Bicchiere di acqua frizzante su sfondo grigio acqua minerale bicchiere di vetro

Non ci sono solo le sostanze perfluoro alchiliche o PFAS a contaminare le acque superficiali e quelle delle falde e, quindi, l’acqua potabile. Un altro composto, loro metabolita, è anch’esso quasi ubiquitario in Europa, senza che le conseguenze sulla salute siano del tutto note, e senza che le attuali norme ne tengano conto: l’acido trifluoroacetico o TFA. Questa sostanza è un derivato dell’acido acetico nel quale tre atomi di idrogeno sono sostituiti da altrettanti atomi di fluoro, e si forma dagli PFAS per degradazione. Come accade con gli PFAS, il legame tra carbonio e fluoro conferisce al TFA un’estrema stabilità, ed è quindi anch’esso considerato “perenne”.

A denunciarne la presenza nelle acque potabili è ora un rapporto della Pesticide Action Network (Pan Europe) intitolato TFA: la sostanza chimica perenne nell’acqua che beviamo, nel quale sono stati analizzati 55 campioni di acqua potabile di 11 Paesi (tra i quali non c’era l’Italia) e si è visto che il TFA era presente nel 94% di essi.

I risultati dell’indagine

Nell’analisi gli studiosi hanno verificato 36 campioni di acqua potabile, e il risultato è stato che 34 di essi contenevano TFA, in concentrazioni estremamente variabili: da 20 a 4.100 nanogrammi per litro (ng/l), per una media di 740 ng/l. Solo il 6% delle acque di rubinetto analizzate non conteneva TFA. Per confronto, un’indagine precedente sempre di Pan Europe, aveva rilevato concentrazioni medie pari a 1.220 ng/l, quindi assai più elevate, nelle acque di fiumi e laghi.

Per controllare quanto la contaminazione fosse arrivata in profondità, sono stati poi analizzati anche 17 campioni di acqua minerale e due di acqua di sorgente, e il risultato è stato sovrapponibile al precedente, anche se leggermente migliore. Dodici dei 19 campioni contenevano infatti TFA, in concentrazioni medie pari a 278 ng/l (comprese in un range che variava da “al di sotto dei limiti strumentali” a 3.200 ng/l).

Infine, uno dei dati più interessanti e preoccupanti, ai fini anche delle legislazioni da varare: analizzando 24 PFAS in quattro dei campioni nei quali era stato dosato il TFA, e attribuendo loro una percentuale relativa, si è visto che il TFA costituiva il 98% dei cosiddetti PFAS totali in tutti i campioni. Il fatto non stupisce, visto che il TFA si forma da diversi PFAS, ma dovrebbe rappresentare una motivazione in più per includere questa sostanza negli elenchi degli PFAS che dovranno entrare a far parte del bilancio totale.

Primo piano della mano di una donna mentre riempie una borraccia con l'acqua del rubinetto in una calda giornata estiva. Italia, Europa PFAS
Il TFA, derivato dagli PFAS dei pesticidi e dai gas fluorurati, si ritrova quasi ovunque nelle acque

La scarsità di studi e l’assenza di valori soglia nell’acqua

Il TFA, derivato dagli PFAS dei pesticidi e dai gas fluorurati, si ritrova quasi ovunque nelle acque. È quindi sorprendente che ci siano pochissimi studi dedicati; peraltro, due di quelli disponibili mostrano conseguenze negative simili a quelle degli PFAS di un’esposizione cronica e in particolare sul sistema riproduttivo molto, sebbene associate a concentrazioni più elevate.

Manca poi del tutto un quadro di riferimento: non esiste alcun valore massimo indicato per le acque potabili. Qualcosa potrebbe cambiare nel 2026, quando in Europa potrebbe entrare in vigore un limite per gli PFAS totali (500 nanogrammi per litro per l’insieme degli PFAS), ma resta da capire se il TFA rientrerà nell’elenco degli PFAS considerati. Se oggi fosse già così, metà dei campioni di acqua del rubinetto analizzati sforerebbe i limiti.

Dagli PFAS al TFA

Per il momento, le uniche indicazioni sono quelle fornite da alcune agenzie per la sicurezza alimentare. Come riferisce ancora PAN Europe, secondo la valutazione dell’EFSA del 2016, il valore tollerabile per l’essere umano è di 50 microgrammi (µg) di TFA per chilogrammo (kg) di peso corporeo al giorno. Secondo quella dell’Agenzia federale tedesca per l’ambiente (BfR) del 2020 la stessa è di 12,5 µg/kg/giorno.

L’Istituto nazionale olandese per la salute pubblica e l’ambiente (RIVM) nel 2023 ha invece indicato una dose giornaliera tollerabile molto più bassa, di soli 0,32 µg/kg/giorno, sulla base dello stato attuale delle conoscenze e supponendo che il TFA abbia un profilo tossicologico paragonabile a quello di altri PFAS più studiati. Questa ipotesi sarebbe supportata anche da un recente studio di Bayer sulla tossicità riproduttiva del TFA nei conigli, dal quale sono emerse gravi malformazioni fetali. Anche in conseguenza di questo, il BfR ha proposto di classificare il TFA come tossico per la riproduzione.

L’agenzia olandese, inoltre, ha proposto un valore-soglia per l’acqua potabile di 2.200 ng/l. Solo due dei 55 campioni di acqua testati nel monitoraggio erano al di sopra di tale valore, ma è evidente che i dubbi e i timori restano, soprattutto fino a quando non saranno condotti studi molto più approfonditi.

Le richieste di PAN Europe

Per questi motivi PAN Europe chiede ai governi di agire con una serie di misure urgenti, tra le quali il divieto immediato dei pesticidi con PFAS, il divieto immediato dei gas fluorurati, e la definizione di un limite massimo di TFA nell’acqua potabile a livello europeo.

Conclude Sara Johansson, Senior Policy Officer per la prevenzione dell’inquinamento idrico presso lo European Environmental Bureau (EEB): «Da una prospettiva legale, il TFA è stato e rimane finora una sostanza chimica ‘invisibile’. La mancanza di standard di qualità per le acque sotterranee o superficiali e l’assenza di un limite TFA per l’acqua potabile hanno portato a una contaminazione chimica diffusa che è passata inosservata. Con l’aggiornamento degli standard di inquinamento idrico regolamentati dalla Direttiva quadro sulle acque, questo potrebbe cambiare: le istituzioni europee hanno ora l’opportunità di stabilire il percorso per la protezione delle acque, lo devono ai loro cittadini. Le persone hanno diritto a un’acqua sana».

© Riproduzione riservata. Foto: Depositphotos.com

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Mirko
Mirko
22 Luglio 2024 15:43

Sbaglio o non si fa altro che ripetere fino allo sfinimento che dobbiamo diminuire il consumo di acque in bottiglia e preferire il consumo dell’acqua di rubinetto? Sì perché l’acqua del rubinetto è sicura. Nella mia città una parte della tubazione dell’acquedotto è stata dichiarata non potabile ma solo per determinate persone con delle patologie specifiche. S La verità che l’acqua, qualsiasi, è inquinata e le etichette delle analisi chimiche che sono presenti nelle bottiglie sono superate.

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