Il 2011 sarà forse ricordato come l’anno delle crisi di bilancio. Dagli Stati Uniti all’Ue. La crisi più grave, in realtà, è quella dei conti degli aiuti alimentari internazionali. Ma le sue vittime – a differenza delle grandi banche – non hanno voce né strumenti per invocare il recupero delle somme che mancano. Si limitano a morire in silenzio, lontani da riflettori e microfoni, di fame e di malattia.

L’emergenza. La più grave crisi umanitaria dell’anno è quella del Corno d’Africa: 12 milioni di persone senza cibo né d’acqua, migrazioni di massa verso campi-profughi popolosi e temibili come metropoli senza legge, zero prospettive.

Il buco di oltre un miliardo di dollari nel budget degli aiuti farà salire alle stelle non lo spread sui titoli di Stato di questo o quel Paese, ma il numero dei morti e dei condannati alla disabilità, a causa della malnutrizione cronica.

La prassi. La prassi è un trend in crescita: con la popolazione globale aumenta la povertà, con essa la fame e le malattie. A differenza degli indici di borsa, questo trend interessa a pochi. 6 miliardi di esseri umani sono quasi indifferenti verso quell’altro miliardo di persone oggi costrette alla fame, che miete 50.000 vittime al giorno, 5 bambini al secondo.

Nel settembre 2010 i capi di stato dei 191 Paesi che aderiscono alle Nazioni Unite avevano concordato l’opportunità di fare qualcosa: identificati gli Obiettivi di sviluppo del millennio [1] avevano assunto impegni finanziari per realizzarli. Ma i più potenti non hanno onorato gli impegni: un recente rapporto del G8[2]  mostra un buco di 19 miliardi di dollari rispetto a quanto promesso. Le Nazioni Unite hanno perciò confermato a luglio la distanza rispetto agli obiettivi.

Che fare. Varie iniziative sono state portate avanti per sollecitare i governi del G8 a rispettare i loro impegni. Tra queste segnaliamo www.1billionhungry.org, cui ciascuno di noi può aderire con una semplice sottoscrizione: «Noi che sosteniamo questa petizione troviamo inaccettabile che quasi un miliardo di persone siano cronicamente affamate. Attraverso le Nazioni Unite, sollecitiamo i governi a dare priorità assoluta all’eliminazione della fame fino alla sua completa eliminazione». 3.386.596 cittadini del pianeta hanno firmato fino a oggi. Non abbastanza, è chiaro, per indurre i ministri delle finanze delle grandi potenze a rivedere i capitoli di spesa relativi agli aiuti umanitari.

La lezione inglese. Abbiamo già segnalato l’attenzione e la generosità del Regno Unito verso la tragedia umanitari e a in Corno d’Africa. 168 milioni di aiuti, a fronte dei 96 della Commissione europea e degli 8 italiani. Ma c’è dell’altro: la Gran Bretagna sarà forse il primo dei G8 a rispettare un impegno fondamentale: destinare lo 0,7% del PIL,[3] a partire dal 2013, agli aiuti allo sviluppo.

Non è tutto: Stephen O’Brien, sottosegretario a Westminster per lo Sviluppo internazionale, ha chiarito la volontà di inserire una marcia in più nel programma degli aiuti. Trasparenza ed efficacia, le parole chiave. Rendicontazione contabile degli interventi a disposizione dei contribuenti britannici, focus sulle iniziative che apportano risultati tangibili alle popolazioni assistite, esclusione delle agenzie e Ong poco produttive. Tutte le agenzie internazionali, comprese quelle Ue, dovranno dimostrare i concreti risultati raggiunti in relazione alle somme ricevute (“value for money”). La destinazione degli aiuti sarà perciò selettiva, nell’ottica di non disperdere le risorse.

Quanto agli accordi bilaterali, la Gran Bretagna si focalizzerà sui 27 Paesi più poveri del mondo, dove avvengono i tre quarti di morti delle gestanti e dei decessi per malaria nel mondo. Due terzi dei programmi sono rivolti a Paesi in conflitto. È ora in programma la scolarizzazione di 11 milioni di bambini, un netto aumento delle vaccinazioni, la riduzione di 250mila morti neonatali.

Gli inglesi hanno pure ideato strumenti innovativi di aiuto, come la “International Finance Facility for Immunization” – che ha già permesso di prevenire 1,4 milioni di morti da febbre gialla, poliomelite, tetano, malattie esantematiche – e il “Private Infrastructure Development Group”, che ha saputo raccogliere 14,5 miliardi di dollari di donazioni finalizzate alla realizzazione di infrastrutture (energia, telecomunicazione e trasporti) a servizio di quasi 100 milioni di persone nei Paesi più poveri.  

Dario Dongo

foto: Photos.com

 

Per maggiori informazioni:

  “United Kingdom overhauls its development spending”, di Debra Percival su The Courier n. 24, July-August 2011, www.acp-eucourier.info

 


[1] Breve rassegna dei “Millennium Development Goals”: sradicare la povertà estrema e la fame, raggiungere l’istruzione primaria universale, promuovere la parità dei sessi e l’autonomia delle donne, ridurre la mortalità infantile, migliorare la salute materna, combattere l’HIV/AIDS, la malaria ed altre malattie, garantire la sostenibilità ambientale, sviluppare un partenariato mondiale per lo sviluppo. Riferendosi a indicatori ufficiali, per valutare il grado di realizzazione dei diversi Obiettivi

[2] Il G8 http://it.wikipedia.org/wiki/G8  è un forum dei governi degli otto principali paesi industrializzati del mondo: Stati Uniti, Giappone, Germania, Francia, Regno Unito, Italia, Canada, e dal 1998 la Russia.

[3] http://it.wikipedia.org/wiki/Prodotto_interno_lordo