Quando si parla di consumo di carne nel mondo, molto spesso ci si basa su informazioni poco attendibili e luoghi comuni. La realtà, almeno da alcuni punti di vista, è diversa dalla vulgata, a cominciare dal fatto che nei Paesi occidentali e ricchi esso non è diminuito nel complesso, ma ha solo cambiato forma, dando più spazio al pollo e alle carni bianche e meno a quelle rosse. Per fare un po’ di ordine e restituire un quadro più veritiero ai lettori, la BBC ha chiesto a un’analista dell’Università di Oxford, Hanna Ritchie, che lavora al progetto no profit Our World in Data, di riassumere la situazione. Il primo numero evidenziato gela subito gli entusiasmi: se negli anni Sessanta la produzione di carne era pari a 70 milioni di tonnellate, nel 2017 è arrivata a 330 milioni, equivalente a un incremento di cinque volte.
La causa è l’incremento della popolazione mondiale, arrivata ormai a quasi 8 miliardi, ma anche il fatto che più una nazione diventa ricca più lievitano i consumi di carne come è avvenuto in Cina. Negli anni Sessanta il quantitativo medio era di 5 kg a persona all’anno, 20 anni dopo è salito a 20, e oggi è già a 60. Un trend simile si registra in Brasile, dove i numeri sono raddoppiati dagli anni Novanta a oggi arrivando a raggiungere i 97,5 kg nel 2013, mentre il Kenya è rimasto stabile sia per quanto riguarda il Pil, sia per il consumo di carne (circa 14 kg).
Sempre nel 2013, i paesi più carnivori erano gli Stati Uniti e l’Australia, con circa 100 kg di carne pro capite all’anno prodotta (e non necessariamente consumata), mentre all’estremo opposto del range vi erano Paesi come l’Etiopia con 7 kg, il Ruanda con 8 kg e la Nigeria con 9, ovvero un decimo circa rispetto all’Europa, stabile tra gli 80 e i 90 kg.
Un caso a parte è quello dell’India dove, a differenza di quanto generalmente creduto, almeno due terzi della popolazione mangiano carne. Per fortuna il consumo non è cresciuto con l’aumento della ricchezza del Paese, triplicata dagli anni Novanta a oggi, probabilmente per questioni culturali e religiose: nel 2013 era fermo a meno di 4 kg pro capite all’anno, uno dei valori più bassi al mondo.
Per tornare ai Paesi che ne consumano di più, secondo i dati disponibili nel 2018 gli Stati Uniti hanno toccato nuovi record (più di 115 kg a testa, pari a oltre 50 polli o mezza mucca), spalleggiati dall’Argentina (107 kg) e superati dall’Australia (116 kg), anche se le carni rosse hanno meno successo di un tempo e la metà dei consumi riguarda il pollo. Questo, aggiunge la Ritchie, è un bene per la salute e per il pianeta, visto che l’impronta ambientale complessiva del pollo è circa un decimo rispetto a quella del manzo, pessimo convertitore di cibo in proteine e grande emettitore di metano. Resta comunque un valore altissimo, che non ha nulla a che vedere con il fabbisogno minimo.
L’unica soluzione, conclude la ricercatrice, è far tornare la carne bene di lusso, in modo che sia consumata solo sporadicamente.
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Giornalista scientifica
Bell’articolo , solo inserirei quante solo le quote di assunzione ottimali dato che dall’articolo traspare solo il “meno è meglio è” quando in teoria 200 300gr a settimana sono tranquillamente definibili accettabili
Resta il fatto che ognuno di noi non puó piú ritenere accettabile 200/300 grammi a settimana di carne; non perché sia troppa ma perché se tutti facessimo così (e lo stiamo facendo) il problema degli allevamenti intensivi, pratiche scorrette degli allevatori per massimizzare i profitti, degli antibiotici, e piú in generale dell’inquinamento dell’ambiente (percolato falde acquifere di residui di allevamento, metano prodotto dai bovini..pm10 pianura padana con immissione di ammoniaca degli allevamenti int.) NON LO RISOLVEREMO MAI.
quindi, MENO É MEGLIO. Incominciamo a mangiare la carne una volta al MESE con RISPETTO e compensiamo con legumi, cereali integrali (avena,orzo,segale..) zuppe e frutta e vedrete che la carne non assumerá piú quel ruolo primario e onnipresente dei giorni nostri frutto di linee guida alimentari degli anni del dopoguerra quando si faceva davvero la fame e la carne mangiata con quotidianitá poteva rappresentare un valido aiuto contro la….morte.
Oggi ciascuno di noi mangia almeno 3 volte al giorno quindi non ha piú scuse.
Secondo la commissione EAT di Lancet (https://www.thelancet.com/commissions/EAT), composta da 37 esperti, la quantità accettabile per coniugare salute del pianeta e salute umana è 100 grammi di carne rossa (da 7 a 14 grammi al giorno) e 200 di pollame a settimana. La carne rossa dovrebbbe tornare a essere una pietanza quasi occasionale
Confermo!! studio molto completo da diffondere il più possibile in modo capillare….
Secondo una relazione di un ricercatore zootecnico Dell università della Tuscia, ascoltato ieri in un convegno al policlinico Umberto 1 di Roma, si possono avere allevamenti intensivi che rispettano sia l ambiente che il benessere animale…
L’OMS dice che il fabbisogno proteico giornaliero è intorno a 0,8 g per kg di peso corporeo. Per un maschio adulto medio sedentario significa circa 56-60 g al giorno di proteine, ovvero intorno a 400 g a settimana.
100 g di carne (bovina o pollame non fa molta differenza) contengono in media 20 g di proteine (se si parla di tagli magri, anche 23-25 g) completamente assimilabili.
50 g di legumi secchi (una porzione MOLTO abbondante) contengono intorno ai 10-12 g di proteine, assimilabili solo in parte e solo se i legumi sono cotti a lungo e lentamente.
100 g di cereali integrali (compresi il pane integrale) contengono tra i 10 e i 15 g di proteine.
Quindi 300 g totali di carne a settimana fornirebbero circa 60, max 75 g dei 400 g di proteine necessari secondo l’OMS.
Per coprire i restanti 325 g di proteine necessari occorrerebbero circa 1,5 kg di cereali integrali + 0,5 kg di legumi secchi. Ovviamente se non si considerano altre fonti proteiche, come uova, latte e formaggi, che derivano sempre da allevamenti animali intensivi.
300 g di carne possono venir forniti dal petto intero di un solo pollo. L’allevamento avicolo è uno di quelli a minor impatto ambientale e in media richiede, a parità di valore calorico, da 2 a 6 volte le risorse necessarie per la coltivazione dei cereali (http://www.lescienze.it/news/2014/07/22/news/impatto_ambientale_alimenti_origine_animale-2220499/?refresh_ce). Il valore calorico di 300 g di petto di pollo è di 225 kcal, pari a quello di 50 g di cereali integrali. Ma dato che per completare la nostra dieta occorrerebbero 1500 g di cereali, ovvero 30 volte di più di 50 g, le risorse necessarie per ottenere 1500 g di cereali equivalgono da 2 a 5 volte quelle necessarie per ottenere 300 g di petto di pollo.
Concordo sul fatto che i valori indicati dalla commissione Eat di Lancet, più restrittivi di quelli dell’OMS, sono eccessivi, e del resto questo è stato sottolineato da commentatori più che autorevoli. Ma credo anche che il messaggio fondamentale che la commissione ha voluto lanciare fosse un altro, e cioè che l’alimentazione occidentale (e non solo) attuale è sbilanciata, eccessiva e fa troppo affidamento sulla carne, e che i sistemi di allevamento industriali, compresi quelli dei polli, sono assolutamente devastanti per il pianeta, come dimostrano tutti – nessuno escluso – i numerosi studi di impatto ambientale condotti negli ultimi anni da organismi più che affidabili a cominciare dalla FAO: né noi, che ci ammaliamo sempre di più di patologie da benessere, né il pianeta ce lo possiamo più permettere, e prima lo capiremo meglio sarà per tutti. Si affacciano all’orizzonte delle nostre tavole altre fonti proteiche come gli insetti o le microalghe, o le carni coltivate, e credo che sarà bene iniziare a familiarizzare con l’idea (e non solo con quella…) se vogliamo che i nostri figli abbiano ancora qualcosa da portare in tavola anche solo tra pochi anni
I ruminanti hanno un indice di conversione inferiore ma non sono dei competitori rispetto l uomo, alimentazione basata su foraggi, non utilizzabili dall’uomo. Se vogliamo aiutare l’ ambiente e favorire un agricoltura con basso impatto ambientale dobbiamo ritornare a girare nelle nostre campagne e capire che non tutti gli allevamenti sono intensivi e con nessun impatto ambientale
Non sono dei competitori dell’uomo? Sono i principali competitori dell’uomo. Il 75% della soia e il 50% del grano coltivato nel mondo e’ destinato all’alimentazione degli animali da allevamento invece che a quella dell’uomo. Nelle campagne ci giro e di mucche al pascolo non ne vedo senza contare che una mucca nutrita al pascolo richiederebbe una enorme superficie di terreno e risulta ancora piu’ inefficiente…
200gr di carne bianca a settimana
100gr di rossa a settimana
compensare il deficit con cereali e legumi…
buona fortuna.
Concordo in pieno con la tesi della giornalista, mangiare il meno possibile carne, dovrebbe essere un obbligo per tutti noi. Così facendo faremo del bene alla nostra salute e all’ambiente.
Abbiamo a disposizione i cibi della dieta mediterranea facciamone un buon uso.
cominciamo a cacciare le lobbies del settore dagli studi per definire la qtità giusta di proteine animali assumibile pro capite e poi ne riparliamo
Portiamo l’IVA degli alimenti potenzialmente pericolosi se assunti in eccesso al 30%, così si ridurranno automaticamente i consumi, gli allevamenti intensivi, l’inquinamento ambientale ed in ultimo stadio ma primo per importanza, le spese sanitarie.
Questo è il sistema più rapido ed efficace per fare prevenzione sulla maggioranza della popolazione, ricchi esclusi ma che hanno disponibilità per autocurarsi se impenitenti.
E per i poveri se proprio la desiderano, una sana bistecca gratis a settimana!!