L’acrilammide è una sostanza tossica che si forma durante i processi di cottura ad alte temperature (frittura, forno, griglia, tostatura, oltre 120°C), ed è presente in vari alimenti, in particolare quelli che contengono amido. È famosa da quando, otto anni fa, alcuni scienziati svedesi l’hanno trovata in dosi consistenti nelle patatine fritte, nelle fette biscottate e nei biscotti, nel caffè. Per l’Oms è potenzialmente dannosa per la salute, ma nell’Unione Europea non c’è una legge che ne regolamenta la presenza e tutto è lasciato alla buona volontà delle industrie produttrici.
Il settimanale Il Salvagente nel numero 4/2011 ha dedicato un articolo di Barbara Liverzani alla questione, prendendo spunto da un test francese sui cereali per la prima colazione per bambini, condotto dalla rivista francese 60 millions de consummateurs. Quattro prodotti – di cui due venduti anche in Italia – hanno livelli di guardia di acrilammide, circa 200 mcg per chilo. Non c’è una quantità limite stabilita per legge, ma queste superano il livello medio europeo registrato dall’Efsa (Agenzia europea per la sicurezza alimentare) per i cereali.
Acrilammide e salute
Non c’è una prova che colleghi l’ingestione di acrilammide all’insorgenza di tumori nell’uomo (ma c’è per gli animali da laboratorio): gli studi sono contraddittori, e perciò l’Efsa non prende una posizione definitiva né la Commissione UE fissa regole per l’industria o una soglia massima. Le aziende possono autonomamente fare interventi precauzionali: in particolare la Confederazione europea delle industrie agroalimentari (Ciaa) ha messo a punto delle linee guida rivolte alle aziende per modificare le ricette e i processi di lavorazione, così da ridurre la formazione del composto. L’Efsa ha anche avviato un monitoraggio (1) (nel 2007, 2008 e 2009, quest’ultimo non ancora pubblicato) sui livelli di acrilammide presenti in 22 gruppi di alimenti forno da paesi Ue e dalla Norvegia. Così, nel tempo, in effetti in alcuni prodotti (pane, brioche, patatine) il contenuto di acrilammide è calato, ma in altri è rimasto uguale o addirittura è aumentato.
Le raccomandazioni
La Commissione Europea, a sua volta, lo scorso 10 gennaio ha pubblicato una serie di raccomandazioni relative alle indagini sull’acrilammide nei cibi, riassumendo quanto fatto fin qui in Europa, e chiedendo agli Stati membri di condurre ulteriori ricerche nella produzione e nei metodi usati dalle aziende alimentari per gli alimenti in cui il livello di acrilammide superi i valori di riferimento annessi alla raccomandazione stessa (2). Le indagini dovrebbero comprendere le procedure Haccp per l’analisi dei punti critici o metodi simili per individuare le fasi del ciclo produttivo cruciali per la formazione di acrilammide, e la verifica se siano state messe in atto misure appropriate per contenerla.
Usare olio d’oliva (ha un più alto punto di fumo) nuovo per ogni frittura, cuocere l’alimento il più velocemente possibile (basta che sia dorato e croccante, senza che diventi scuro), lasciare a mollo le patate per almeno 30 minuti prima della cottura perché perdano amido sono semplici accorgimenti che si possono attuare anche in casa per ridurre la formazione di acrilammide nella preparazione delle patatine fritte.
Acrilammide nei cereali
Per altro, per tornare alla grande industria, nel test di 60 Millions de Consommateurs sui cereali per la colazione i risultati sono molto vari: si va da meno di 30 mcg per kg a 256 mcg/kg. Degli otto cereali per bambini venduti anche in Italia, tre mostrano livelli critici: Crunch al cioccolato Nestlé (221 mch/kg), Cronfield Choco puffs Lidl (192 mcg/kg) e Chcapic Nestlé (138 mcg/kg). Sono quantità modeste, se paragonate a quelle presenti in altri alimenti, però preoccupanti se consumate dai bambini. E dato che il principio di precauzione al momento è l’unico valido, meno acrilammide c’è, meglio è. Tra l’altro, anche l’Efsa ha registrato una media di 152 mcg/kg nel 2007 e 170 mcg/kg nel 2008, valori più bassi di quelli dei cereali peggiori nel test.
La Nestlé, interpellata dal Salvagente, ha richiamato la recente raccomandazione della Commissione europea cha ha indicato, in base al monitoraggio dell’Efsa, 400 mcg/kg come valore di riferimento per l’acrilammide nei cereali per la prima colazione, sottolineando come i suoi prodotti sono ben al di sotto. Il Salvagente si domanda allora come mai, se il livello medio registrato dall’Efsa nei cereali è 170 microgrammi per chilo, la Commissione europea indica come valore di riferimento per le aziende un limite più che doppio?Una domanda legittima, che non si può non condividere.
Mariateresa Truncellito
Per saperne di più
(1) Results on acrylamide levels in food from monitoring year 2008: http://www.efsa.europa.eu/it/efsajournal/pub/1599.htm
(2) Valori indicativi per l’acrilammide della Commissione UE in base ai monitoraggi Efsa 2007-2008:
Patate fritte 600 mcg/kg
Patatine fritte 1000 mcg/kg
Pane 150 mcg/kg
Cereali per la prima colazione 400 mcg/kg
Biscotti, cracker, wafer, salatini 500 mcg/kg
Caffè 450 mcg/kg
Caffè solubile 900 mcg/kg
Alimenti per la prima infanzia 80 mcg/kg
Biscotti per la prima infanzia 250 mcg/kg
Cibi per la prima infanzia a base di cereali 100 mcg/kg
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