Mangiare più frutta e verdura significa fare qualcosa di buono per la propria salute e scongiurare il rischio obesità. Lo ha ribadito – se ce ne fosse stato bisogno – un recente rapporto della National Fruit and Vegetables Alliance (NFVA), l’organismo creato nel 2001 per aumentare il consumo dei vegetali negli Stati Uniti. Purtroppo, in nove anni di attività, i risultati dell’Alliance non sono granché incoraggianti, se è vero che i consumi di frutta e verdura degli americani rimangono ben al di sotto dei livelli raccomandati: solo l’8% di chi vive negli States aggiunge gli obiettivi di consumo ottimale di frutta e solo il 6% mangia abbastanza verdura. L’aggravante è che non si parla solo di ortaggi e frutti freschi: nel rapporto sono stati considerati anche i consumi di verdura pronta, surgelata, in scatola e perfino i succhi 100% frutta. Altrimenti ci troveremmo di fronte a percentuali ancora più basse. Inutile dire che gli otto Stati con il consumo più basso di frutta e verdura sono anche quelli con i più alti indici di obesità.

Il rapporto porta alcune attenuanti: per esempio il fatto che i consumi dei bambini siano in leggera crescita. O come la scelta di alcune grandi catene di fast food di introdurre nei propri menù frutta e verdura. Ma è una magra consolazione. L’obiettivo dovrebbe essere – dice il rapporto – fare delle case degli americani, delle scuole e dei posti di lavoro luoghi dove mangiare frutta e verdura sia la scelta più facile e naturale.

Quale il motivo del mancato feeling tra vegetali e popolo americano? Innanzi tutto bisogna dire che il cibo spazzatura è meno costoso rispetto al fresco, si conserva meglio ed è  progettato per avere un sapore accattivante. Oltre a ciò bisogna considerare la martellante pubblicità televisiva. Di contro, nell’immaginario degli americani, frutta e verdura sono percepiti come alimenti insipidi e noiosi. Ma soprattutto, i frutti della terra non sono paragonabili agli alimenti industriali, perché non hanno un marchio e non possono essere pubblicizzati (un problema che avvertiamo anche in Italia dove  però esistono diversi   prodotti ortofrutticoli con una  marca come Melinda, Marlene, Melapiù, Melavi…. Oltre a ciò l’Italia, essendo la patria delle dieta Mediterranea, può contare su produzioni locali certificate di altissimo livello Dop come la cipolla di Tropea, la ciliegia di Vignola … Come a dire, non un banale frutto anonimo e noioso, ma una ciliegia col pedigree.

Il problema più grave, tuttavia, sembra essere la “scollatura” tra la politica agricola e quella sanitaria targate Usa. La percentuale più alta delle sovvenzioni statali va a nutrire mucche, polli e maiali, che si trasformeranno in carne, e non a sostegno dell’agricoltura. Colpa della richiesta del mercato, che però viene sapientemente indirizzata dalla potentissima lobby dei fast food.

Alberta Cremonesi

 

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