Conviene utilizzare una soluzione a base di acido acetico e acqua ossigenata (acido peracetico) per decontaminare la carne subito dopo la macellazione? L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) sta valutando questa ipotesi, che viene ampiamente utilizzata negli USA dove l’impiego di questa soluzione disinfettante – secondo le autorità sanitarie – non comporta ripercussioni per la salute dei consumatori. La questione è di attualità visto che trattare la carne con una soluzione disinfettante chiamata acido peracetico, è un metodo efficace per ridurre la carica superficiale dei microrganismi patogeni presenti nelle carni dopo la macellazione.
Le alternative sono due, immergere la carcassa del pollo in una vasca con il disinfettante – metodo più efficace – oppure spruzzare la soluzione sulla carne. L’opinione scientifica pubblicata dall’EFSA potrebbe essere un primo passo verso l’autorizzazione del trattamento in Europa, anche se gli esperti invitano a trovare un modo per limitare la diffusione nell’ambiente di uno stabilizzante presente nel liquido considerato potenzialmente tossico (l’acido etidronico noto anche con la sigla HEDP).
In attesa di ulteriori sviluppi (quello espresso dall’EFSA è solo un ‘parere’ non ancora tradotto in autorizzazione) abbiamo chiesto ad Antonello Paparella, ordinario di Microbiologia alimentare presso l’Università degli studi di Teramo, se e quanto il trattamento incida sulla sicurezza alimentare.
Quanto è diffuso l’utilizzo di acido peracetico?
Questa sostanza è molto impiegata per la sanificazione degli impianti industriali che usano il sistema CIP (a circuito chiuso), ad esempio nell’industria casearia. Si tratta di soluzioni generalmente irritanti e relativamente instabili ad alta temperatura. Anche per questo motivo sono utilizzate di solito in impianti chiusi e di notte, proprio per evitare il contatto diretto con i lavoratori. In Italia nei macelli avicoli l’impiego diretto sulle carni non è autorizzato. Per questo si utilizzano altre tecniche di sanificazione ambientale finalizzate a ridurre la contaminazione nello stabilimento e non quella del prodotto. L’unico decontaminante sinora autorizzato nell’industria delle carni è l’acido lattico, limitatamente alle carni bovine al macello.
Si tratta di un acido irritante, nocivo e corrosivo per alcuni metalli. A mio avviso, le ragioni che allo stato attuale non consentono ancora di autorizzare questa miscela disinfettante sono tre.
La prima riguarda il principio di precauzione su cui si basa la normativa europea e quindi italiana, grazie al quale non si utilizza una sostanza fino a che non viene dimostrata la sua sicurezza. Almeno un componente della miscela e cioè lo stabilizzante HEDP merita attenzione perché può essere tossico, a seconda delle concentrazioni immesse nell’ambiente. Il principio di precauzione europeo è in antitesi con il principio GRAS (Generally Regarded as Safe), che rappresenta una pietra miliare nel diritto alimentare statunitense. Secondo questo principio viene autorizzato tutto ciò che può essere ritenuto sicuro, nella misura in cui non sia dimostrabile la sua tossicità.
La seconda ragione è rappresentata dall’assenza di metodi analitici per dosare il residuo di HEDP nelle carni, necessari per poter gestire questo trattamento come punto di controllo critico, come richiesto dalla normativa europea per i trattamenti di decontaminazione. A tal proposito, la stessa ditta produttrice dell’HEDP fornisce una scheda tecnica lacunosa, in cui non si riportano i dati sull’impatto ambientale.
La terza motivazione è di carattere pratico, perché in un ambiente come il macello avicolo, con alta velocità di catena, un trattamento applicato lungo la linea è raramente compatibile con la corretta applicazione dei dispositivi di protezione individuale, in particolare con l’uso di occhiali, mascherine e guanti necessari per la protezione degli operatori, che sarebbero esposti a vapori irritanti.
Quindi non è così sicuro, nonostante il parere dell’EFSA?
Finché non sarà disponibile un metodo analitico, sarà difficile calcolare l’impatto ambientale di questa sostanza. Il documento Efsa dice che l’immissione nell’ambiente di HEDP non può essere considerata sicura a priori. Per ora conosciamo la concentrazione nella soluzione utilizzata a monte, ma dopo il lavaggio e soprattutto dopo il trattamento delle acque reflue non sappiamo quanto ne rimane.
Quali sono le alternative?
La richiesta di analisi e controllo sui possibili effetti nocivi dell’acido peracetico proviene dagli Stati Uniti, dove è ampiamente utilizzato come decontaminante. Il loro interesse deriva probabilmente dalla necessità di favorire l’esportazione delle loro carni verso l’Europa. Dal mio punto di vista sono convinto che sia meglio investire in azioni che puntino alla prevenzione. Prima di autorizzare nuovi decontaminanti, bisognerebbe chiedersi se non sia possibile fare qualcosa per controllare meglio l’ambiente di lavoro e le condizioni igieniche dell’allevamento. Sostituire la prevenzione con un decontaminante produce lo stesso effetto di un airbag potente in un’auto dalle prestazioni di frenata scarsa, perché l’incidente avverrà comunque. Non sarebbe meglio migliorare la qualità del veicolo per mantenere incolume il conducente?
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redazione Il Fatto Alimentare
Premetto che non sono un produttore di polli, però non sono d’accordo con la tesi e le conclusioni di questo articolo.
Stiamo parlando di acido peracetico, esso degrada in acido acetico e non lascia residui. Anzi, li lascia, ma sono termolabili.
contestazione sull’irritazione degli operatori:suppongo che un’azienda alimentare “per evitare il contatto diretto con gli operatori” abbia delle procedure dedicate, ma mica si vogliono disinfettare gli operatori ma i polli! e prima che le normali procedure igieniche c’è la 81/08 che ne prescrive la gestione del rischio.
Perdona il sarcasmo ma non vedo molecola più semplice a parità di efficacia.
Poi, ce ne fosse un residuo tu stesso dici che “degrada ad alta temperatura”. Perfetto, mai nessuno mangia un pollo crudo.
Perdona il tono polemico, ma cosa vogliamo usare per disinfettare, citrato d’argento?
Scusate l’ignoranza ma dato che nessuno mangia il pollo crudo a che cosa serve disinfettarlo? Questa pratica di disinfettare la carne sarebbe a vantaggio del consumatore perché esiste un reale problema di contrarre infezioni per la carica batterica residua sulla carne o é un vantaggio per il produttore che così allungherebbe la scadenza della carne?
Un alimento crudo con un’elevata carica batterica in giro nei supermercati , in casa non è il massimo. Esiste la cross contamination da non sottovalutare
Si, ma i dati sui problemi causati dalla cross contamination della carne di pollosono davvero così allarmanti? A me la prima cosa che viene in mente sono le infinite possibilità che si aprono ai produttori di carne scadente. Disinfettare la carne mi fa pensare a quanto potrebbe peggiorare la qualità del lavoro che viene effettuato sulle carni e sulla qualità della carne stessa. Buone pratiche di macellazione non possono già ridurre i rischi di cross contamination?
concordo pienamente con il sig. David, ero responsabile A.Q. in industria Casearia e Agroalimentare e l’acido peracetico si è dimostrato ottimo disinfettante e sanificante.
Se ho capito bene, il problema non è legato all’acido peracetico in sé, ma ad uno stabilizzante che gli viene aggiunto, l’acido etidronico (HEDP). E’ di quest’ultimo che non si conosce con precisione la posibile tossicità
Il campylobacter ringrazia sentitamente.