BisfenoloIl bisfenolo A (chiamato anche Bpa) e gli ftalati sono plastificanti, cioè sostanze chimiche utilizzate come componenti per la produzione di prodotti in plastica. Per le qualità che conferiscono a questo materiale, Bpa e ftalati vengono utilizzati anche per la produzione di prodotti a uso alimentare, come bottiglie, piatti e posate usa e getta, contenitori per la conservazione dei cibi, ma anche in resine utilizzate per pellicole e rivestimenti per le lattine. Queste sostanze da diverso tempo sono riconosciute dalla comunità scientifica come interferenti endocrini, ma fin’ora gli studi non portano a ritenere che la concentrazione a cui la popolazione viene esposta possa comportare un rischio per la salute. Queste sostanze hanno la capacità di trasferirsi dalla plastica al cibo che consumiamo, e quindi finire nel nostro corpo. Questo aspetto è reso noto dagli studi di biomonitoraggio che permettono di conoscere la reale esposizione della popolazione.

Abbiamo chiesto a Cinzia la Rocca, coordinatrice del progetto europeo dell’Istituto Superiore di Sanità Life Persuaded, alcuni consigli per limitare l’esposizione quotidiana a Bpa e ftalati. Il progetto Life Persuaded si è occupato proprio di determinare l’esposizione a ftalati (in particolare Dehp) e bisfenolo A in coppie madre-bambino italiane, e di valutare anche l’eventuale associazione tra esposizione a plastificanti e patologie infantili. “Al momento l’esposizione a queste sostanze nella popolazione europea non sembra destare preoccupazioni”, spiega La Rocca. “C’è un livello di esposizione di fondo misurato nella popolazione sana che al momento non comporta particolari problematiche di salute. Bpa e ftalati sono però da tenere sotto osservazione per la loro capacità di interferire con il sistema endocrino incluso il sistema riproduttivo, ma anche il sistema metabolico. Nello studio caso-controllo su bambini obesi, effettuato nell’ambito del progetto, si è evidenziato per esempio che c’è una correlazione tra chi è più esposto al Bpa e il rischio di obesità; tale risultato, emerso anche in altri studi, supporta la caratteristica di interferente metabolico di questa sostanza.”

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L’impiego del Bisfenolo A è vietato nei biberon destinati ai bambini

Dehp e Bpa sono considerati in Europa “sostanze estremamente preoccupanti candidate all’autorizzazione”, e ci sono delle normative che ne vietano la presenza in alcune categorie di prodotti, come per esempio il caso del Bpa nei biberon. “Inoltre”, continua La Rocca “Le iniziative messe in atto negli ultimi anni dalla comunità europea per ridurre la plastica monouso daranno un notevole contributo a ridurre l’esposizione nella popolazione”. Lo studio di Life Persuaded si è occupato di monitorare in particolare i livelli di esposizione in bambini e adolescenti, due fasi del ciclo vitale particolarmente importanti per il sistema endocrino: “Nei campioni di urine analizzati sono stati trovati livelli misurabili sia di ftalati che di Bpa, la cui esposizione quindi è risultata diffusa e continua, con concentrazioni più alte nella fascia d’età 4-6 anni. Questo è dovuto probabilmente a una differenza negli stili di vita e soprattutto a differenze metaboliche. Sicuramente tra le tre fasce d’età prese in considerazione dallo studio (4-6, 7-10, 11-14) bisogna rivolgere maggiore attenzione non solo alla fascia di età 4-6 ma anche alla fascia di età 11-14, perché corrisponde ad una fase dello sviluppo in cui le interferenze endocrine possono incidere maggiormente sull’organismo”.

Tramite un questionario sulle abitudini delle madri e dei bambini coinvolti nello studio, il progetto Life Persuaded ha potuto stabilire quali comportamenti portano a un rischio maggiore di esposizione a Dehp e bisfenolo A, visto che il livello di esposizione individuale dipende molto dallo stile di vita. “Il consiglio è di ridurre il più possibile l’esposizione, e in termini di alimentazione quindi evitare l’utilizzo di stoviglie in plastica monouso. È poi sconsigliato conservare, consumare o cuocere in microonde gli alimenti all’interno di contenitori di plastica. Anche il consumo frequente di cibi d’asporto, di acqua in bottiglie di plastica e l’utilizzo di pellicole a contatto con gli alimenti sono correlati a livelli di esposizione maggiori”.  Dai dati ottenuti dal questionario in relazione all’esposizione misurata, il progetto ha redatto un opuscolo in cui sono riportati alcuni consigli per limitare l’esposizione, scaricabile dal sito di Life Persuaded.

C’è comunque una maggiore sensibilità da parte dei consumatori, anche dovuta alla questione ambientale, che può condurre a una diminuzione dell’esposizione a queste sostanze. “Esistono anche diversi prodotti in commercio con la dicitura Bpa free” – precisa La Rocca – sebbene si debba considerare cosa è stato utilizzato in alternativa. Il Bisfenolo A può essere sostituito per esempio con il Bisfenolo S e F, che però possono risultare comunque nocivi. In ogni caso quindi meglio evitare la plastica dove possibile, considerando anche le conseguenze relative all’improprio smaltimento e la problematica rappresentata dalla diffusione delle microplastiche in ambiente, negli alimenti e negli organismi”.

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Claudio
Claudio
29 Luglio 2021 11:27

Dopo le Età della Pietra, del Bronzo e del Ferro… benvenuta Età della Plastica, sei ufficialmente entrata nella stratificazione fossile.

Pietro
Pietro
26 Agosto 2021 11:44

Questo è interessante e da tempo conosciuto come problema: “la problematica rappresentata dalla diffusione delle microplastiche in ambiente, negli alimenti e negli organismi”.

Eppure, esiste uno studio sulle microplastiche rilasciate nell’ambiente da prodotti cosmetici come SCRUB o dentifrici contenenti MICROPARTICELLE per una migliore pulizia dei denti?

Grazie per la vostra attività,
cordiali saluti,
Pietro