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Un etichetta che comparirà sulle bibite zuccherate in California

La California ancora una volta fa da apripista per gli altri Stati della confederazione: il Senato ha infatti appena approvato, con 21 voti a favore e 13 contrari, l’obbligo di scrivere sui contenitori (bottiglie, lattine eccetera) e sui distributori automatici di bibite zuccherate, che queste possono favorire l’obesità, il diabete di tipo 2 e la carie. La mancata attuazione della legge prevede una multa da 50 a 500 dollari, grazie al lavoro di controllo regolare e stringente delle autorità preposte.

 

La legge dovrà ora passare il vaglio della seconda camera, l’Assemblea, e in seguito essere firmata dall’attuale governatore, Jerry Brown. Ovviamente i produttori non stanno a guardare: si sono mobilitata in massa, esercitando tutto il loro potere di lobby, anche se sembra che ciò non intaccherà le decisioni della seconda camera. Se tutto andrà come previsto la California, che per prima nel 2005 ha vietato la vendita di bevande dolci e di junk food nelle scuole pubbliche, sarà quindi anche la prima a far passare questo tipo di normativa. Grazie a questa legge si vogliono anche seppellire definitivamente le ragioni di chi sostiene che le cosiddette sodas – le bibite gasate e zuccherate – non abbiano alcun ruolo nell’epidemia di obesità che ha investito gli Stati Uniti e tutti i paesi più ricchi, e che si fa molta fatica a contrastare. L’anno scorso la proposta di tassare le sodas non era passata, ma adesso la sensibilità dell’opinione pubblica – e con essa quella dei politici locali – potrebbe essere diversa.

 

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L’ex sindaco di Nwe York aveva provato a vietare la vendita di bibite in formato extra large nei luoghi pubblici

L’iniziativa, del resto, si inserisce nel solco della campagna lanciata negli anni scorsi dall’ex sindaco di New York Michael Bloomberg, che era riuscito, per un periodo e non senza difficoltà, a vietare la vendita di bicchieri extra large di sodas nei luoghi pubblici, negli impianti sportivi e così via. Ma a Bloomberg non era andata bene: un ricorso intentato e vinto dai produttori aveva causato il blocco della normativa, e tutto era tornato come prima. Nel frattempo, però, molti Stati hanno iniziato un dibattito pubblico su questo tipo di soluzioni, e molti attendono la decisione della California come una sorta di via libera per procedere. Una delle argomentazioni a sfavore di queste iniziative basata sul fatto che lo Stato non deve assumere, verso i suoi cittadini, una funzione iperprotettiva, da tata (nanny), sembra avere sempre meno sostenitori: visto che è lo Stato a dover pagare le conseguenze sanitarie e sociali legate all’obesità, si sottolinea da più parti, è lo Stato ad aver diritto di cercare di prevenire i danni, pur lasciando libertà di scelta ai consumatori.

 

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L’idea ha trovato supporto anche in UK: il nutrizionista Simon Capewell vorrebbe esportarla anche nel suo paese

L’iniziativa, peraltro, ha trovato pieno appoggio dall’altra parte dell’Atlantico, sulle colonne del British Medical Journal. Simon Capewell, nutrizionista dell’Università di Liverpool, non solo l’ha definita opportuna, ma ha chiesto pubblicamente al suo Paese, la Gran Bretagna, di fare altrettanto. «Molti dei prodotti pericolosi per la salute come gli insetticidi e le sigarette recano scritte molto chiare, la cui efficacia è stata ormai accettata da quasi tutti. È giunto il momento di pensare anche agli alimenti, visto che le iniziative prese fino a oggi per contrastare la tendenza all’aumento dell’obesità non sono risultate molto efficaci», ha sottolineato l’esperto, ricordando che secondo un recente sondaggio della BBC circa il 60% dei sudditi di sua Maestà sarebbe favorevole all’introduzione di scritte relative ai rischi per la salute sulle bevande dolci e sul junk food, e che il 70% degli intervistati sarebbe per il bando assoluto del drink dolci dalle scuole, e per limitare per legge la quantità di zucchero in alcuni alimenti. Anche l’opinione pubblica britannica sembra quindi favorevole a un cambio di approccio nei confronti dei principali responsabili dell’aumento di peso.

 

«Le strategie per controllare le calorie», ha sottolineato ancora Capewell, «devono mutuare gli strumenti più adatti da quelle messe in atto contro alcol e tabacco». Anche perché le cose inizieranno a cambiare, sempre secondo il nutrizionista, solo a forza di insistere. In seguito alla campagna Action on sugar, per esempio, la Tesco ha scritto a tutti i fornitori invitandoli a eliminare lo zucchero da tutte le bibite per bambini, mentre la Coop locale ha iniziato a pianificare la stessa cosa per i prodotti a marchio. Indicare i pericoli per la salute in etichetta – ha concluso Capewell – può essere un tassello importante di una strategia che deve essere necessariamente basata su più aspetti come la tassazione, le restrizioni nella vendita, le campagne informative.

 

 Agnese Codignola

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