Anais Fournier aveva 14 anni e, secondo l’avvocato di famiglia Kevin Goldberg, è morta a causa di due lattine grandi (da 66 cc) di uno degli energy drink più popolari negli Stati Uniti – venduto anche in Italia – il Monster, bevute nell’arco di 24 ore. Il suo cuore, che era affetto dalla sindrome di Ehlers-Danlos (una malattia rara che causa aritmie), non ha retto alla botta di caffeina, ben 280 milligrammi, che equivalgono alla dose di 14 lattine da 33 cc di Coca Cola.

 

Per questo la famiglia ha fatto causa all’azienda che la produce, la Monster Beverage Corporation. L’avvocato, potendo accedere ai dati riservati della Food and Drug Administration, ha scoperto che a questa bevanda sono collegati già 5 decessi e 37 eventi gravi, e che un’ulteriore morte è stata associata a un’altro energy drink.

Non solo: tra il 2005 e il 2009 le visite nei Pronto Soccorso dovute a effetti riconducibili al consumo di energy drink sono decuplicate. Per questi motivi, e considerando l’aumento costante delle vendite, la storia di Anais potrebbe avere conseguenze che vanno molto al di là del risarcimento alla famiglia.

 

Negli Stati Uniti queste bevande non sono considerate veri e propri alimenti ma supplementi: quindi non c’è obbligo di indicare la concentrazione di caffeina in etichetta, ma solo di segnalarne la presenza. La quantità di questa sostanza  eccitante varia da 160 a 500 milligrammi per lattina. I richiami a non assumerne troppa in brevi intervalli di tempo, se si è a rischio, o in gravidanza, sono lasciate alla buona volontà dei produttori.

Da anni le associazioni di consumatori chiedono maggiori controlli per la vendita e indicazioni chiare in etichetta, come avviene in molti altri paesi, ma le richieste sono rimaste inascoltate.

 

Ora però il dibattito è molto acceso e, a fornire nuovi argomenti, l’associazione Consumer Reports ha appena pubblicato i risultati di una sua indagine compiuta su 27 tra i principali marchi venduti negli Stati Uniti, compreso Red Bull, dalla quale è emerso che 11 marchi non specificano la concentrazione di caffeina e che, tra i 16 che invece lo fanno, cinque contengono in realtà molta più caffeina di quella indicata, in media il 20% in più (e uno ne ha il 70% in meno).

 

La dose per lattina, come atteso, varia enormemente: si va infatti dai 6 milligrammi di una bibita destinata a chi non vuole caffeina se non in minima quantità, ai 242 di una chiamata Energy Extra Strong. Per dare un’idea, una tazza media di caffè americano da 250 ml ne contiene circa 100 milligrammi e un bicchiere di da mezzo litro 330 mg (mediamente, la quantità giornaliera di caffeina non dovrebbe superare, nell’adulto, i 400 milligrammi, anche se moltissimo dipende dalla corporatura, dalle condizioni di salute, dall’abitudine a bere caffeina e da altri fattori).

A seconda delle marche sono presenti anche altre sostanze stimolanti come guaranà, ginseng e taurina, che ne potenziano l’effetto.

 

Notizie leggermente migliori arrivano invece dal posizionamento delle bevande nei supermercati: di solito sono situate vicino alle bibite dolci e gassate e ai succhi di frutta e solo raramente vicino agli alcolici (associazione molto pericolosa), mentre solo in qualche caso sono esposte vicino alle casse.

 

Gli autori ritengono che la segretezza sulla quantità di caffeina sia da attribuire a strategie di marketing, ma il rappresentante della Monster Beverage Corporation ha dichiarato: «Non c’è alcun obbligo a farlo». Appunto. E ancora: «I nostri prodotti sono assolutamente sicuri e comunque le lattine riportano i richiami alla sicurezza rivolti ai bambini, alle donne in gravidanza e allattamento e a tutti coloro che possono essere sensibili alla caffeina, nonché le raccomandazioni di dose giornaliera».

 

Non tutti pensano che questo basti, almeno nei vari comitati delle autorità sanitarie dei diversi paesi. In Italia, secondo Assobibe la quantità di caffeina contenuta in una lattina di 250 ml è simile a quella contenuta in una tazzina di caffè, la concentrazione massima è pari a 320 mg/l, ed è chiaramente indicata in etichetta, insieme all’indicazione “tenore elevato di caffeina”, per favorire scelte consapevoli.

 

In commercio ci sono una ventina di marchi, e anche se Red Bull è leader di mercato, tutte le multinazionali hanno un energy nell’assortimento, come ad esempio Burn di Coca-Cola.

In Francia gli energy drink sono stati introdotti solo nel 2010, dopo anni di divieto, e vengono attentamente monitorati (negli ultimi mesi sono state segnalate due morti sospette).

È probabile che prima o poi si giunga a una regolamentazione europea, anche se il problema rimarrebbe, poiché gli energy drink sono facilmente acquistabili on line anche dall’estero.

In Italia, con una scelta che ha destato molte polemiche, il Governo Berlusconi ha lanciato un sito informativo insieme ad Assobibe.

 

Agnese Codignola

Foto: Photos.com, Infoenergydrink.it, Monsterenergy.com, Coca-colaitalia.it, Redbull.it

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lauro salvatelli
lauro salvatelli
2 Novembre 2012 10:24

senza parole