Trovare una larva di Anisakis nei filetti di sgombro o di merluzzo che si comprano al supermercato non è un’esperienza piacevole. Per questo esistono contromisure pensate per evitare che pesci contaminati finiscano sui banchi del supermercato o nei piatti serviti al ristorante, oltre ad alcune precauzioni che si possono prendere a livello domestico.
L’Anisakis è un genere di vermi nematodi parassiti, che possono infettare l’uomo risalendo la catena alimentare. Le larve si trovano abitualmente nell’acqua di mare, dove vengono ingerite da piccoli crostacei, a loro volta preda di pesci che possono finire sulle nostre tavole. L’anisakiasi (o anisakidiosi) è la parassitosi causata da queste larve e provoca sintomi che possono essere scambiati per altre malattie dell’apparto digerente (dolori addominali, nausea, vomito, diarrea). Non è chiaro quanti casi di anisakiasi si verifichino in Europa: alcuni ricercatori ipotizzano 500 casi ogni anno, ma è molto probabile che il numero sia sottostimato. Uno studio più recente aveva stimato per la Spagna circa 8 mila infezioni annue!
Le larve di Anisakis, lunghe tra 1 e 3 cm, possono essere viste a occhio nudo e infettano facilmente alcune specie ittiche. Il pesce spatola contiene quasi sempre il parassita. Anche il suro nel 95% dei casi è contaminato, seguito dal lanzardo (75%), ma anche da specie più conosciute come lo sgombro (71%), il merluzzo (40%), il totano (22%), le alici (17%), la triglia (10%), il cefalo (9%) e la sardina (1%).
Per prevenire incidenti, il pesce venduto crudo eviscerato, sfilettato o porzionato, viene sottoposto a ispezioni visive, a campione o in maniera continuativa a seconda del metodo di lavoro (meccanico o manuale). Il parassita infatti si annida negli organi della cavità addominale. Un controllo visivo viene condotto anche su filetti e tranci dopo il porzionamento (1).
Quando il pesce è destinato a essere consumato crudo, marinato, salato o trattato in maniera tale da non garantire l’uccisione del parassita, è previsto un abbattimento della temperatura fino a -20°C per almeno 24 ore o a -35°C per 15 ore (2) in modo da neutralizzare le larve. La legge prevede che nelle pescherie e nei supermercati debba essere comunque esposto il seguente avviso per i consumatori (3):
INFORMAZIONI AL CONSUMATORE PER UN CORRETTO IMPIEGO DI PESCE E CEFALOPODI FRESCHI
In caso di consumo crudo, marinato o non completamente cotto il prodotto deve essere preventivamente congelato per almeno 96 ore a -18 °C in congelatore domestico contrassegnato con tre o più stelle.
“In casa, quando si vuole servire a tavola pesce crudo, oppure procedere con una ricetta di pesce marinato – precisa Valentina Tepedino veterinaria direttrice della rivista Eurofishmarket – occorre congelarlo preventivamente per 96 ore a -18°C. Acqua, sale e ingredienti come aceto, vino o limone non sono sufficienti per uccidere le larve di Anisakis che arriverebbero vive nell’intestino. La maggior parte dei casi di anisakiasi registrati in passato in Italia, prima della diffusione del sushi, erano causati proprio dal pesce marinato”.
La conservazione sotto sale è invece un ottimo metodo per eliminare il rischio, a patto che si prendano alcune precauzioni: il sale deve essere utilizzato in concentrazione dell’8/9% e il prodotto deve essere consumato solo dopo sei settimane dalla preparazione (il tempo massimo di sopravvivenza delle larve in queste condizioni). Chi vuole essere ancora più sicuro, può congelare il pesce prima della preparazione sotto sale.
L’affumicatura a caldo (70/80°C per 3-8 ore) è un altro buon metodo per uccidere le larve, mentre quella a freddo, sempre più utilizzata per pesci come il salmone e sdoganata anche per l’uso domestico, non è in grado di bonificare il prodotto. Ancora una volta, è consigliato un trattamento preventivo in congelatore prima dell’affumicatura a freddo.
Il metodo migliore per uccidere l’Anisakis resta la cottura: secondo alcuni studi è sufficiente un minuto a 60°C per distruggere tutte le larve eventualmente presenti. Quando ci si mette ai fornelli, però, è necessario tenere conto anche delle dimensioni del filetto, del trancio o addirittura del pesce intero che si sta cucinando: per esempio, un trancio spesso 3 cm richiede 10 minuti di cottura a 60°C.
Tutti i consigli per ridurre il rischio Anisakis in cucina sono contenuti in un documento redatto dal Centro di referenza nazionale per le anisakiasi (Crena) scaricabile qui.
Note:
(1) Ispezioni previste dal regolamento europeo 2074/2005, allegato II – prodotti della pesce, sezione I – obblighi degli operatori di settore
(2) Regolamento CE 853 del 2004, allegato III, sezione VIII – prodotti della pesca, che definisce gli adempimenti in materia di parassiti
(3) Decreto legge n°158 del 13 settembre 2012, convertito nella legge n°189 dell’8 novembre 2012: all’articolo 8 “Norme in materia di sicurezza alimentare e di bevande” impone l’esposizione del cartello informativo come stabilito dal Decreto ministeriale del 17 luglio 2013.
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Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.
Ma l’anisakis è anche nelle ostriche?
Non ci risulta