Solo nella seconda metà del secolo XIX l’igiene degli alimenti e le infezioni alimentari diventavo scienza, avvalendosi di studi epidemiologici e usando i nuovi mezzi di ricerca della chimica e, soprattutto, della microbiologia. Basta dire che per quanto riguarda il botulismo (la pericolosa intossicazione alimentare causata da insaccati e salsicce identificata per la prima volta tra il 1817 e il 1822 da Justinius Kerner (1786 – 1862), solo nel 1895 Emile Pierre van Ermengem scopre che la causa della malattia non è il batterio in sé ma la tossina prodotta. Lo sviluppo della microbiologia segna così un grande passo avanti nella conoscenza delle tossinfezioni alimentari e cominciano anche la messa a punto di metodi di prevenzione.
Tuttavia fino alla seconda metà del XX secolo gran parte degli episodi restano ancora inesplicabili, mentre si osserva un incremento crescente dell’incidenza delle malattie infettive di origine alimentare, che sono tuttora un problema come dimostrano le continue segnalazioni di allerte alimentari diffuse dal sistema messo a punto dall’Unione europea (Rasff) e i sequestri di prodotti da parte delle autorità sanitarie. Ancora oggi queste malattie rappresentano un grande rischio per la salute, considerando anche i costi associati alle misure per ridurre le conseguenze. Una parte di tali di infezioni è da attribuire ai virus, che fino alla fine del XX secolo erano ancora di difficile identificazione. Basta pensare al Norovirus considerato il principale agente della gastroenterite acuta nel mondo occidentale. Ci sono però altri microrganismi della stessa categoria ugualmente in grado di causare malattie come ad esempio il virus dell’Epatite Enterovirus, Sapovirus, Rotavirus, Astrovirus, Adenovirus.
La contaminazione può verificarsi nella fase precedente la raccolta sul campo oppure nel corso della lavorazione. Nella fase pre-raccolta possono subentrare contaminati ambientali per via dell’inquinamento, oppure fattori direttamente collegati all’attività umana come le contaminazioni di origine fecale che si possono rilevare nei molluschi bivalvi (ostriche, vongole e cozze), nell’insalata (lattuga e altre verdure a foglia) e nei frutti di bosco (lamponi e fragole). Nella fase di post-raccolta le criticità riguardano soprattutto pratiche di igiene scorrette condotte durante il processo di lavorazione o di conservazione soprattutto per i cibi pronti per il consumo. Ci sono poi i focolai causati da personale con le mani sporche che lavora nelle cucine dei ristoranti o negli ambienti domestici.
Le infezioni nel cibo causate da virus sono antiche, ma la presenza di questi microrganismi nelle matrici alimentari è molto più recente ed è stata possibile grazie a tecniche di indagine come la Reazione a catena della polimerasi (Pcr) e la conoscenza delle sequenze del genoma virale. Più recente è la scoperta e l’uso di estratti vegetali con attività antivirali come estratti di vinaccioli, mirtilli rossi, gelsi, lamponi neri e melograni usati per la conservazione di alimenti crudi e trasformati.
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Professore Emerito dell’Università degli Studi di Parma e docente nella Facoltà di Medicina Veterinaria dal 1953 al 2002