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La carne di pollo contaminata dal Campylobacter pari al 70% in Gran Bretagna

Per la prima volta, la Food Standars Agency britannica ha pubblicato le percentuali di carne di pollo risultata contaminata da Campylobacter in Gran Bretagna, indicando anche le catene di supermercati in cui è venduta. La campagna di controllo, iniziata il febbraio scorso duerrà un anno. Sinora, sono stati analizzati 1.995 campioni di carne di pollo in vendita nella grande distribuzione e presso  rivenditori al dettaglio.

L’esito delle analisi effettuate nel primo trimestre avevano indicato una percentuale di carne contaminata da Campylobacter pari al 59%, che alla fine del secondo trimestre è arrivata al 70%, complici anche le alte temperature estive, che favoriscono la riproduzione  del batterio. La percentuale di campioni con livelli molto alti di contaminazione, cioè superiore ai 1.000 cfu/g, è del 18% ( dove cfu/g sta per colony-forming units/gram e indica la carica infettante per grammo). Il 6% degli imballaggi è risultato anch’esso positivo al test.

 

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Il Campylobacter è la più diffusa causa d’infezione alimentare, principalmente da carne di pollame

Per quanto riguarda la percentuale di campioni di carne contaminati da Campylobacter nelle catene di supermercati, in testa c’è Asda con il 78%, seguita da Coop (73%), Morrisons, Sainsbury e Waitrose (69%), Marks & Spencer (67%) e Tesco (64%). La percentuale scende nelle catene di minor importanza come Lidl e Aldi, mentre per i singoli rivenditori al dettaglio ai arriva al 76%. Asda, con il 12%, ha anche la percentuale più alta di imballaggi  con livelli  di contaminazione da Campylobacter.

 

Il Campylobacter è la più diffusa causa d’infezione alimentare, principalmente da carne di pollame, e in Gran Bretagna si stima che colpisca 280.000 persone l’anno. Per abbattere questo batterio, la carne deve essere ben cotta, anche all’interno.

 

Beniamino Bonardi

© Riproduzione riservata

Foto: iStockphoto.com

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Gino
Gino
10 Dicembre 2014 09:04

Vorrei tanto sapere in che situazione siamo in Italia rispetto al Campylobacter