Se negli Stati Uniti tutti i ristoranti esponessero menu con l’indicazione delle calorie dei piatti si potrebbero evitare migliaia di casi e di decessi e risparmiare decine di miliardi di dollari in spese sanitarie. È questo lo scenario prospettato da uno studio condotto dagli esperti della Chan School of Public Health di Harvard e da quelli della Tufts University di Boston, pubblicato su Circulation: Cardiovascular Quality and Outcomes, che fornisce numeri molto convincenti sull’utilità di questo tipo di provvedimento.
Gli autori hanno preso in considerazione i dati dell’indagine di popolazione NHANES sulle calorie assunte nell’arco delle 24 ore (relativi al periodo 2009-2016). Ai dati è stato applicato un modello convalidato di microsimulazione, chiamato CVD-PREDICT, messo a punto dagli statistici di Harvard: per un milione di persone (di età compresa tra i 35 e i 80 anni). La successiva fase è stata una simulazione di ciò che potrebbe accadere se tutte le persone riducessero l’apporto calorico mangiando fuori casa sulla base delle indicazioni caloriche esposte nei menu, e facendo un proiezione di cinque anni oppure per tutta la vita.
Il risultato è stato abbastanza impressionante: nel periodo compreso tra il 2018, anno dell’introduzione delle prime normative sull’obbligo di indicare le calorie (limitato alle catene con 20 o più ristoranti), e il 2023, ci potrebbero essere 14.700 casi in meno di malattie cardiache (con una riduzione di 1.500 decessi), oltre 21.500 nuovi casi di diabete di tipo 2 scongiurati e si potrebbero guadagnare 8.749 anni di vita in buona salute. Protraendo le stime per tutta la vita, i numeri sarebbero ancora più evidenti: oltre 135 mila casi in meno di patologie cardiache (e oltre 27.600 decessi in meno), oltre 99.700 casi di diabete 2 in meno e 367.450 anni di vita in salute guadagnati.
Dal punto di vista economico, poi, si potrebbero risparmiare tra i 10 e i 14 miliardi di dollari all’anno per le cure e tra i 3 e i 5 per i costi sociali legati alle patologie da eccesso di cibo. Il modello è stato applicato con alcune correzioni, per evitare stime eccessive.
I ricercatori hanno considerato che se tutti i ristoranti avessero i menu con le calorie, i clienti ne assumerebbero il 7% in meno. Si tratta di una stima prudente visto che potrebbe essere controbilanciata per circa la metà da altro cibo extra, consumato in altri momenti della giornata. Inoltre hanno considerato le possibili conseguenze sulle ricette: i ristoranti sarebbero indotti a ridurre le calorie offerte e in cinque anni ci potrebbe essere un calo medio del 5%. Anche in questo caso, però, l’effetto potrebbe essere dimezzato dal comportamento dei clienti fuori dal ristorante, ma sarebbe comunque utile. Un simile provvedimento, poi, contribuirebbe a ridurre le disparità sociali, perché le fasce più fragili della popolazione, cioè quelle con redditi e livelli di istruzione inferiori, capirebbero meglio l’effetto di ciò che mangiano.
Naturalmente si tratta di simulazioni, e non di dimostrazioni, basate sul comportamento prima del lockdown, quando ogni giorno gli americani in media ricavavano una caloria su cinque da pasti assunti fuori casa. Ed è probabile che non appena la situazione sarà tornata alla normalità le abitudini si facciano sentire.
Tuttavia, concludono gli autori, che hanno effettuato lo studio nell’ambito dell’iniziativa Food Policy Review and Intervention Cost-Effectiveness (FOOD-PRICE), patrocinata dai National Institutes of Health, queste stime saranno utili quando si dovranno decidere le normative federali per la riapertura: potrebbe essere un ottimo momento per stabilire regole valide per tutti e aiutare tutti a mangiare meglio.
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Giornalista scientifica