Cane jack russell aspetta la ciotola piena di croccantini; pet food, ultraprocessati

L’attuale evoluzione ed espansione del comparto pet food rende necessario un sistema normativo più dinamico, aggiornato, semplice, chiaro e uniforme. A vantaggio tanto dei produttori che dei consumatori. Il tema è stato al centro dell’ultima edizione del Pet food Forum, tenutosi lo scorso maggio a Kansas City (Missouri). In questa occasione un panel di esperti del Pet Food Institute ha affrontato l’argomento sostenendo la necessità di un cambiamento dell’attuale guazzabuglio di leggi e regolamenti che disciplinano la produzione e la vendita di prodotti alimentari per animali domestici nei diversi Paesi.

Il problema è particolarmente sentito negli Usa dove, in mancanza di un ufficio unico di sorveglianza, gli attori del comparto devono fare i conti con normative statali difformi tra loro, a cui si aggiungono disposizioni federali (come gli accordi degli Stati con la Food and Drug Administration), congressuali (come il Food Safety Modernization Act) e associative, che spesso rendono difficili l’approvvigionamento, la produzione e la commercializzazione al di là dei confini nazionali.

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La responsabilità di regolare e controllare la produzione, la commercializzazione e l’importazione di alimenti destinati agli animali domestici è condivisa tra Consiglio, Parlamento e Commissione europea, a le associazioni veterinarie e di produttori

Neppure in Unione europea esiste una vera e propria legislazione unitaria per il pet food. La responsabilità di regolare e controllare la produzione, la commercializzazione e l’importazione di alimenti destinati agli animali domestici, infatti, è condivisa da Consiglio, Parlamento e Commissione europea, che emanano norme e direttive, dalle associazioni veterinarie e dalle associazioni di produttori. Tra queste ultime è alla Federazione europea delle industrie degli alimenti per animali che spetta il compito di fissare gli standard di etichettatura (Good Labelling Practice for Pet Food), mentre sono le autorità nazionali a dover far applicare queste norme e direttive in modo corretto e a fornire dichiarazioni di conformità degli impianti e dei metodi produttivi.

Tuttavia nel Vecchio Continente i controlli sulla conformità e la sicurezza del cibo per animali domestici (ma anche dei mangimi) sono particolarmente rigidi, le norme vengono osservate dal 99% dei paesi membri anche quando non hanno un fondamento giuridico vincolante e, prima di essere commercializzato, qualsiasi prodotto deve ottenere l’approvazione da parte dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare. Gli aspetti maggiormente regolamentati e verificati riguardano la sicurezza degli ingredienti (additivi inclusi), la tracciabilità e la sostenibilità dell’approvvigionamento, l’impatto ambientale degli imballaggi e la trasparenza dell’etichettatura (disciplinati, tra gli altri, dal Regolamento 767/2009 e assicurati da certificazioni come la ISO 9001 e la ISO 14001).

Gatto grigio a pelo lungo mangia bocconcini di cibo per gatti da un piattino
Negli Stati Uniti l’aderenza dei prodotti agli standard è misurata soprattutto sulla base delle valutazioni espresse dai consumatori e dei loro eventuali reclami

Non si tratta però di tutele garantite in tutto il mondo. Negli Stati Uniti la produzione e l’etichettatura degli alimenti per animali è regolata dalla Food and Drug Administration, insieme al Centro di medicina veterinaria, all’Associazione ufficiale americana per il controllo degli alimenti per animali e al Dipartimento dell’agricoltura, ma alcuni Stati hanno normative interne per quanto riguarda i requisiti che il pet food deve rispettare (sia dal punto di vista nutrizionale sia per quanto riguarda la trasparenza verso il consumatore). Questi alimenti, inoltre, non devono essere approvati prima di essere commercializzati, purché siano formulati con ingredienti considerati sicuri e commestibili sulla base del Federal Food, Drug, and Cosmetic Act, nonché delle autodichiarazioni che, a livello statale, le aziende produttrici sono tenute a presentare annualmente al Servizio di ispezione sanitaria per animali e vegetali. Ispezioni delle strutture e controlli a campione dei prodotti sono tuttavia sporadici e l’aderenza dei prodotti agli standard è misurata soprattutto sulla base delle valutazioni espresse da consumatori e veterinari e dei loro eventuali reclami.

La situazione è ancora più complicata in Canada, dove l’Agenzia nazionale per il controllo degli alimenti sovrintende all’importazione dei prodotti per animali, ma la regolamentazione della loro produzione interna è affidata all’iniziativa privata di organizzazioni volontarie (come la Pet Food Association of Canada) e a un accordo stipulato tra le aziende produttrici e il governo, che ha la responsabilità di delineare norme, regole e consigli la cui applicazione resta su base volontaria.

Pet food: ciotole con vari tipi di crocchette e osso
In Cina non è previsto alcun tipo di sanzionamento per coloro che commettono crimini o reati nella produzione o commercializzazione del pet food

In Cina infine, dove almeno dagli ultimi cinque anni il mercato del pet food vive una fase di consistente espansione, non c’è un’associazione o un organo deputato alla regolamentazione della produzione di alimenti per animali e, nonostante esistano alcune norme e regole in merito, queste sono difficili da individuare, sepolte tra la miriade di decreti, indisponibili alla consultazione pubblica o applicate solo in via sperimentale e selettiva nelle province dove sono situate le aziende produttrici e con un minimo impatto sul processo di produzione in generale. Infatti la China Food and Drug Administration, la Commissione nazionale per la salute e la pianificazione familiare, il ministero dell’Agricoltura e l’Amministrazione generale per la supervisione della qualità, l’ispezione e la quarantena, che si occupano di regolamentare e supervisionare la produzione e la messa in commercio degli alimenti destinati al consumo umano, non hanno voce in capitolo sul pet food. Non è inoltre previsto alcun tipo di sanzioni per chi commette crimini o reati in quest’ambito. Questo, sebbene la Cina stia attirando sempre più investimenti stranieri, pone alcuni problemi etici che possono riflettersi anche sulla credibilità dei grandi brand internazionali che scelgono di ampliare lì la loro produzione, nonché sulla possibilità di esportare in patria i beni prodotti in questo Paese.

Come sottolineato in occasione dell’ultimo Pet food Forum di Kansas City, oggi anche il segmento del cibo per animali da compagnia deve fare i conti con un’economia globale in cui non è pensabile che le aziende producano per un singolo Stato e in cui i consumatori si aspettano che tutti i brand rispettino le stesse regole, necessarie per evitare ostacoli negli scambi internazionali, e per assicurare gli stessi standard di sicurezza a tutti i prodotti (anche in virtù del fatto che l’e-commerce li rende ugualmente accessibili).

A questo scopo negli Stati Uniti il Pet Food Institute ha proposto un nuovo sistema, con l’obiettivo di regolamentare a livello federale il cibo per animali da compagnia, mentre, per quanto riguarda i Paesi in cui il settore è ancora in fase di sviluppo, un ruolo fondamentale in questo senso potrà essere svolto dalle aziende occidentali già affermate, che scelgono di investirvi e ampliare il proprio mercato. A loro può spettare il compito di esportare ed espandere quel panorama di valori fatto di attenzione per la qualità e la sicurezza degli ingredienti e dei processi produttivi, rispetto per gli animali e trasparenza verso i loro proprietari, nonché acquirenti dei prodotti a loro destinati. Solo così, in attesa di una legislazione unica globale e di un sistema di valori etici condivisi in diverse aree del mondo, sarà possibile gettare le basi per un mercato del pet food unito e affidabile.

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