Ogni anno, nella prima settimana di ottobre, l’accademia svedese assegna i premi Nobel per le discipline scientifiche. Un paio di settimane prima, da diversi anni, l’associazione Improbable Research, fondata 35 anni fa da un gruppo di ricercatori di Boston, assegna gli IgNobel, un gioco di parole che suona come ‘ignobile’, anche se il motto dell’associazione è: “studi che fanno prima ridere… e poi pensare”. Si tratta di ricerche apparentemente assurde, ma che invece hanno un fondamento, dal punto di vista scientifico. Lo scopo è mostrare la creatività degli scienziati e trasmettere il messaggio che la scienza può essere molto divertente. I candidati al premio, per sottolinearlo, di solito si travestono con costumi di vario tipo e organizzano performance dal vivo, regalando momenti di autentico spasso.
Quest’anno l’associazione ha assegnato l’IgNobel per la fisica a un gruppo di fisici italiani (Giacomo Bartolucci, Daniel Maria Busiello, Matteo Ciarchi, Ivan Di Terlizzi e Vincenzo Maria Schimmenti), che lavorano al Max Plank Institute for Complex Systems di Dresda, in Germania, e alle Università di Padova e Barcellona, che hanno descritto nei minimi particolari il comportamento del condimento per la pasta cacio e pepe, con particolare attenzione alla transizione di fase del Pecorino Romano da solido a fluido, momento delicatissimo.
La cacio e pepe perfetta
Com’è noto, la ricetta prevede solo pecorino, pepe e acqua di cottura, ma l’aggiunta di acqua, se non gestita correttamente, può portare alla formazione di grumi, con effetti chiamati ‘mozzarella’ particolarmente spiacevoli. Il team ha quindi deciso di svelare, con un articolo pubblicato sulla piattaforma Arxiv della Cornell University, un trucco che molti italiani conoscono: l’aggiunta di amido di mais, per favorire la formazione dell’emulsione acqua-pecorino.
Accorgimento che però molte persone non attuano correttamente. Per spiegare come fare, i fisici hanno elaborato una ricetta molto semplice e precisa, illustrata anche in un video (vedi sotto), che dovrebbe mettere al riparo dal rischio dei temutissimi grumi. In sintesi, hanno scoperto che l’amido non va messo nell’acqua di cottura, ma sciolto a parte in una concentrazione non inferiore all’1% e non superiore al 4% (l’ideale è 2-3% in peso del formaggio). Così preparata, la soluzione è molto stabile e può essere mischiata a pecorino e poi scaldata a 80-90°C senza che si formino i grumi. In questo modo, unendo l’emulsione alla pasta, e aggiungendo il pepe, il piatto può essere servito caldo, e dare il meglio di sé.
Dalle cene con amici al laboratorio
Come ha raccontato Di Terlizzi in un’intervista a Physics Magazine, l’idea è venuta perché, quando i ricercatori invitavano gruppi numerosi di amici, proponevano sempre piatti italiani tipici come gli spaghetti alla carbonara o alla puttanesca, ma mai la pasta cacio e pepe, altrettanto nota. Interrogati sul perché, rispondevano che era quasi impossibile prepararla per molte persone: i rischi di grumi erano troppo alti. Ma poi, in quanto scienziati, hanno cercato di superare gli ostacoli posti dal troppo calore necessario per cucinare per numerosi ospiti. E hanno trovato la soluzione: l’aggiunta di amido a parte, che permette di non superare temperature incompatibili con la crema di formaggio. Alla cerimonia, svoltasi nei giorni scorsi a Boston, i fisici-cuochi si sono esibiti nella preparazione della pasta.
Gli altri IgNobel ‘alimentari’
Nella sezione Pace l’associazione Improbable Research ha premiato anche studi sulla pronuncia di lingue straniere da parte di olandesi sobri e dopo l’assunzione di alcolici; per la Nutrizione, invece, ha vinto uno studio su alcune lucertole che preferiscono mangiare certi tipi di avanzi di pizza e non altri nei resort delle spiagge del Togo. Il tutto tra le risate e gli applausi fragorosi del pubblico. Una parentesi di serenità di cui la comunità scientifica, in questo momento, ha molto bisogno. E di cui chi aspira alla pasta cacio e pepe perfetta può giovarsi.
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Giornalista scientifica


Grazie, grazie a tutti gli attori, in primo luogo agli scienziati, quindi agli organizzatori dell’ignobel e al vostro giornale. La scienza spiritosa è 2 volte scienza: giova alla conoscenza e alla salute.
Ok, perfetto, ci sta tutto per carità. Lo spirito e la goliardia sono sempre piacevoli e, soprattutto alleggeriscono l’umore, quindi, ripeto, va benissimo. Però, mi piacerebbe proporre un premio IgNobel anche per gli Ammerecani, che, più o meno tutti, hanno la presunzione di mettere bocca su qualsiasi argomento si tratti, come se la loro storia pregna di cultura (maddechè?) e chissà cos’altro li possa autorizzare addirittura ad ironizzare…sulla cucina Italiana poi… Ma, dico, sono consapevoli di quello che mettono sulle loro tavole quando mangiano???