Le nanoparticelle sono degli insiemi di atomi o molecole le cui tre dimensioni (lunghezza, larghezza e altezza) sono comprese fra 1 e 100 nanometri. Per rendersi conto di cosa stiamo parlando basta dire che un nanometro corrisponde ad un milionesimo di millimetro (da 40 a 80 mila volte più sottile di un capello). Anche se invisibili ad occhio nudo le nanoparticelle e i nanomateriali (termine più ampio che comprende materiali di cui almeno una dimensione è in scala “nano”) trovano sempre più applicazioni nei prodotti di uso comune (come farmaci, dentifrici e cosmetici). Molte sono le potenziali applicazioni negli alimenti sotto forma di additivi o ingredienti, recentemente normati dal Regolamento europeo sui “novel foods” (1). Tutto ciò però accade anche se non si conoscono bene gli effetti sulla salute.
In Unione Europea, per essere utilizzati negli alimenti, i nanomateriali devono seguire una procedura di autorizzazione, che prevede una preventiva valutazione del rischio da parte dell’Efsa. Fino ad ora sono state concesse autorizzazioni solo per alcuni additivi da usare come materiale plastico a contatto con gli alimenti (soprattutto bevande) di cui non è stata evidenziata la migrazione nel cibo. Da parte dell’industria c’è però l’interesse ad un impiego delle nanoparticelle direttamente nella preparazione degli alimenti, per migliorare le caratteristiche tecnologiche. Efsa non ha ancora ricevuto richieste in questo senso, anche se da molti anni esistono additivi autorizzati che hanno dimensioni nano. Il biossido di silicio (E551), per esempio, è un antiagglomerante utilizzato nei prodotti liofilizzati e in polvere per rendere più fluide salse come il ketchup. Il biossido di titanio (E171), che però ha dimensioni medie superiori a 100 nm ed è solo in parte in forma “nano”, viene aggiunto nelle creme delle brioche per migliorare il colore bianco della farcitura. La cosa importante da ricordare è che le particelle nanometriche, come quelle dell’argento e del biossido di titanio, hanno proprietà che gli stessi materiali in dimensioni macroscopiche non hanno.
La nuova normativa europea prevede che la presenza di ingredienti o additivi “nano” debba essere dichiarata in etichetta (2). Per controllare l’applicazione della norma, l’associazione ambientalista francese Agir pour l’environnement ha analizzato alcuni prodotti comprati al supermercato, verificando in laboratorio l’eventuale presenza di additivi “nano”. I prodotti scelti sono stati sottoposti ad analisi fisico-chimiche (dolcetti al cioccolato Napolitain LU, gomma da masticare Malabar, spezzatino di vitello in scatola William Saurin con biossido di titanio, e il mix di spezie per guacamole Carrefour con biossido di silicio) che hanno evidenziato la presenza di additivi in forma nano non dichiarati sull’etichetta.
L’Efsa sta riesaminando la sicurezza di questi additivi autorizzati molti anni prima delle nuove recenti norme sugli ingredienti “nano” e sulla relativa etichettatura. Il lavoro non è facile perché le conoscenze sugli effetti delle nanoparticelle sono lacunose e faticano a tenere il passo con lo sviluppo tecnologico del settore. Alcuni studi hanno lanciato l’allarme sui possibili effetti negativi sull’uomo, trattandosi di composti talmente piccoli da essere in grado di entrare nel circolo sanguigno e distribuirsi in tutti gli organi e i tessuti, con conseguenze solo parzialmente conosciute e prevedibili. Per questo motivo l’Unione Europea, oltre ad averne regolamentato l’impiego negli alimenti, è impegnata a promuovere e finanziare la ricerca per stabilire livelli di sicurezza.
«L’Efsa deve fare i conti con carenze conoscitive importanti – spiega Francesco Cubadda dell’Istituto superiore di sanità, esperto di valutazione del rischio dei nanomateriali – e bisogna considerare che il mondo delle nanotecnologie è un settore che avanza ogni anno con una velocità dieci volte superiore rispetto ad altri ed è impegnativo restare aggiornati con i test tossicologici e analitici appropriati». Infatti, sono numerosi i parametri fisico-chimici delle nanoparticelle che influenzano il modo di interagire con il nostro organismo. Per fare una valutazione di sicurezza occorre considerare diversi elementi come, per esempio, la dimensione, l’area superficiale, i rivestimenti, la morfologia e la solubilità. «Fino a quando non si riuscirà ad elaborare dei paradigmi generali per interpretare le indagini tossicologiche – continua Cubadda – è necessario valutare tutti i parametri caratteristici di ogni nanoparticella e il lavoro diventa davvero lungo.»
Ancora più preoccupante è il pericolo emergente delle nanoparticelle di plastica che si formano in seguito alla disgregazione di rifiuti plastici negli oceani e si accumulano negli organismi marini entrando nella catena alimentare. Secondo un documento dell’Efsa non ci sono dati a sufficienza per poter affrontare la questione e valutare il rischio che corrono i cittadini, soprattutto per le nanoparticelle plastiche presenti nei tessuti dei pesci e dei molluschi che poi finiscono sulle nostre tavole. «Se già è difficile valutare la sicurezza di una nanoparticella creata artificialmente – spiega Cubadda – è ancora più complicato capire gli effetti sulla salute di frammenti di plastica di dimensione nanometrica. Si tratta di un settore dove la conoscenza scientifica è praticamente zero.»
Altra storia è quella delle microplastiche, frammenti di plastica di dimensioni maggiori delle nanoplastiche, dai quali spesso queste ultime originano. Queste microparticelle però non riescono a superare le barriere dell’organismo e rimangono confinate allo stomaco e nell’intestino degli animali acquatici. Un potenziale problema potrebbe presentarsi per gli abituali consumatori di ostriche e molluschi, che vengono mangiati con le interiora. In questo caso,stiamo parlando di sostanze tossiche tipiche delle plastiche come gli idrocarburi policiclici aromatici, bifenili policlorinati e interferenti endocrini come il BPA. Secondo l’Efsa, però, l’apporto delle sostanze tossiche da pesci e molluschi rimane un problema minimo rispetto alle altre fonti.
(1) Regolamento (UE) 2283/2015 sui cosiddetti “novel foods”, cibi innovativi e di consumo non comune in Europa.
(2) Regolamento (CE) 1169/2011 sull’etichettatura degli alimenti: tutti gli additivi e ingredienti in forma di nanomateriali devono essere seguiti dall’indicazione “nano” tra parentesi.
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Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.
SENTO PARLARE DI NANOPARTICELLE DA VENTI ANNI.
LA LETTURA DI ARTICOLI TIPO, NANOTECNOLOGIE, NANOPARTICELLE, NANO RIFIUTI, NANO INQUINAMENTO, NANO PATOLOGIE, MI HANNO CONVINTO CHE, DOPO LA BOMBA ATOMICA, LA NANOTECNOLOGIA SIA IL PERICOLO MAGGIORE PER L’UMANITA’ .
L’EFSA MI VIENE A DIRE CHE BISOGNA VALUTARE IL RISCHIO ?
IL PRINCIPIO DI PRECAUZIONE DOVE L’HA MESSO IN TUTTI QUESTI ANNI?
Il dottor Stefano Montanari di S. Vito (Mo) studia da anni le nanoparticelle e gli effetti (dannosi) sulla salute. Vi invito a leggere il il suo forum e a contattarlo se volete dati concreti e risultati di studi clinici.
ci sono parecchie serie preoccupazioni sugli effetti che possono determinare le nanoparticelle, una volta entrate in contatto con il nostro organismo o con l’ambiente. c’è certamente tanto da scoprire, ancora.
Incomprensibile il giudizio di EFSA che pur ammettendo l’ignoranza sulla sicurezza alimentare delle nanoparticelle, ne ammette l’impiego come novel-food di questi nano-additivi negli alimenti, come se non entrassero nel sistema digestivo, circolatorio ed immunitario di chi li consuma.
Poi l’ammissione che per avere dati certi sulla sicurezza di queste particelle, ci vorrà molto tempo e per fortuna nostra per averne un responso appropriato, il principio di precauzione viene momentaneamente sospeso, perché le aziende hanno fretta d’impiegarle, come se fossero indispensabili.
EFSA pro aziende produttrici, o per la sicurezza alimentare dei consumatori?
Ai posteri l’ardua sentenza.