Prosegue la rubrica della dietista Abril González Campos con le risposte alle domande dei lettori. Oggi pubblichiamo un approfondimento sul mercato dei prodotti senza lattosio.
La lettera
Gentile redazione de Il Fatto Alimentare, innanzitutto desidero farvi i complimenti per il vostro lavoro. Vi seguo da tanti anni e il vostro sito web è uno dei più utili per ciò che concerne l’informazione corretta a largo spettro sull’alimentazione e la salute. Vi scrivo per porvi un quesito in merito ai prodotti senza lattosio. Ho cercato sul web ma non ho trovato risposta.
Da diverso tempo, soprattutto sulle confezioni di latte (di qualsiasi azienda), si può leggere la dicitura “il prodotto è adatto agli intolleranti al lattosio e anche a chi ha difficoltà a digerirlo” oppure “il nostro latte delattosato è ideale per chi è intollerante, e anche per chi vuole sentirsi più leggero grazie alla sua elevata digeribilità”. Il punto è che chi ha difficoltà a digerire il lattosio è solo la persona intollerante a questo ma le diciture identificano due categorie di persone: gli intolleranti e i non intolleranti che però anch’essi non digeriscono il latte. In realtà si tratta della stessa categoria di persone ma le aziende spingono tutti i consumatori a consumarlo.
Ciò comporta ad esempio che quando nei supermercati un prodotto senza lattosio è in promozione, come accade per il latte, questo va a ruba. Ho appurato che lo acquistano tantissime persone non intolleranti, che non hanno mai fatto il breath test e che consumano anche prodotti contenenti lattosio (gelati, merendine, pasticcini, torte con panna…) senza alcun problema gastrointestinale. Molti hanno problemi di questo tipo ma non a causa del lattosio. Tra le varie cause c’è l’abuso del caffè (che stimola la peristalsi e può causare spesso diarrea), diversi farmaci, ma anche l’ansia, lo stress e il nervoso.
Certo, ognuno è libero di acquistare i prodotti che desidera, ma il manipolare i consumatori per ritorni economici e penalizzare altri acquirenti che si ritrovano in difficoltà a reperire prodotti specifici, non va contro qualche regolamento? Domando dunque, il latte delattosato è realmente più digeribile per chi non è intollerante? E, soprattutto, la dicitura di queste aziende non è forse sanzionabile perché induce subdolamente chi non è intollerante a consumare questo latte così da ampliare la platea dei consumatori? Daniele
La risposta
Divido la mia risposta in 5 sezioni per cercare di chiarire le sue domande:
1. Come funziona il corpo
“Il lattosio è un disaccaride che rappresenta circa il 90-95% della frazione dei carboidrati del latte: ha un basso potere dolcificante, un basso indice glicemico e il suo contenuto nel latte varia da specie a specie”(1). L’enzima che serve a digerire il lattosio si chiama lattasi e si trova nella prima porzione dell’intestino tenue o digiuno. Questa enzima andrà a scindere il lattosio in due zuccheri più semplici: galattosio e glucosio, che dopo verranno rilasciati nel flusso sanguigno che li trasporta ai vari tessuti.
Cosa succede quando è presente un minore grado di attività della lattasi o è insufficiente? Dopo l’assunzione di alimenti contenenti lattosio, aumenta la presenza di lattosio indigerito nel lume intestinale occasionando un richiamo di acqua che è causa dei sintomi intestinali. Il lattosio non digerito passa nell’intestino crasso dove viene fermentato dalla flora batterica fino a formare, acidi grassi, anidride carbonica e idrogeno, per cui i sintomi dell’intolleranza al lattosio includono crampi addominali, flatulenza e diarrea.
2. Come sapere se non c’è un funzionamento adeguato
L’esame diagnostico per accertare l’intolleranza al lattosio è il test del respiro o breath test, un esame non invasivo ma complesso che canalizza l’aria espirata dal paziente prima e dopo la somministrazione di una dose standard di lattosio, quindi, se esso non viene digerito, inizierà a fermentare e aumenterà la produzione di idrogeno. Se durante il test è presente un livello eccessivo di questo gas, significa che è presente un’intolleranza.
Secondo la gravità dell’insufficienza o carenza dell’enzima lattasi possono presentarsi più livelli di intolleranza al lattosio.
3. Come si imposta un’alimentazione senza lattosio ma equilibrata
La riduzione nella dieta del lattosio è focalizzata a limitare il latte e i suoi prodotti a seconda della tolleranza individuale. Successivamente stabilire il livello di tolleranza individuale aggiungendo gradualmente piccole quantità di alimenti contenenti lattosio.
Nelle persone senza un’intolleranza a questo zucchero non occorre eliminare il latte e derivati, la frequenza consigliata dalle linee guida è 2-3 porzioni al giorno, per esempio, 1 tazza di latte e 1 vasetto di yogurt bianco.
4. Quali prodotti scegliere quando si presenta un’intolleranza al lattosio
Importante osservare la tolleranza individuale per non cadere in restrizioni poco utili. Con l’obiettivo di chiarire quali alimenti potrebbero essere tollerati più facilmente li classifichiamo in tre grandi gruppi nella seguente tabella (2).
In generale, il lattosio è meglio tollerato se viene assunto insieme ad altri alimenti piuttosto che da solo in forma di bevanda o spuntino.
5. I prodotti senza lattosio sono più digeribili
Si, per chi presenta una ridotta attività dell’’enzima lattasi o per chi è intollerante al lattosio.
Secondo i suggerimenti delle linee guida: “non eliminare il latte e prodotti lattiero caseari in assenza di diagnosi medica certa, perché verrebbe a essere eliminata una fonte elettiva di calcio altamente biodisponibile. In caso di adulti intolleranti sembrerebbe possibile assumere dosi di lattosio di circa 12 g (equivalente ad una tazza di latte) perchè esiste una relazione diretta tra la dose di lattosio consumato e la gravità dei sintomi” (1).
Per le persone non affette da intolleranza al lattosio, i prodotti senza di esso non rappresentano un vantaggio, al contrario un consumo moderato (dentro le frequenze suggerite) di latte e derivati può stimolare l’attività della lattasi.
Referenze:
1. Dossier Scientifico delle Linee Guida per una sana alimentazione (Edizione 2018)
2. Nelson JK, Moxness KE, Jensen MD e Gastineau CF. Dietologia, il manuale della Mayo Clinic. Alimentazione normale e terapia dietetica per gli adulti.VII Ed.
© Riproduzione riservata. Foto: Depositphotos.com. Tabelle: Abril González Campos
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Dietista MSc PhD. Master in Scienze fisiologiche. Dottorato di ricerca in biologia vascolare e ipertensione arteriosa. Specializzata nella cura dell’obesità e dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione. Si occupa in particolare di educazione alimentare negli adolescenti e adulti.
Se le aziende ne vendono di più il prezzo diminuisce, con tanti ringraziamenti da parte di chi è intollerante al lattosio. Chi ha intolleranze non ha scelta al supermercato e lo stato dovrebbe almeno togliere l’iva sui prodotti dedicati a queste persone.
Vorrei precisare, visto che non se ne parla da nessuna parte, che la diarrea non è l’unico sintomo dell’intolleranza al lattosio. La mia produzione di lattasi è uguale a 0, ma consumare lattosio non mi manda in bagno. Mal di testa, stanchezza, mente annebbiata, sonnolenza, acne e stomaco gonfio sono i sintomi che molte altre persone, intolleranti al lattosio come me, riscontrano. E per arrivare alla conclusione che il mio stato di non salute fosse dovuto al lattosio, ci sono voluti anni di esami, perché in mancanza di problemi intestinali, a nessuno veniva in mente il lattosio.
Ma i formaggi stagionati (per via della stagionatura) tipo Parmiggiano e gli yogurt (per via dell’azione dei fermenti) non sono privi o poveri lattosio?
Io ho sempre saputo così…
Gentile Roberto,
grazie del commento, sono d’accordo con lei, secondo la stagionatura alcuni tipi di formaggio possono essere privi o poveri lattosio(come riportato nella tabella) e le persone affette da intolleranza possono essere sensibili o meno a quelle quantità di lattosio: è variabile, è personale non possiamo generalizzare. Lo stesso per lo yogurt la quantità di lattosio è variabile ( lo yogurt greco ha meno lattosio di uno yogurt classico) e la sua tolleranza lo stesso.
“Il Grana Padano non contiene lattosio, o meglio, ne contiene meno di 1 mg/100”
https://lsmgroup.it/prodotti/grana-padano/grana-e-lattosio/#:~:text=Il%20Grana%20Padano%20non%20contiene,periodo%20di%20riposo%20sulle%20scalere.
“…Parmigiano Reggiano. Contiene galattosio in quantità inferiori a 0,01g/100g”
https://www.parmigianoreggiano.com/it/prodotto-guida-caratteristiche-nutrizionali
“La quantità di lattosio nello yogurt è variabile, in media però il valore si aggira tra i 4 e 5 g di lattosio per un’unità di yogurt al naturale”
https://www.parmalat.it/magazine/dieta-sana/dieta-e-latte/gli-intolleranti-al-lattosio-possono-mangiare-lo-yogurt
Spesso si sente dire che se i non intolleranti smettono di assumere lattosio, la loro lattasi si abbassa o addirittura va a zero (il che sarebbe un ulteriore motivo per evitare latte senza lattosio, se non c’è bisogno). E’ una diceria popolare, o è davvero così?
Domanda interessante, grazie Juan.
In maniera semplice: se la lattasi va stimolata ( mangiando alimenti con lattosio) mantiene la sua espressione e la sua funzione, per cui, se non si è intollerante e piacciono il latte e derivati basta mantenere una frequenza di consumo adeguata.
Da non dimenticare che la corretta digestione del lattosio dipende da diversi fattori: l’espressione residua della lattasi (la presenza e funzione dell’enzima nell’intestino), l’ingestione di lattosio in contemporanea ad altri alimenti, il tempo di transito intestinale, la proliferazione batterica nel intestino tenue e anche la composizione del microbioma intestinale.
“I sintomi dell’intolleranza al lattosio compaiono generalmente quando la percentuale di attività della lattasi è inferiore al 50%. In alcuni casi, la tolleranza potrebbe essere indotta dall’adattamento della flora intestinale. Infatti, la maggior parte delle persone con non persistenza della lattasi può tollerare piccole quantità di piccole quantità di lattosio, soprattutto se combinato con altri alimenti.”
Per approfondire:
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/30783042/