Si chiama Greencube ed è un mini orto italiano (dimensioni: cm 30 x 10 x 10) pronto per essere portato in orbita, a 6 mila km dalla Terra, su un piccolo satellite – un cubesat – che sarà lanciato dal vettore Vega-C dall’Agenzia spaziale europea. A idearlo sono stati i ricercatori italiani dell’Enea, delle Università La Sapienza di Roma e Federico II di Napoli, in accordo con l’Agenzia spaziale italiana (Asi). La sua missione è fornire dati sulla coltivazione idroponica a ciclo chiuso in condizioni di assenza di gravità, per capire se e come sistemi analoghi possano essere impiegati tanto per le missioni quanto per le future colonie spaziali.
La sperimentazione durerà 20 giorni e riguarderà verdure appositamente scelte in base alle caratteristiche di crescita (per la particolare resistenza alle condizioni estreme) e nutrizionali. Il sistema sarà alloggiato in un ambiente pressurizzato e dotato di sensori per il monitoraggio e controllo dei parametri ambientali, della crescita e dello stato di salute delle piante. Nello specifico, conterrà due sezioni: una dedicata alla coltivazione e al controllo ambientale che, oltre alle microverdure e ai sensori, conterrà anche la soluzione per nutrire le piante e l’atmosfera necessaria. La seconda è la sede della piattaforma di gestione e controllo del veicolo spaziale. Il tutto è pensato per trasmettere a terra, in totale autonomia, le informazioni acquisite, dando così la possibilità ai ricercatori di valutare la risposta delle piante alle condizioni di stress estremo.
I dati provenienti dallo spazio saranno confrontati con quelli di identici sistemi presenti nei laboratori sulla Terra. “Il sistema di coltivazione in orbita – ha spiegato Luca Nardi, ricercatore del Laboratorio biotecnologie Enea – consentirà di massimizzare l’efficienza sia in termini di volume che di consumo di energia, aria, acqua e nutrienti . Durante la missione verrà affiancato da esperimenti di coltivazione a terra in apposite camere per poter verificare gli effetti sulle piante oltre che delle radiazioni anche della bassa pressione e della microgravità”.
Continuano così gli studi per rendere possibili le missioni di lunga durata, già iniziati da tempo sulla Stazione spaziale internazionale, che nel tempo hanno quasi sempre avuto ricadute importanti anche sulla Terra, dove la necessità di produrre in modo più sostenibile ed efficiente è sempre più urgente.
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Giornalista scientifica