Il TFA non si trova solo nell’acqua, ma anche nel vino. Lo rivela la recente indagine Message from the Bottle di Pesticide Action Network (PAN) Europe, che ha portato alla luce l’aumento ‘drammatico’ nei vini imbottigliati dei livelli di acido trifluoroacetico, una piccola molecola derivata dalla degradazione di sostanze chimiche florurate (come PFAS e gas fluorurati), che persiste a lungo nell’ambiente e negli organismi biologici, e che è sospettata di essere tossica per la riproduzione. Studi precedenti avevano già evidenziato l’esistenza in Europa di un’estesa contaminazione di fiumi, laghi, falde, acqua potabile e persino la pioggia.
Lo studio
L’associazione ha portato in laboratorio 49 vini bianchi e rossi provenienti da 10 Paesi europei (compresa l’Italia), di cui 10 appartenenti ad annate comprese tra il 1974 e il 2015, e 39 dal 2015 in poi. Le analisi condotte hanno rivelato una tendenza chiara e preoccupante: i vini imbottigliati prima del 1988 non contengono tracce di TFA, in quelli di annate successive i livelli cominciano a salire, fino a mostrare un aumento impressionante nei vini imbottigliati dal 2010 a oggi.
Le bottiglie più recenti contengono in media 110 microgrammi per litro (µg/l) di TFA, con un picco di 320 µg/l in un vino bianco austriaco. Una conferma del rapido aumento dei livelli di questa sostanza nel vino arriva anche dai dati ufficiali raccolti nel 2017 dal Laboratorio di riferimento del CVUA di Stoccarda. Otto anni fa 27 vini europei avevano in media 50 µg/l di TFA, con un massimo di 120 µg/l: ciò significa che la contaminazione è cresciuta velocemente negli ultimi anni. Secondo Helmut Burtscher-Schaden, chimico ambientale, questi livelli indicano un accumulo massiccio di TFA nelle piante.
Da dove arriva tutto questo TFA?
I dati di PAN Europe puntano il dito contro i pesticidi PFAS: l’acido trifluoroacetico deriva spesso dalla degradazione degli PFAS. I vini con le più alte concentrazioni di TFA, infatti, erano anche quelli con i livelli più alti di pesticidi, il doppio rispetto ai vini che contenevano meno acido trifluoroacetico. Tra i 18 pesticidi identificati, poi, erano presenti anche due fungicidi PFAS, il fluopiram e la fluopicolide. Il 94% dei vini da agricoltura convenzionale contenevano fino a otto residui di pesticidi. Tuttavia, nonostante la maggior parte (quattro su cinque) dei vini biologici non presentasse tracce di pesticidi, questi contenevano comunque TFA: probabilmente derivato da terreni e acque di irrigazione contaminate.
“Questi risultati – ha dichiarato Salome Roynel, di PAN Europe – sono un chiaro segnale per l’UE. Le sostanze che rilasciano TFA nell’ambiente devono essere subito rimosse dal mercato”. Alla luce di questi risultati l’associazione chiede infatti un bando immediato ai pesticidi PFAS e ai gas fluorurati (un’altra fonte di TFA), un programma di monitoraggio dei livelli nei prodotti alimentari e un approccio regolatorio precauzionale che riconosca le lacune nei dati tossicologici e i potenziali rischi per la salute pubblica.
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Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.

Un tempo (anni ’50?) in agricoltura si usavano gli arseniati per combattere gli insetti dannosi per le piante. Ancora oggi, dall’analisi dei mieli che vengono fatte sui mieli presentati nei concorsi di qualità, si ritrovano residui forse accettabili di tali arseniati. Questo malgrado siano decenni che gli arseniati non vengano più utilizzati.
Ora abbiamo nuovi e parecchi prodotti che possono danneggiare la salute umana, ma al contrario del passato, mi pare che la considerazione della pericolosità da parte delle istituzioni che ci dovrebbero proteggere, si sia fatta meno presente.
Mala tempora currunt!!!
Grazie
È drammatico il segnale reale che ci viene fornito da questa indagine concreta sui vini. Bisognerebbe sapere quali sono i vini italiani bevuti da noi italiani, soprattutto!
E tutte le associazioni e consorzi vitivinicoli italiani, dico x noi italiani, dove cavolo erano e sono e cosa fanno? Sono zitti e muti pur di non disturbare i loro soci ??!! Capace ora si risentiranno, salteranno sulla sedia o taceranno ancora a danno dei cittadini clienti!!
Dovreste voi come Fatto Alimentare promuovere una Vs indagine su questa truffa con l’aggravante della nocività per la vita della persone!!
Iniziamo ad analizzare campioni di vino in tutta Italia a partire dai vini più commerciali e pubblicizzati che molti italiani acquistano per ordinario bere quotidiano anche per mancanza di denaro – e promossi dal marketing, su su fino ai più eccellenti. E vediamo come i politici- dal ministero in giù- reagiscono e come si attivano per dare a noi
cittadini-clienti prodotti sani ?!
Posto che trovo che facciate un lavoro immane insostituibile ed encomiabile sempre, avrei piacere di conoscere ( come quasi sempre fate) l’ elenco di questi vini , sicuramente quelli italiani, ma volendo anche di tutti i vini e gli stati in cui sono commercializzati.
Ad maiora sempre.
Se il controllo sul TFA è affidato agli attuali Ministeri della Salute e dell'”Agricoltura” continueremo tranquillamente ad assumere TFA contenuto nelle bottiglie di vino. Occorre subito un’inchiesta del beneamato Report televisivo!
ottimo articolo, notizie molto importanti, ma incomplete e fuorvianti le conclusioni, diventa assolutamente necessario che ogni volta che si propone, motivatamente, come in questo caso, ” il bando immediato ai pesticidi PFAS e ai gas fluorurati”, si aggiunga: “esteso, ovviamente, “alle importazioni di prodotti similari da TUTTI i Paesi che che non abbiano adottato, e fatto rispettare, un analogo bando”.
Questo, al fine di non danneggiare gravemente la nostra agricoltura, come avvenuto nel recente passato, per cui iniziative molto utili e importanti, come questa, hanno poi sortito l’effetto opposto, a seguito delle rivolte degli agricoltori che non potevano non incontrare il consenso dei politici, vista la grave discriminazione implicitamente attuata nei confronti delle nostre produzioni, comprese quelle industriali, in cui principi giusti, ma discriminatori, nel senso che interessavano solo i paesi europei, hanno avuto gravissimi effetti sulla produzione industriale.