Dopo le mele anche per le pere stop all’Etossichina sospetti di tossicità. In UE le deroghe della Spagna creano difficoltà commerciali
Dopo le mele anche per le pere stop all’Etossichina sospetti di tossicità. In UE le deroghe della Spagna creano difficoltà commerciali
Agnese Codignola 10 Ottobre 2014I ministeri della Salute e dell’Ambiente sulla base del parere espresso dall’Istituto superiore di sanità, hanno deciso di non autorizzare l’utilizzo in via eccezionale dell’etossichina. Stiamo parlando di una molecola già usata come antiriscaldo nella conservazione dimele e pere vietata dall’Unione europea nel marzo 2011 e in Italia l’anno successivo.
I due ministeri hanno escluso la possibilità di autorizzare l’uso dell’etossichina in deroga al divieto, anche in via temporanea, dato che «sono state sollevate rilevanti criticità relative al valore degli attuali residui, rispetto al rischio per la salute degli utilizzatori e dei consumatori». I ministeri non dicono chi abbia avanzato la richiesta di utilizzo in deroga della sostanza, ma da un articolo di Fresh Plaza risulta che il Consorzio Servizi Ortofrutticoli (CSO) abbia ripetutamente fatto domanda.
Che cos’è l’etossichina, e perché è stata bandita? «L’etossichina è un conservante cosiddetto anti-riscaldo – precisa Danilo Attard Barbini, direttore del reparto Antiparassitari del Dipartimento di ambiente e prevenzione primaria dell’Istituto Superiore di Sanità, ente coinvolto in alcuni studi che hanno contribuito a far propendere le autorità per il divieto – cioè una sostanza che rallenta la produzione di calore tipica della frutta fresca, allungando i tempi di conservazione, soprattutto durante il trasporto». È stata utilizzata per molto tempo e per questo motivo, come accade per tutti i fitofarmaci, ogni dieci anni a livello comunitario viene sottoposta a una revisione del profilo di sicurezza, sulla base di nuovi dati eventualmente disponibili e delle nuove tecnologie. Durante l’ultima revisione, è emerso che non è possibile escludere una sua pericolosità. Si pensa a una potenziale genotossicità (cioè danno al genoma del feto e non solo) sia dell’etossichina sia dei suoi metaboliti e di eventuali impurezze, in particolare di quella identificata con il numero 7.
«Non sappiamo ancora la struttura di questa impurezza numero 7 – continua Attard Barbini – perché le analisi non hanno portato a un’identificazione sicura, ma i dati oggi disponibili non consentono di concludere che sia privo di rischi. Per questo motivo, in base al principio di precauzione è stato ritenuto opportuno, a livello europeo, portare i limiti consentiti quasi a zero, cioè a valori al di sotto dei quali è impossibile dosare la sostanza. Il primo provvedimento restrittivo risale al 2011, con esclusione delle pere, ma quello attuale (703/2014), ha abbassato la soglia anche per questo tipo di frutto da 3 a 0,05 mg/kg».
Il provvedimento diventerà operativo da gennaio 2015, data oltre la quale non sarà più possibile immettere in commercio frutta che abbia valori di etossichina riscontrabili con le normali misurazioni, e quindi sarà vietato anche l’import di frutta contenente residui superiori al limite. I Ministeri della salute e dell’ambiente puntano il dito contro la concorrenza sleale messa in atto da alcuni paesi europei, come la Spagna, che hanno ammesso l’utilizzo dell’etossichina per il trattamento della frutta, escludendo che abbia caratteristiche di nocività. Secondo i ministeri italiani, questo fatto «crea un problema di concorrenza sleale per le imprese del ‘Made in Italy’ e, soprattutto un pregiudizio per la salute, che diventa necessario rimuovere attraverso l’immediata definizione di un percorso comune tra tutti gli Stati membri» . Dalla Spagna arrivano in Italia 22 milioni di chili di pere trattate con etossichina, e Coldiretti chiede al governo italiano di controllare e bloccare le importazioni.
Beniamino Bonardi e Agnese Codignola
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Giornalista scientifica