Le conseguenze degli esperimenti nucleari effettuati da diversi Paesi, tra i quali Stati Uniti, Russia e Francia, negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento sono visibili ancora oggi nel miele raccolto nella costa orientale degli Usa. E anche se le concentrazioni di isotopi riscontrate non pongono alcun rischio per la salute umana, dimostrano quanto la Terra sia un unico ecosistema, e quanto decisioni politiche prese in momenti particolari della storia possano lasciare eredità che le generazioni successive – in questo caso di api e di uomini – pagano per decenni.
La scoperta è stata fatta da un gruppo di ricercatori del College di William & Mary di Williamsburg, in Virginia, che aveva intenzione di controllare la contaminazione da radionuclidi in diverse tipologie di alimenti. In particolare, come hanno raccontato su Nature Communications e su Science, cercavano il cesio-137 e a sorpresa, dopo una prima analisi dei campioni, è emerso che il miele proveniente da Raleigh, in North Carolina, sulla costa orientale degli Stati Uniti, ne aveva una concentrazione fino a 100 volte superiore rispetto a quella degli altri alimenti. A quel punto sono stati raccolti altri 122 campioni di miele provenienti da varie località della stessa costa, e il risultato è stato che ben 68 mostravano livelli di radiocesio medi di 0,03 becquerel per chilo, pari a circa 870 mila atomi dell’isotopo in un cucchiaio. Un campione della Florida arrivava addirittura a 19,1.
La quantità trovata – va detto – è comunque molto al di sotto del valore soglia di sicurezza, di 1.200 becquerel. Ma è attribuibile a eventi accaduti 60 anni fa. Secondo gli autori, il cesio viene utilizzato dalle piante al posto del potassio, con il quale condivide diverse proprietà chimiche. Il fallout degli esperimenti condotti a migliaia di chilometri di distanza, per lo più nell’Oceano Pacifico e nei grandi deserti, e l’andamento dei venti, hanno fatto sì che gli elementi radioattivi si concentrassero soprattutto nella fascia costiera est degli Stati Uniti. Il cesio-137 si è quindi depositato sui terreni e nelle acque, per poi essere immagazzinato dalle piante, dove ancora oggi si può trovare, e da dove può essere trasferito alle api attraverso il nettare.
Nel tempo il cesio-137, come gli altri isotopi, decade, e in effetti, controllando due serie di analisi del latte delle stesse zone si nota la progressiva diminuzione della sua concentrazione negli anni: probabilmente negli anni Settanta i livelli di radiocesio nel miele erano circa dieci volte quelli attuali. Ma ancora non è scomparso.
Se gli effetti sulla salute umana sono considerati inesistenti, ci si chiede che cosa può essere successo alle api nel tempo, e se il fallout nucleare possa aver contribuito alla loro crisi, e in che misura. Dopo l’incidente di Chernobyl, del 1986, i bombi hanno risentito gravemente di quanto accaduto, anche se le concentrazioni di elementi radioattivi, in quel caso, erano mille volte superiori. Resta il fatto che le conseguenze delle contaminazioni a lungo termine da isotopi sugli ecosistemi e sull’uomo sono ancora da comprendere in tutta la loro complessità e che gli effetti restano per decenni o, in alcuni casi, secoli.
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Giornalista scientifica
Immagino la medesima cosa possa riscontrarsi anche con il miele dall’Ucraina, leader nell’esportazione nei paesi dell’Ue con oltre 30mila tonnellate di miele venduto.
Attenzione al miele che si acquista. Diversi mieli sono allungati e miscelati a cere..
Meglio sceglierlo sempre biologico, acquistato da piccole aziende locali , e da apicoltori che trattano sempre bene le loro api.. Le api sono insetti preziosi per l impollinatura e per la nostra stessa sopravvivenza, ma molti sciami muoiono a causa di pesticidi autorizzati..