiornamento 2 ottobre 2012
Guido Martinetti di Grom ci ha inviato una lettera che abbiamo pubblicato in cui chiarisce alcuni punti e risponde alle critiche mosse in questo articolo.
Riproduzione riservata. Foto: Photos.com, Grom.it
Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
A Milano Ice dream in via Pisani Dossi di fronte alla chiesa. Una vera chicca
il gelato costa poco e lo si vende a molto, ha un volume in gran parte dato da microbollicine di aria… si può stoccare e lo puoi anche rimantecare, quindi è normale che in molti giochino una partita molto sporca….
personalmente credo che l’articolo contenga qualche imprecisione; la questione degli additivi è presto smentita in quanto sul sito di grom è specificato che gli additivi non utilizzati sono chimici, mentre la farina di semi di carruba è ascrivibile all’elenco di quelli naturali. A mio parere i punti di forza sono il tipo di produzione, che quella è,si di carattere artigianale, e la qualità delle materie prime. Il tipo di distribuzione e di conseguenza la modalità di conservazione è per forza di cose industriale dovendo far fronte a sedi in tutto il mondo.
Non so, mi sembra che si voglia trovare il pelo nell’uovo per fare le pulci ad un progetto imprenditoriale che ha avuto successo. Credo comunque ci sia una differenza abissale tra il gelato di Grom e il prodotto industriale citato nell’articolo. Poi il gusto è gusto e sul gelato credo che ognuno possa dire la sua sul proprio gelataio di fiducia.
Concordo pienamente con quanto scritto da Alessandro. Il punto di forza sono gli ingredienti naturali e di stagione, è chiaro che per fare un prodotto omogeneo lo devono fare in un unico posto e poi spedirlo con procedure industriali.
Scusate ma.. dal punto di vista NUTRIZIONALE, non ORGANOLETTICO.. che cosa credete che cambi con additivi o senza?? Cosa credete che cambi consumando 100 grammi di gelato Grom o 100 grammi di cornetto Algida sulla vostra glicemia postprandiale?? No perchè sembra che ci sia qualcosa di sbagliato nell’utilizzare additivi.. cioè la gente si preoccupa degli additivi degli emulsionanti e non dello zucchero e delle calorie!! Ahahah ridicolo.. come al solito. MonS
Devo essere sincero, seguo quanto pubblicato su questo sito con relativa frequenza: si trovano articoli brillanti e articoli che non dicono nulla. Questo mi sa è del secondo tipo. Ora, onestamente, domando: si è tentato di discreditare l’operato di un’azienda a caso? Nel titolo si legge, e cito testualmente, "tutti i segreti e i difetti del finto gelato artigianale", ma nell’articolo c’è poi scritto che Grom non dichiara i suoi prodotti artigianali. Prima incongruenza. Poi non capisco il senso dell’articolo: ma il gelato è buono o no? Se non ha nulla di male, anzi, ci sono ingredienti non chimici, quale è il problema. Serio, mi resta un articolo incomprensibile.
A Torino provate il gelato di Fiorio, impagabile il gusto Gianduja, il migliore di Torino
La cosa che mi ha fatto più ridere di questo articolo è l’attribuzione della colpa delle code al fatto che il gelato viene servito dalle vaschette a pozzetto. Già l’articolo mi sembrava molto pretestuoso, come già si osserva nel 90% dei commenti lasciati dai lettori, ma la colpa delle code data ai pozzetti frigoriferi mi fa sbellicare!
Il segreto delle code dei punti vendita Grom sta nel fatto che il gelato piace ed è oggettivamente apprezzato da molti!!! Vi sfido a trovare una gelateria che abbia le stesse vaschette a pozzetto e contemporaneamente la stessa fila di gente fuori dal locale!
A Torino provate "Ottimo! Perché buono non basta" – Corso Stati Uniti 6/c e Via San Francesco d’Assisi (quasi angolo via Graibaldi)- in vendita anche da TECNICAMENTE LIBRI CAFFE’ & MORE in Corso Lione 85/13/c (Piazza Delpiano): troverete un gelato VERAMENTE artigianale e senza schifezze!
Partendo dal presupposto che sono un dipendente di Grom ho trovato l’articolo un pò miope e di parte. Grom non ha mai fatto della pubblicità la sua forza come è stato ripetuto più volte durante l’articolo. Apparte le numerose apparizioni TV (prova del cuoco ecc) e anche radio dei due fondatori, che sono stati comunue OSPITI nelle trasmissioni a causa della rapida ascesa dell’azienda. e come ha ripetuto l’autore più volte, non esistendo una vera definizione di gelato artigianale nemmeno lui è in grado di dire che un gelato è più artigianale di un altro. se per artigianale intendiano un gelato fresco fatto in giornata allora il gelato di Grom non può essere inteso come artigianale. ma se per gelato artigianale si intende un gelato fatto con le migliori materie prime che si riesca a trovare senza additivi di natura CHIMICA (la farina di carruba è completamente naturale e per me è un ingrediente. non un additivo). in conclusione vorrei sottolineare che sicuramente esistono numerose eccellenze locali in uesto campo. ma trovare una gelateria che abbia uno standard di ualità del prodotto finale riscontrabile in tutti i gusti (se volete scoprire di più sulle origini di ogni nostro singolo prodotto potete verificarle sul sito di Grom) come da noi.
partendo dal presupposto,che di sciocchezze ne sono state dette parecchie,da gelatiere artigiano vorrei cercare di schiarire queste nebbie che sembrano offuscare il settore:
gran parte della forza di grom E’ data dal marketing. l’azienda stessa è nata a tavolino copiandone un’alta e posa gran parte della sua forza sul concetto più ti fai notare,più sarai notato.
il gelato naturale non esiste,e probabilmente non è mai assistito. l’unico modo sarebbe quello di mettere una serie di ingredienti in una qualunque gelatiera da casa,ma per esperienza,ho conosciuto poche persone soddisfatte del risultato. gli addensanti esistono da almeno 60 anni e da prima ancora sono prodotti i surrogati della crema che tanto semplificavano la vita delle nostre massaie.se io faccio un prodotto solo di zucchero,latte e panna,che poi manteco,lo posso chiamare gelato??perchè secondo alcuni in questo forum anche il tuorlo,con le sue lecitine emulsionanti e le proteine addensanti,si potrebbe definire additivo.così come il sale,che si impiega comunemente. io credo che il gelato di grom sia semplicemente un gelato povero(in contenuto di solidi,ma questo solo pochi addetti ai lavori lo comprenderebbero)ma ricco di qualità in molti termini,fra cui quelli delle leggi di mercato.ho sempre detto,spesso arrabbiandomi, che ognuno deve essere libero di scegliere,ma sopratutto deve conoscere e leggere l’elenco degli ingredienti ,sapendo ciò che sta facendo.
nel settore gira moltissima disinformazione e sarebbe bello che si facesse un pò di luce.
Mi è sfuggito il senso dell’articolo. Trovo il gelato di grom migliore della media, e sì, sono stati dei geni del marketing. E allora?
Flavio , non sono i pozzetti il problema, ma la necessità di mantecare per la seconda volta un gelato poco morbido e se inuna gelateria normale si impiega 1 minuto per fare tutto, da Grom serve il triplo del tempo e la coda si forma per forza nei momenti di maggior affollamento .
Per Flavio ( dipendente di Grom). La creazione di un brand forte non passa necessariamente dalla pubblicità tradizionale, soprattutto nel mercato odierno dove la comunicazione ha a disposizione molti mezzi per creare "affezione alla marca". Non so da quanto tempo tu lavori con loro ma la campagna sulla "percezione" della qualità è nata fin dal primo momento e ha seguito percorsi ben precisi e quasi scientifici. Un gelato è artigianale se è fatto fresco e nel laboratorio del gelatiere. La scelta degli ingredienti è una delle componenti, ma non ne caratterizza la natura. Artigianale deriva da "arte", quella in possesso di chi compone la ricetta e la sa trasformare in gelato. Nessuno dei dipendenti dei punti vendita conosce l’arte del gelatiere.
La farina di carruba è un additivo e non un ingrediente. Lo dice la legge. Gli ingredienti di un alimento possono essere consumati anche al di fuori di una ricetta. Prova a mangiarti un etto di farina di carruba! Il tuo amore per l’azienda è un altro indice che Grom ha fatto e sta facendo un ottimo utilizzo del marketing. Che poi faccia un prodotto tecnicamente migliore di quello che può fare un bravo gelatiere è abbastanza improbabile, visto il processo di rimantecazione adottato. Concludo dicendo che quando andiamo a comperare il gelato viviamo un’esperienza di acquisto (consciamente o inconsciamente) emotivamente coinvolgente e siamo condizionati nel giudizio finale sul prodotto da molte più cose di quelle che crediamo. Spesso le caratteristiche tecniche del prodotto passano in secondo piano. Il mondo è bello perché è "variegato"!
Finalmete qualcuno che chiarisce i trucchi utilizzati dai falsari del prodotto di una volta!!.
Grazie
Mi presento, Paolo Viel titolare del Frutteto Viel in via Amatore Sciesa, 2 Milano.
Facciamo il gelato dal 1948 e da sempre usiamo solo frutta, acqua, zucchero e il fatidico additivo E410 (la farina di semi di carrube).
Giusto per precisare alcune cose:
In primis concordo con chi dice che il gelato di Grom non è nulla di eccezionale, secondo non sopporto il fatto che sia riuscito a far credere (complimenti per il marketing) alla gente che il suo gelato sia come quello di una volta.
Terzo, vorrei spiegare l’E 410.
Anche se legislativamente viene considerato un additivo, la farina di semi di carrube è una materia prima naturale al 100% a dispetto di tanti ADDITIVI CHIMICI, viene ricavata dai semi contenuti nelle carrube i quali vengono decorticati privati del germoglio e macinati. Contrariamente a quello che tanti affermano (il 95 % delle gelaterie non prepara più la base da zero ma usa dei semilavorati che contengono TUTTO QUELLO CHE SERVE) la farina di semi di carrube non é un addensante, ma uno stabilizzante ovvero, una volta sciolta nella miscela a temperatura di oltre 60º (fase di pastorizzazione) crea una pellicola di coadesione tra le molecole dell’acqua impedendo alla stesse di creare dei cristalli di ghiaccio troppo grossi (tipico dei sorbetti). In gergo si chiama NEUTRO perché non ha né sapore ne odore e quindi non altera il gusto del gelato. I suoi sostituti che sono la farina di semi di guar (ricavata da altri semi di minor pregio) e le carregine (ricavate da alcune alghe) hanno il difetto di rendere il gelato troppo elastico (tipo mozzarella fusa per intenderci) .
Paolo Viel
@ Paolo Viel
concordo al 100%
Soprattutto quando scrivi "il 95 % delle gelaterie non prepara più la base da zero ma usa dei semilavorati che contengono TUTTO QUELLO CHE SERVE "
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Mettiamo pure in conto che il 90% delle gelaterie che si dicono artigianali si limitano a impastare preparati Stella o Fabbri o simili (Dp&g, Pernigotti….e altri) in questo contesto non sono assolutamente diverse da GROM, il quale da parte sua da un gelato diverso. Un gelato che può piacere o meno, ma si differenzia dalla media e in ogni caso sembra usare elementi di buona qualità . Certo il prezzo è alto e il marketing è il segreto del successo ….ma alla fine sembra il bue che da di cornuto all’asino.
Aggiungo alla lista delle buone gelaterie Zampolli a Trieste (quello in Via Ghega) e la gelateria di piazza delle Erbe a Genova. Molto, molto meglio di Grom.