Chi ha paura del glifosato? Boom di analisi e controlli per la presenza in alimenti e fluidi biologici. Monsanto: «scienza spazzatura»
Chi ha paura del glifosato? Boom di analisi e controlli per la presenza in alimenti e fluidi biologici. Monsanto: «scienza spazzatura»
Agnese Codignola 28 Aprile 2015L’erbicida glifosato è un probabile cancerogeno per l’uomo: è quanto ha sostenuto l’International Agency for Research on Cancer (IARC) dell’OMS di Lione, basandosi su uno studio pubblicato su Lancet Oncology. Secondo Monsanto si tratterebbe di “scienza spazzatura”. Indubbiamente molti enti regolatori e agenzie tra i quali l’EFSA, in passato, hanno assolto la sostanza, ma intanto alcune aziende americane che offrono test sui residui di glifosato hanno reso noto di avere un numero di richieste record. L’Environmental Protection Agency (EPA) americana, anch’essa tra i promotori dell’erbicida, nel dubbio, ha invitato le aziende a effettuare controlli a tappeto su molti prodotti per uso umano, e ha annunciato che ne eseguirà in proprio.
In attesa di conseguenze normative o legali qualcosa si muove. In un comunicato di qualche giorno fa, l’agenzia stampa Reuters ricordava che la Microbe Inotech Laboratories di Saint Louis, dopo la dichiarazione dello IARC, riceve 3-4 richieste ogni settimana per verificare la presenza del glifosato in alimenti e altri prodotti (rispetto ad una media di 3-4 test l’anno). La maggior parte delle richieste viene da piccole aziende, una da un’associazione di consumatori (relativa al latte in polvere), e una da un’associazione medica che vuole verificare la presenza dell’erbicida nelle urine dei pazienti. Gli esami condotti finora hanno dato esito positivo in 3 campioni di latte materno, sui 18 analizzati, e in 6 dei 40 campioni di latte artificiale.
Un’altra azienda che esegue i test, la Abraxis, di Warminster (in Pennsylvania), ha parlato di aumento molto significativo delle richieste. Analisi su alimenti effettuate dalla stessa company hanno rilevato la presenza dell’erbicida in 41 campioni su 69 di miele, e in 10 su 28 di salsa di soia. Infine, anche l’Università del North Dakota ha trovato la sostanza in molti lotti di farina , ed è probabile che chiunque la cerchi la trovi in elevate percentuali, essendo stata usata per anni ovunque. Anche per questo si è mossa l’EPA, che ha caldeggiato l’avvio di verifiche estese come ha riferito ancora la Reuters. Il motivo è semplice: finora il governo, pur effettuando migliaia di test l’anno sui pesticidi ed erbicidi non cercava il glifosato, se non in modo episodico. L’ultima tornata di analisi, nel 2011, era stata condotta su 300 campioni di soia: 271 erano positivi, ma tutti avevano un livello inferiore ai limiti di sicurezza, pari a 20 parti per milione (la media era compresa tra 0,26 e 18,5 ppm). Ora dovrebbero essere fatti controlli su alcuni degli alimenti più comuni quali mais, barbabietole da zucchero e altre sementi, soprattutto OGM. La decisione finale sul tipo e la quantità di esami da effettuare, comunque, è demandata allo US Department of Agriculture and its Pesticide Data Program, che dal 1991 a oggi ha testato migliaia di prodotti chimici usati in agricoltura su migliaia di campioni, e che avvisa le autorità ogni qualvolta trovi valori che eccedono i limiti fissati (oltre 400 test in alimenti e acqua nel solo 2013).
C’è poi una questione di costi: verificare la presenza dell’erbicida costa di più rispetto ad altri composti. A dispetto delle rassicurazioni della Monsanto, la vicenda del Roundup e degli altri prodotti a base di glifosato è tutt’altro che chiusa, e probabilmente nei prossimi mesi ci saranno molti sviluppi, anche perché l’opinione pubblica oggi è più informata e attenta e pretende prove e dati, trattandosi di una sostanza quasi ubiquitaria.
Agnese Codignola
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Giornalista scientifica