Il rapporto conclusivo della task force europea, pubblicato il 5 luglio 2011, lascia ancora molte incertezze sulle cause dell’epidemia da Escherichia coli O104:H4 e sui veicoli alimentari coinvolti. Il rapporto che accusa i semi di fieno greco egiziani è stato ampiamente ripreso dai mezzi di comunicazione, anche se il documento dice che si tratta di un’ipotesi e si conclude sottolineando che “dove esattamente sia avvenuta la contaminazione è tuttora una questione aperta”.

Il lavoro svolto dalla task force è stato mirato ad accertare quali sono gli elementi documentali che si possono consoiderare  comuni ai casi registrati in Germania e in Francia. «In tal senso – spiega Antonello Paparella, docente di microbiologia alimentare dell’Università di Teramo – il rapporto è un buon esercizio di rintracciabilità, ma alcuni elementi restano poco convincenti su un piano strettamente microbiologico-alimentare. Devono ancora essere chiariti  tre elementi – continua Paparella-

– l’accusa ai semi egiziani si basa solo su indagini di rintracciabilità, cioè su ricerche cartacee, perché nessuna analisi ha confermato sinora la presenza del batterio nei semi;

– il lotto incriminato è del 2009 e ciò significa che il batterio (non sporigeno) sarebbe sopravvissuto in condizioni di umidità (aw) bassa per due anni, mentre è noto che la sopravvivenza dei ceppi enteroemorragici di Escherichia coli in tali condizioni si misura nell’ordine di settimane o mesi;

–  è stata ipotizzata una contaminazione crociata tra semi, evento altamente improbabile in un prodotto a bassa umidità aw)».