Riportiamo, dal blog quotidiano di Beppe Grillo: «Cos’hanno in comune la rivolta in corso in Algeria, gli incendi estivi in Russia e le inondazioni in Australia? La risposta è l’aumento del prezzo dei cereali che ha raggiunto il suo picco all’inizio del 2011. Il prezzo è aumentato del 32% da giugno a dicembre 2010 e continua a salire. Le ultime rivolte per il cibo, i vecchi “assalti ai forni”, avvennero nel 2008 in molti Paesi, tra cui l’Egitto, la Somalia e il Camerun in occasione del precedente picco».
Un’analisi più approfondita della questione proviene dal responsabile delle Nazioni Unite per le terre aride, Luc Gnacadja: il vero problema è costituito dalla desertificazione e inaridimento dei terreni, «la più importante sfida ambientale dei nostri tempi», e soprattutto «una minaccia al benessere globale».
Sembra quasi difficile da credere, dopo le inondazioni che hanno colpito il Veneto e l’Andalusia, ma ancor più gravemente altre aree del pianeta, dal Pakistan (20 milioni di sfollati nel 2010) all’Australia (piogge torrenziali senza precedenti, sul finire dell’anno, su un’area estesa quanto Francia e Germania). Per non dire degli uragani: dall’Europa all’America Latina, “Karl”, “Matthew”, “Paula” e infine “Thomas”, di grado 5, a sommergere l’isola di Haiti già afflitta dal colera.
«La sopravvivenza del popolo umano dipende dalle condizioni dei primi 20 centimetri di suolo dalla superficie», ha affermato il segretario esecutivo della Convenzione internazionale delle Nazioni Unite sulla lotta alla siccità e la desertificazione (Unccd) in occasione dell’inaugurazione della Decade delle Nazioni Unite per affrontare questo grave problema, il 16 dicembre 2010 a Londra.
Secondo Luc Gnacadja, i conflitti per le terre in Somalia come le tempeste di sabbia in Asia e più in generale le crisi degli ultimi anni legate all’impennata dei prezzi degli alimenti hanno un denominatore comune, l’iper-sfruttamento dei terreni arabili e l’impatto del riscaldamento globale. A partire dagli anni ’80, un quarto delle terre del pianeta sono state rese improduttive, e ogni anno si perde l’1% del terreno arabile.
La causa principale del cambiamento climatico e della perdita di biodiversità, secondo il Segretario ONU, è costituita appunto dalla riduzione dei terreni fertili, e questa è a sua volta causata dall’immagazzinamento nel terreno di enormi quantità di carbonio, il quale minaccia le creature che vi vivono e, di conseguenza, sia la produzione mondiale di alimenti sia l’esistenza e la crescita delle foreste.
Perché problema della desertificazione non è stato finora considerato prioritario? Perché il 90% dei 2,1 miliardi di persone che vivono in terre aride sono cittadini di paesi in via di sviluppo. «Anche nei loro paesi queste persone sono le più povere tra i poveri, e vivono in aree remote – continua Gnacadja – Il mondo è guidato da popolazioni urbane: i “leader” politici definiscono le loro agende per soddisfare le popolazioni che vivono nelle città, e tendono a percepire il suolo semplicemente come polvere o fango o luogo di discarica. Ma se non preserviamo quei primi 20 centimetri di suolo, da dove ricaveremo il nostro cibo e la nostra acqua?». Al momento, la metà degli allevamenti e un terzo delle coltivazioni (il grano in particolare) si trovano in terreni aridi.
L’impatto del cambiamento climatico – aumento delle temperature e piogge torrenziali – è già evidente in diversi continenti, dall’America Latina al Sahel, dichiara Gnacadja. I terreni sono poi soggetti a una crescente pressione legata all’incremento demografico globale, che raggiungerà i 7 miliardi di persone nel 2011 e i 9 miliardi nel 2050. Ciò comporterà non solo carenze di cibo e di acqua, ma anche l’aumento di conflitti e migrazioni. Del resto, «se si vogliono analizzare le cause originarie dei conflitti in Somalia e Darfur, e nelle terre aride in Asia, si può comprendere che quelle popolazioni essenzialmente lottano per contendersi terreni produttivi e acqua potabile». Lo stesso vale per la Nigeria settentrionale, dove la crescente aridità causa carenza di foraggi e spinge i pastori verso Sud nelle aree coltivate a mais. «Il conflitto è quasi inevitabile».
Gnacadja sottolinea inoltre come le stesse crisi globali dei prezzi alimentari, negli ultimi anni, sono derivate da fenomeni di siccità: nel 2007-2008 tutto è iniziato con la siccità in Australia , nel 2010-2011 con l’assenza di precipitazioni e i conseguenti incendi in Russia.
Soluzioni possibili? Gnacadja, già ministro dell’Ambiente in Benin, ritiene che la lotta contro la desertificazione e l’inaridimento delle terre richieda una più efficace gestione dei terreni, migliori attrezzature e nuove tecnologie. Bisognerebbe ottimizzare l’uso dell’acqua, coltivare piante resistenti alla siccità, offrire sovvenzioni alle comunità locali affinché preservino i terreni. Apprezza i risultati raggiunti all’ultima tappa dei negoziati ONU sul cambiamento climatico, il dicembre scorso a Cancún: l’istituzione del nuovo “Green Climate Fund” e l’Accordo Redd per affrontare la deforestazione. Ma non basta.
Secondo Gnacadja, le popolazioni dovrebbero anche venire messe nelle condizioni di poter guadagnare “carbon credits” da poter rivendere sul mercato globale per preservare il suolo, che contiene il 75% del carbonio presente sulla terra. Si tratterebbe di una “win-win-win solution”, utile a ridurre le emissioni di gas in atmosfera ma anche ad affrontare i problemi della carenza di cibo e di acqua potabile.
I fondi per l’attività di Unccd sono stati stanziati a febbraio 2010 e il tema della desertificazione è all’agenda dei leader mondiali che parteciperanno alla prossima Assemblea Generale ONU, a settembre 2011.
Per maggiori informazioni:
– desertificazione, GreeCross, Arpa.
– Unccd
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Avvocato, giornalista. Twitter: @ItalyFoodTrade