Nel 2005 Barilla ritira dal mercato i cracker ai cinque cereali Mulino Bianco contenenti semi di papavero e li ripropone dopo qualche tempo, questa volta senza i semini neri. La questione passa inosservata ai più, anche perché spesso un prodotto viene ritirato per modificare la ricetta. Questa volta però c’è un motivo, e non è proprio banale: i semi di papavero contengono morfina.
I cracker con semi di papavero
Il problema viene segnalato all’azienda da un signore che, pur non assumendo stupefacenti, era risultato positivo al test degli oppiacei fatto per accedere a un concorso molto importante per la sua carriera. La persona coinvolta dalla vicenda collega il risultato delle analisi ai tre pacchetti di cracker con semi di papavero Mulino Bianco mangiati poche ore prima. La questione viene presa in carico dall’avvocata Mariaelena Dagostino, del foro di Cosenza, che diffida l’azienda per quanto accaduto al suo assistito.
Subito dopo, rimasti infruttuosi i tentativi di accordo bonario, la storia si trasferisce nelle aule giudiziarie e va avanti per 11 anni. In questo periodo si prospetta per la persona coinvolta la possibilità di un accordo transattivo molto più interessante del risarcimento che verrà poi riconosciuto dalla Corte, ma le ragioni di principio e la volontà di riscattare la propria reputazione prevalgono. L’avvocata D’Agostino dunque, dopo aver condotto una lunga battaglia legale, ottiene il 9 settembre 2016 una sentenza di condanna per la Barilla, primo precedente giurisprudenziale a noi noto sull’argomento. Ma procediamo con ordine.
La difesa di Barilla
Barilla, nel corso del primo processo, si difende sostenendo che i semi di papavero sono ingredienti del prodotto, la cui presenza è indicata in etichetta dove viene riportata anche la quantità (0,8%). Nella memoria si legge che la presenza di semi risulta innocua, escludendo il nesso causale tra ingestione dei cracker e positività al test degli oppiacei. In prima istanza nel 2011 il tribunale, pur riconoscendo che i semi di papavero possono contenere oppiacei in quantità tale da far emergere una positività al test della morfina, rigetta la domanda in favore della Barilla.
Nel processo di appello concluso alla fine del 2016 le cose vanno diversamente. Secondo l’attore le informazioni in etichetta sono inadeguate, in quanto non evidenziano gli effetti collaterali che possono affiancare l’assunzione di cracker con semi di papavero. Nelle indicazioni dovrebbero essere riportati gli effetti che l’ingestione può indurre e l’indicazione della presenza seppur minima di sostanze stupefacenti. Il giudice questa volta accoglie le motivazioni, censurando Barilla per non aver fornito corrette informazioni e fissa un risarcimento per danni morali collegati alla vicenda del concorso, oltre al pagamento delle spese legali.
I consumatori devono conoscere i rischi dei semi di papavero
Secondo la sentenza un prodotto di marca così diffuso sul mercato, supportato da una campagna pubblicitaria diretta ad assicurare leggerezza, salubrità e naturalità, deve avvisare i consumatori. La sentenza precisa che “nessuno si aspetta, mangiando dei cracker integrali, di ingerire anche morfina, e di potere essere trovato positivo ai relativi test, anzi la prospettazione del prodotto va nel senso della sua salubrità e dell’assenza di effetti negativi” La semplice dizione ‘semi di papavero’ riportata sull’etichetta non consente di cogliere che “col prodotto si ingerisca anche una sostanza stupefacente qual è la morfina”. Per essere precisi va detto che la presenza di morfina non è collegata alla percentuale di semi, ma alla varietà della pianta e alle modalità di raccolta, visto che i semi possono essere contaminati dall’incisione del calice in fase di raccolta.
Un problema noto
La questione dei semi di papavero è un problema noto nel mondo scientifico, tant’è che l‘Efsa nel maggio 2018 ha fissato un livello di sicurezza di 10 μg/kg di peso corporeo come dose acuta di riferimento – ARfD (1) . Il livello di sicurezza può essere oltrepassato dai soggetti che consumano grandi quantità di semi di papavero o di alimenti contenenti questi semi non trasformati. Efsa però precisa che il lavaggio, il trattamento termico e la macinatura dei semi possono ridurre il contenuto di alcaloidi del 25-100%. Anche la Dgccrf del ministero della Salute francese in un comunicato datato marzo 2019 raccomanda di “non mangiare dolci o prodotti di panetteria contenenti abbondanti quantità di semi di papavero prima di mettersi alla guida e invita donne incinte o in allattamento o bambini e anziani con problemi respiratori o di ritenzione urinaria a evitare i semi”.
Gli alcaloidi oppiacei nei semi di papavero
I semi di papavero sono ottenuti dal papavero da oppio (Papaver somniferum). Il lattice (linfa lattea) del papavero da oppio contiene fino a 80 alcaloidi, tra cui morfina e codeina, che sono utilizzati per il trattamento di dolori gravi da generazioni, ma sono anche soggetti ad abuso. I semi sono usati come alimento e per produrre olio commestibile.
In alcuni Paesi dell’Europa centro-orientale i semi di papavero sono usati per tradizione su pane, prodotti da forno e dessert. I semi di papavero di solito non contengono alcaloidi oppiacei, ma possono venirne contaminati a seguito di infestazione parassitaria e durante la fase di raccolta. Ci sono poche segnalazioni di effetti nocivi derivanti dal consumo di semi di papavero negli alimenti; tuttavia non si può escludere che tali reazioni occasionalmente possano verificarsi. Effetti morfino-simili sono stati osservati nell’uomo dopo il consumo di una sola porzione di semi di papavero contaminati da alcaloidi oppiacei.
Le donne in gravidanza, i neonati, i soggetti di età superiore a 75 anni e quelli affetti da patologie con funzionalità respiratoria alterata sono i sottogruppi più sensibili agli effetti nocivi della morfina.
(1) Per dose acuta di riferimento (ARfD) s’intende la stima della quantità di una sostanza in un alimento – normalmente espressa in rapporto al peso corporeo (mg/kg o μg/kg di peso corporeo) – che può essere ingerita in un periodo di 24 ore o meno senza alcun rischio apprezzabile per la salute del consumatore.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
Certo è che esiste anche una pretesa piuttosto complessa da sostenere, da parte del corpo giudiziario, di responsabilità su tutte le possibili conseguenze di un uso di un qualsivoglia prodotto industriale.
Direi che, visto il fatto che l’EFSA si è sentita in dovere nel 2016 di dare dei dati di riferimento, per l’uso dei semi di papavero, la Barilla può essere considerata innocente, la questione essere archiviata sotto la dicitura “fatalità”, con una transazione bonaria nei confronti del danno subito; ma forse al tizio converrebbe presentare un’istanza di revisione dei risultati proprio in conseguenza della tardiva informazione dell’EFSA.
Credo che in cassazione (perché ci andranno) la sentenza sarà a favore di Barilla anche se il tizio ha sicuramente dei diritti, ma non nei confronti dell’azienda bensì nei confronti dell’ente che ha effettuato l’analisi che avrebbe (per la stessa ragione) dovuto avvertire di non nutrirsi di cibi contenenti semi di papavero!
La modernità a volte è alquanto complessa e crea vittime innocenti o co-vittime di una imbrevedibilità latente!
Non ci risulta che Barilla abbia inoltrato richiesta per altri gradi di giudizio ( si trattava già di appello ) quindi la condanna si può considerare definitiva.
Per precauzione, in base a tale sentenza si dovrebbe escludere l’utilizzo di semi di papavero nei prodotti alimentari. Ma sulla base delle raccomandazioni EFSA, a parte utilizzi massicci, sembra trattarsi di un falso problema è nel caso specifico il giudice dovrebbe attenersi alla scienza. Sono tanti anni che viene proposto di trasmettere tali casi ad una figura di giudice scientificamente abilitato e non tuttologo.
Basterebbe anche un warning sull’etichetta
Buongiorno Dott. La Pira, penso che Lei sappia che i semi di papavero vengono venduti in molti supermercati e sono presenti in quantità notevoli in una torta tipica tirolese venduta nelle pasticcerie. Non ho mai visto warning in tal senso sui sacchetti di semi venduti.
La storia dell’etichettatura delle preparazioni alimentari è piena di revisioni che hanno dato come risultato dei warning talvolta imposti dalla normativa in modo molto perentorio.
Non sono d’accordo con il fatto che “siccome oggi non esistono prodotti venduti con un warning in etichetta” si possa escludere una responsabilità del produttore.
Difatti è compito di chi prepara gli alimenti documentarsi su tutti i rischi e in particolare su quelli che possono determinare effetti collaterali sulle fasce deboli oppure possono creare pregiudizi per lo svolgimento di una vita regolare.
In questo caso esiste una comunicazione dell’EFSA che risale al 2011: “L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha pubblicato un parere scientifico nel quale si conclude che il consumo di alimenti contenenti semi di papavero potrebbe rappresentare una preoccupazione sanitaria per alcuni consumatori” In base a questa comunicazione si comprende come venga disatteso il principio di precauzione e di conseguenza la corretta informazione del consumatore viene indotto dalla pubblicità a pensare che il prodotto assunto abbia caratteristiche salutistiche senza effetti collaterali indesiderati.
Le Scienze pubblicavano uno studio “Papaveri e Morfina – Il percorso della produzione chimica della morfina nei papaveri da oppio è stato determinato usando tecniche di visualizzazione molecolare” nel 2004. Probabilmente Barilla ha preso atto anche di tale documento, oltre della segnalazione della parte lesa, procedendo al richiamo del prodotto dal mercato.