Le solanacee, e in particolare le patate, i pomodori e le melanzane, producono naturalmente una classe di composti chiamati glicoalcaloidi. Si tratta di sostanze che le piante sintetizzano come insetticidi naturali, perché la loro capacità di intossicare chi ne ingerisca dosi eccessive tiene lontani gli insetti. Ma si tratta, anche, di composti che, se assunti in elevate quantità, possono essere pericolosi per la salute umana e animale perché bloccano alcuni enzimi importanti per il buon funzionamento del sistema nervoso periferico e possono dare sintomi quali nausea, vomito, diarrea e crampi addominali o, in casi molto rari, intossicazioni gravi.
Per capire se ci siano rischi concreti per chi consuma abitualmente queste verdure, la Commissione Europea ha dato mandato all’Efsa di vagliare gli studi disponibili, e di definire dosi che possano servire come riferimento. Il risultato è un rapporto che contiene più domande che risposte, ma che comunque indica la direzione verso cui andare.
In particolare, il documento si concentra sulle patate, e su due dei glicoalcaloidi noti per essere prodotti da queste ultime: l’alfa-solanina e l’alfa-caconina, per cercare di stabilire un range di concentrazioni sicure, ma ciò emerge è che i dati disponibili sono pochi e di qualità spesso scadente. Per quanto riguarda melanzane e pomodori, poi, la situazione è ancora più lacunosa e per questo l’EFSA non si pronuncia in modo specifico sui quantitativi.
Adottando il principio di precauzione, comunque, il panel valuta che per quanto riguarda le patate, per non correre rischi di intossicazione acuta bisogna assumere al massimo un milligrammo di ciascun glicoalcaloide per chilo di peso corporeo: un quantitativo enorme (per esempio, una persona del peso di 50 kg dovrebbe assumere 50 milligrammi di alcaloide ogni giorno, una dose che non è praticamente possibile raggiungere con i pasti normali).
Considerando l’esposizione, per restare nella zona di totale sicurezza, un adulto medio non deve superare il 95% dei quantitativo massimi consigliati, evenienza anch’essa rara.
I glicoalcaloidi, la cui concentrazione nella patata può variare a seconda delle condizioni di coltivazione, non rappresentano quindi un immediato rischio per l’uomo né, per quanto si sa oggi, per gli animali da allevamento e da compagnia. Ma moltissimo resta da fare, come appare evidente dalla lista delle priorità che, secondo l’Efsa, deve seguire chi fa ricerca: coprono quasi tutti gli ambiti, da quelli sulla biologia di base a quelli più patologici.
Infine, un’adeguata preparazione pone al riparo da molti rischi, perché i glicoalcaloidi tendono a concentrarsi nella buccia: pelare le patate ne riduce la concentrazione del 25-75%, così come bollirle senza buccia la abbassa del 5-65% e friggerle del 60-90%; cuocerle nel microonde o nel forno con la buccia la fa scendere, rispettivamente, del 3-45% e del 20-50%.
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Giornalista scientifica
Gli alcaloidi non bloccano enzimi bloccano canali recettoriali!
Ma ci stiamo rendendo conto del quantitativo di glicoalcaloidi che una persona dovrebbe assumere per provocare danni o quantomeno effetti di intossicazione all’interno dell’organismo?
Mi sembra un studio alquanto ridicolo
Nei pomodori e melanzane il quantitativo di solanina è inversamente proporzionale al grado di maturazione, i frutti ben maturi ne contengono quantità veramente trascurabili.
Nelle patate la solanina si concentra soprattutto nelle foglie e nei fusti. Normalmente assente nei tuberi, inizia a formarsi non appena vengono esposti alla luce solare, quindi attenzione a germogli e parti verdi da eliminare , oltre alla buccia che è sopportabile solo nelle patate novelle quando è sottilissima e trasparente.
La cottura poi qualcosa elimina per cui concordo con il commento precedente
Concordo con i pareri sopra riportati.
Chi mi ha preceduto sembra saperne più degli “scienziati” dell’Efsa…
Frutti maturi delle solanacee non contengono solanina e quest’ultima, per fare una verifica terra terra, è presente nelle partii verdi della pianta.
Eliminati quindi dal consumo pomodori verdi, peperoni verdi ecc. il rischio di assumerne diventa trascurabile.