Female hands with cutlery and empty plate on color backgroundSecondo l’Istituto federale per la determinazione del rischio, il BfR, i valori massimi consentiti per la migrazione dei metalli pesanti dalle stoviglie di ceramica e porcellana smaltate andrebbero rivisti al ribasso rispetto a quelli europei, e non di poco ma di decine quando non di centinaia di volte. Questa la conclusione cui sono arrivati gli esperti tedeschi dopo aver condotto una serie di test applicando le metodologie più moderne e le conoscenze attuali sulla tossicità di cadmio, piombo e cobalto, contenuta in un dettagliato rapporto appena pubblicato.

La normativa europea specifica risale al 1984 (84/500/EEC), e per questo è in fase di revisione dal 2017, da parte dell’Europa. Il Bfr si è espresso l’ultima volta nel 2004, ma nel frattempo ci sono stati molti cambiamenti: la stessa Oms ha rivisto i limiti di assorbimento dei metalli pesanti abbassandoli, così come hanno fatto l’Efsa e la sua omologa per le sostanze chimiche, la European chemical agency. Per questo il BfR ha voluto dare un contributo e ha condotto suoi test, in particolare su 42 piatti, per quanto riguarda il cadmio e il piombo, e su 32 per il cobalto, tutti tenuti per 24 ore a 22 °C in una soluzione di acido acetico al 4%, come prevedono i protocolli della direttiva europea in discussione.

La quantità di metalli pesanti rilasciati dipende da molti fattori

Innanzitutto – premettono i ricercatori tedeschi – poiché i valori soglia per l’adulto, ma soprattutto per il bambino, tanto per il piombo quanto per il cadmio sono facilmente raggiungibili anche con altre fonti quali l’inquinamento atmosferico, la polvere, il contatto con i giochi o altri oggetti, sarebbe meglio che dalle stoviglie non giungesse alcun contributo ulteriore. Ma poiché così non accade, almeno per ora, è opportuno avere le idee più chiare sui limiti sicuri, definiti dal BfR “Limiti accettabili associati alla superficie”, riferiti appunto all’unità di superficie.

Secondo i nuovi calcoli, questi dovrebbero essere pari al massimo a 10 microgrammi per il piombo, 5 per il cadmio e 20 per il cobalto, cioè nettamente inferiori a quelli indicati nella direttiva del 1984: di 70 volte per il cadmio, di 400 volte per il piombo (il cobalto non era indicato nella direttiva del 1984). Ma la realtà è distante da questi limiti (10 microgrammi per il piombo, 5 per il cadmio e 20 per il cobalto), come dimostrano i dati ottenuti nei piatti analizzati: tra il 24 e il 64% eccedeva i limiti per il piombo, tra il 26 e il 31% quelli per il cadmio e il 13-16% quelli per il cobalto.

Va tenuto presente che la quantità di metalli pesanti rilasciati dipende da molti fattori: per esempio dal tipo di lavorazione e la temperatura di cottura delle ceramiche, dagli smalti usati, e poi dalla temperatura del cibo, dalla durata del contatto con lo stesso, così come dalla sua acidità, ma sembra indubbio che le concentrazioni indicate nel 1984 debbano essere profondamente riviste, soprattutto per le stoviglie riservate ai più piccoli. Infine, secondo il BfR i test dovrebbero essere tutti eseguiti tenendo presente le condizioni di uso medie di una certa stoviglia, per riprodurre situazioni il più possibile vicine alla vita reale.

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Giovanni Gozzi
Giovanni Gozzi
2 Gennaio 2021 12:16

Moderate:
alla faccia dell’uniformità a livello europeo andiamo a guardare le ricerche del corrispondente ISS della Germania.
Prove sui piatti “tutti tenuti per 24 ore a 22 °C in una soluzione di acido acetico al 4%, come prevedono i protocolli della direttiva europea in discussione”: le così dette prove sotto stress è ormai certo non siano neanche lontanamente affidabili. All’obiezione che piuttosto che nessun modello meglio un modello (qualsiasi?) rispondo che preferirò sempre nessun modello ad un modello sicuramente sbagliato.
In ultimo mi chiedo se non ci si domanda se è più importante controllare analiticamente certe supposizioni o definire in maniera realizzabile da tutti la maniera per fabbricare i piatti in maniera corretta e almeno allo stato dell’arte?

gianni
gianni
3 Gennaio 2021 23:54

I produttori di ceramica utilizzano principalmente ossido di piombo (PbO) per il suo basso intervallo di fusione, ampio intervallo di cottura, bassa tensione superficiale, alto indice di rifrazione e resistenza alla devitrificazione, che tradotto in parole povere vuol dire che i fabbricanti non vogliono rinunciare alla liscia compattezza e alla lucentezza che il piombo procura come nessun altro composto.
Il cadmio e il cromo, soprattutto quest’ultimo è molto pericoloso anche a temperature da forno, servono a creare colori particolari.
La ceramica e la smaltatura sono pratiche secolari e comprendono decine di processi diversi e altrettanti componenti diversi utilizzati per cui se non si vuole cambiare registro è perchè ci piace vivere pericolosamente, curiamo molto l’apparente bellezza senza invece curarci sufficientemente della sicurezza alimentare, una volta di più.