Il ministero delle Politiche agricole e quello della Salute stanno da tempo lavorando a un sistema di certificazione su base volontaria del “benessere animale”, basato sulla classificazione “ClassyFarm”. Alla fine sarà probabilmente istituita una nuova etichetta di “benessere”, applicata ai prodotti alimentari di origine animale e ottenuta secondo i criteri stabiliti dai due ministeri. Secondo Greenpeace a giudicare dalle poche e frammentarie informazioni rese note finora dai ministeri, i criteri scelti sono assolutamente insufficienti a garantire un reale miglioramento del benessere animale. Le nuove etichette rischiano così di essere fuorvianti, illudendo le persone di acquistare prodotti più rispettosi del benessere animale, e penalizzanti per gli allevatori virtuosi, già impegnati in una vera transizione dei sistemi di allevamento, i cui prodotti verrebbero equiparati a quelli provenienti dagli allevamenti intensivi.
Basti pensare, ad esempio, che secondo i criteri previsti, per ottenere la certificazione di “benessere animale” basterebbe allevare un suino di 170 kg in poco più di un metro quadrato di spazio (il minimo stabilito dalla legge), o che tra le misure ammissibili rientrerebbero anche interventi come la costruzione di biodigestori per i liquami zootecnici. Una misura, quest’ultima, che non solo non ha nulla a che vedere con il benessere animale, ma che spesso richiede contesti con densità molto elevate, in cui il benessere animale e la sostenibilità difficilmente possono essere garantiti. “Gli allevamenti intensivi con elevate densità di animali costretti a vivere in spazi ristretti – continua Greenpeace – rappresentano un ulteriore fattore di rischio per il diffondersi di agenti patogeni come i coronavirus o i virus dell’influenza, come dimostrano le notizie arrivate poche settimane fa dalla Polonia, colpita da un’epidemia di influenza aviaria che ha imposto la soppressione di milioni di animali”.
Per queste ragioni Greenpeace e diverse altre associazioni chiedono da tempo di adottare criteri più ambiziosi, per arrivare a definire una certificazione con diversi livelli progressivi di benessere animale, al chiuso e all’aperto, per incoraggiare gli allevatori a migliorare gradualmente i metodi di allevamento puntando ad una progressiva riduzione delle densità e al superamento dei metodi di allevamento intensivi, a partire dall’uso di gabbie. Per mettere gli allevatori nelle condizioni di realizzare questa transizione serve però una comunicazione chiara e trasparente in etichetta, affinché i consumatori possano conoscere il metodo di allevamento utilizzato e il livello di benessere raggiunto, con una classificazione di tipologia simile a quella già in uso per le uova.
Una simile etichetta per la carne è impiegata da tempo su base volontaria nei supermercati tedeschi. Pochi giorni fa Aldi una delle principali catene del Paese (ormai presente anche in Italia) si è impegnata a eliminare gradualmente dai suoi scaffali di carne fresca i prodotti appartenenti alle due categorie più basse del benessere animale, con l’obiettivo di offrire ai clienti solo prodotti con i due standard più elevati entro il 2030. Si tratta di una spinta decisiva per indurre le istituzioni politiche ad andare nella stessa direzione, disegnando lo schema normativo che permetta la transizione della zootecnia verso modelli non intensivi. Del resto, una strada del genere è perfettamente in linea con l’indirizzo intrapreso dalle istituzioni europee dopo la risoluzione adottata a larghissima maggioranza dal Parlamento europeo e accolta dalla Commissione Ue lo scorso 30 giugno, in cui si stabilisce il divieto dell’uso delle gabbie negli allevamenti entro il 2027. Si tratta di una decisione presa in risposta a 1,4 milioni di firme poste in calce all’iniziativa dei cittadini europei “End the Cage Age”, segno ulteriore del fatto che la società civile è pronta per il cambiamento e, anzi, lo chiede a gran voce. “In questo quadro – prosegue Greenpeace – l’Italia rischia di rimanere indietro: quale momento migliore invece per la politica italiana per fornire una risposta in linea con la scienza e adeguata anche alle aspettative dei cittadini?”
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Ci vogliono più controlli severi e chi li maltratta deve essere punito e no più fare quel tipo di lavoro perché non ama gli animali l’animale per il poco tempo che vive deve vivere bene con tutte le cure necessarie no agli allevamenti intensivi
I primi ad essere responsabili di quanto accade a questi poveri esseri indifesi siamo noi consumatori……….Diventiamo vegetariani……..o meglio vegani…….. non mangiamo più i loro prodotti. Siamo degli ipocriti.. . noi siamo responsabili quanto loro di tali crudeltà.
Gli animali ordinariamente servono per essere trasformati in alimenti, non credo che al maiale cambi molto sapere di diventare un prosciutto con la coda.
Fornire liste dei nomi degli allevamenti che praticano metodi intensivi, renderle pubbliche e dare così al consumatore l opportunità di scegliere. Le associazioni dovrebbero mettersi alle porte dei supermercati e fornire queste liste… Altri modi non ne vedo
Le persone che non dovrebbero fare certi lavori o punirli pesantemente, gli animali provano dolore come noi e vanno rispettati e non bisogna farli soffrire.bisogna abolire il più presto possibile gli allevamenti intensivi per il bene degli animali e per noi
D’accordissimo con te.Stop agli allevamenti intensivi.Anche gli animali hanno una dignità,
Brava! Hai detto la cosa giusta!
Io non mangio e non mangiero mai carne di allevamenti intensivi…i miei soldi decido io a chi darli
Wwwww il benessere animale
Sto progressivamente riducendo i miei consumi di carne e di prodotti di derivazione animale, evitando quelli denunciati per maltrattamenti di cui sono venuta a conoscenza. Dovremmo tutti evitare questi prodotti, nella consapevolezza che questa gente è sensibile solo al guadagno.
Sono perfettamente d’accordo con lei su ciò che ha scritto Francesca. In ogni caso il consumatore se non è vegetariano o vegano può diminuire l acquisto di prodotti animali.. Da vegetariana(non mangio né carne, né pesce da 40 anni) ho da circa 5 anni diminuito in modo consistente l acquisto di prodotti caseari . Se solo si vuole si può fare. Magari una sola persona si sentirà solo una goccia in mezzo al mare, ma tante persone e consumatori sapranno fare la differenza sul dolore di tanti animali. ….
Considerando come sia ben noto il funzionamento dell’industria casearia mi sorprende che chi non mangia carne e pesce da 40 anni per il “benessere animale” continui con abitudini lacto-vegetariane.
Date benessere agli animali e non maltrattamenti. Capito!!!!!!
Sono d’accordo basta maltrattare gli animali stop agli allevamenti intensivi vergogna
Dobbiamo limitare i consumi di carne… a me personalmente la carne non mi piace…sento un odore cattivo se la mangio…amo gli animali e non li mangio…evolviamoci
non compriamo dalle aziende che sanno e acquistano da questi allevamenti niente piu carne o salumi o formaggi da queste aziende
Gli allevamenti intensivi sono un inferno terrestre a cui l’uomo condanna creature vive e senzienti impossibilitate a difendersi. Il principio su cui questa mostruosita’ poggia e’ quello di ottenere il maggior guadagno possibile nel minor tempo, alla faccia di enorme sofferenza animale, bieco sfruttamento dei lavoratori, significativo inquinamento ambientale; e il bello e’ che a questo orrore la politica ha sempre dato valido e determinante appoggio.
Dire “benessere animale”e poi finire nei macelli mi fa venire il voltastomaco.
Io non mangio carne da anni, ho acquistato in salute, non mi manca perché sono una cuoca e cucino le verdure in modo sublime.
Sono tranquilla con la mia coscenza
Oggi ho pranzato con un insalata di farro con pomodorini tagliato a piccoli pezzettini , rucola, olive nere ec.. ecc.. L ho scoperta da poco, sostituendola all insalata di riso, e mi piace molto Leggera, fresca, e con il caldo torrido che c è in Puglia e in tutto il sud é l ideale..
Sia chiaro… Personalmente non mi permetterei mai di imporre ai lettori o in genere alle persone di i divenire vegetariane come me, ma si cerca di farlo con molta cautela in modo da indirizzarle verso un informazione ed altre alternative che possano diminuire considerevolmente il consumo di prodotti derivanti da animali, proprio come sto facendo io… E credo che questa sia la strada più facile e giusta da intraprendere anche per gli altri.. ..Psicologicamente e più facile far accettare ad una o più persone che da sempre hanno mangiato carne) di diminuire i consumi della medesima , che chiedergli, o peggio ancora imporgli di divenire vegetarian o vegano.
. Io non impongo, indirizzo… affinché quella persona possa trovare da sola/o il suo percorso di evoluzione. Tutto ciò che si impone, normalmente con la stessa velocità e ribellione lo si abbandona… ..Meglio un percorso più lento, ma metabolizzato nell anima e nello spirito per non lasciarlo mai più,. Il percorso che porta a divenire vegetariano o vegano non può essere mai imposto perché quasi sempre andrà di pari passo con una evoluzione spirituale e sociale della persona… 🙂
Il benessere di tutti i viventi è collegato : animale maltrattato,malnutrito = carne malata
avanti a nutrirsi di carne malata= vivente malato
gran profitto a big farma=il cerchio perfetto