Il 1° giugno 2010 a Parma, le aziende di prodotti salutistici avevano espresso malcontento per l’approccio farmaceutico adottato dall’Efsa nel valutare la fondatezza scientifica di informazioni che, ormai per tradizione, associano il consumo di alcuni alimenti a determinati benefici per la salute (per esempio, “il calcio e la vitamina D aiutano le ossa”). 

Il 12 luglio, a Bruxelles, il Comitato permanente per la filiera alimentare e il benessere animale (organo con potere decisionale, composto dagli Stati membri e dalla Commissione europea) ha stabilito di rimandare all’autunno il voto sul progetto di regolamento che dovrebbe autorizzare un primo gruppo d’indicazioni salutistiche approvate dall’Efsa.

Ci sono opinioni diverse sull’opportunità di ammettere claims poco comprensibili per i consumatori: per esempio, “il rame aiuta a mantenere i tessuti connettivi”. Ma, a ben vedere, il dibattito sulla comprensibilità delle diciture è solo la punta dell’iceberg.

Da un lato, ci sono pressioni affinché le autorizzazioni degli health claims – e i divieti di quelli non approvati – procedano al passo con le valutazioni dell’Efsa, per blocchi di opinioni (4-500 ogni blocco, tra il 2009 e il 2011-2012, per un totale di circa 3 mila pareri).

D’altra parte, la “lottizzazione” delle autorizzazioni non è contemplata dal regolamento comunitario, né condivisa da chi produce ingredienti e alimentii, che invece esigono la certezza delle regole e pretendono che vengano applicate contestualmente per tutti i claims sottoposti all’esame dell’Efsa.

Il rischio è di trovarsi sul mercato penalizzati oppure avvantaggiati non perché i prodotti di siano più o meno “salutari”, ma solo perché il rispettivo claim è stato approvato dopo o prima degli altri.

In aprile, oltre 400 imprese europee hanno firmato una lettera rivolta al presidente della Commissione Jose Manuel Barroso, chiedendo il suo intervento per impedire che l’applicazione anomala della normativa produca effetti “potenzialmente devastanti” sull’industria alimentare.

Il 4 giugno, l’onorevole Mario Mauro (già vicepresidente del Parlamento europeo) ha presentato un’interrogazione, sottoscritta da oltre 50 eurodeputati, in cui si deplorano “mancanza di chiarezza e di trasparenza”, “incertezza giuridica”, “distorsione della concorrenza”, “svantaggio competitivo rispetto alle imprese di Paesi terzi”, “disincentivo a ricerca e sviluppo nel settore alimentare”, “assenza di valutazione dell’impatto economico sulle imprese, PMI in particolare”.

La situazione è complessa. Il rischio è quello di vedere scomparire le indicazioni per l’uso di molti prodotti erboristici e integratori alimentari. Se ciò accadesse, i consumatori non avrebbero più a disposizione le informazioni sulle etichette di questi prodotti, e dovrebbero necessariamente chiedere aiuto al momento dell’acquisto in erboristeria, farmacia o parafarmacia. In più, una volta riposti i prodotti in dispensa, non sarà facile ricordare la funzione di ciascuno di essi senza un’etichetta divulgativa.

E allora, non vale la pena di fermarsi, prestare ascolto alle istituzioni e alle parti coinvolte? Cercare di trovare una soluzione ragionevole, anziché imporre discutibili dogmi, per trasformare il problema in un’opportunità?

Dario Dongo

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