Affrontare il tema della sicurezza dei cereali, come ha fatto il seminario “Alimenti a base di cereali: pericolosi o benefici?” che si è tenuto all’Accademia dei Georgofili, in collaborazione con l’Associazione Italiana di Scienza e Tecnologia dei Cereali, significa mettere a confronto problemi reali e allarmi ingiustificati. Ne avevamo parlato in un precedente articolo approfondendo alcuni temi tra cui: le fake news, il glifosato o il problema dei residui.
Tra le preoccupazioni dei consumatori c’è ad esempio la furosina, la cui presunta presenza nei prodotti a base di cereali è stata denunciata negli ultimi anni da diversi media: “Ma la furosina è una sostanza che non è presente negli alimenti, pasta inclusa: si tratta di un artefatto analitico generato in laboratorio – utilizzato per risalire alla quantificazione del Composto di Amadori, che caratterizza la prima fase della Reazione di Maillard – che non presenta tossicità per l’uomo”, spiega Emanuele Marconi, direttore del Centro di Ricerca Alimenti e Nutrizione del CREA e membro dell’Accademia dei Georgofili.
La furosina è un problema?
La furosina si genera sottoponendo il campione a condizioni analitiche assai drastiche, molto diverse da quelle riscontrabili nel nostro sistema digerente. “Dai valori di furosina si risale mediante un algoritmo al grado di intensità della Reazione di Maillard e alla percentuale di lisina non più disponibile in quanto coinvolta nella reazione stessa”, prosegue Amadori. “La furosina quindi non si sviluppa durante il processo di essiccazione della pasta e di conseguenza non può essere presente nel prodotto, nonostante le affermazioni in merito riportate da diverse trasmissioni televisive”
La reazione di Maillard
L’attenzione per questo tema nasce dall’evoluzione dei tempi di essiccazione della pasta, passata dai diversi giorni di fine ‘800 alle attuali poche ore, e dal corrispondente aumento delle temperature di essiccamento. In questo modo si favorisce lo sviluppo della reazione di Maillard, “che è indispensabile per dare colore e aroma ai prodotti da forno, ma non deve essere eccessiva per evitare la formazione di alcuni composti tossici”, spiega Marconi. E nella pasta deve essere contenuta, perché non è richiesto l’imbrunimento che, per questo prodotto, è un difetto.
“Comunque i timori nei confronti della furosina non hanno fondamento”, conclude Marconi, “è vero che ci sono studi che hanno mostrato la tossicità della furosina sintetizzata in laboratorio e somministrata alle cavie ma non essendo presente nella pasta e negli alimenti in generale non ha senso metterla in relazione con la tossicità del prodotto e fissarne dei limiti per la sicurezza d’uso. La pasta italiana è un prodotto di eccellenza per qualità e aspetti nutrizionali, che merita rispetto e un’informazione rigorosa”.
L’acrilammide e i cereali
Situazione diversa invece per l’acrilammide, “una sostanza chimica che si forma negli alimenti amidacei durante la cottura e le lavorazioni industriali in condizioni di temperatura superiore a 120°C e bassa umidità”, spiega Maria Cristina Messia dell’Università degli Studi del Molise. Nel 2015 un gruppo di esperti dell’EFSA, chiamato a esprimere un parere scientifico sull’acrilammide negli alimenti, riferiva che l’esposizione all’acrilammide attraverso la dieta aumenta enormemente la probabilità di sviluppare mutazioni geniche e tumori in vari organi, in particolare per i bambini piccoli a causa del loro ridotto peso corporeo e della maggiore esposizione.
“Vista la riconosciuta tossicità della molecola, non è possibile stabilirne una dose giornaliera tollerabile, il che richiede di ridurre al minimo la presenza nel prodotto alimentare seguendo il concetto di ALARA (As Low As Reasonably Achievable) senza incidere negativamente sulla qualità e sicurezza dell’alimento”, ricorda Messia. Nel 2017 con il Regolamento UE 2158 sono state poi istituite misure di attenuazione e livelli di riferimento per la riduzione di acrilammide in alimenti come patatine fritte, snack, pane, prodotti da forno e caffè.
Come ridurre la formazione di acrilammide nei prodotti a base di cereali?
Ci sono infatti diverse misure per ridurre la formazione di acrilammide : “tra queste” prosegue Messia, “l’adozione di opportune pratiche agronomiche, come la scelta di varietà a ridotto contenuto di asparagina e zuccheri riducenti, individuati come i precursori della formazione di acrilammide. E poi condizioni di stoccaggio ottimali, scelta di ingredienti e accortezze durante il processo di lavorazione (pre-trattamenti, temperature, uso di asparaginasi ecc.)”. Nella realizzazione di prodotti da forno, ad esempio, è consigliabile oltre al ricorso a sfarinati di cereali a ridotto contenuto di asparagina, l’utilizzo di processi di lievitazione più lunghi e, per quanto possibile, di temperature di cottura più basse. Senza dimenticare i rimedi che possiamo adottare a casa, per esempio evitando di tostare eccessivamente il pane o di friggere le patate fino a una colorazione scura, e in generale evitando sovracotture e bruciacchiature.
I grani antichi
Il dibattito ha affrontato anche il tema dei grani antichi e della trafilatura a bronzo, spesso presentati come più sani e naturali rispetto a sementi e procedure più moderne. “Per quanto riguarda i grani antichi non emerge una netta superiorità rispetto agli altri, semmai dipende dalle condizioni di coltivazione”, spiega Carcea. “Bisogna considerare il problema in tutti i suoi aspetti: alcune filiere locali sono importanti per l’economia, anche se è difficile giustificare che alcune paste possano costare 8 euro al pacco”.
“Bisogna considerare cosa intendiamo per grani antichi”, precisa Laura Gazza, ricercatrice CREA. “La storia dei grani attualmente coltivati, il grano duro, il farro dicocco e il korasan, inizia più di 15.000 anni fa, cui si aggiunge il grano tenero nato da ibridazione interspecifica e cominciato a coltivare circa 10.000 anni fa. In questo senso tutti i grani sono antichi ,poi grazie ai programmi di miglioramento genetico sono state selezionate varietà omogenee dal punto di vista genetico, con una minore altezza e una resa più elevata, tra cui la più nota è il senatore Cappelli”. Quando parliamo di grani antichi quindi ci riferiamo a varietà selezionate e ampiamente diffuse nella prima metà del secolo scorso.
Il glutine nei cereali
“Per quanto riguarda il glutine”, prosegue la ricercatrice,“esistono due valori diversi di cui tenere conto, il contenuto, ossia la quantità delle proteine che costituiscono il glutine (le glutenine e le gliadine) e l’indice di glutine che si misura in laboratorio determinando la percentuale di glutine che non riesce a passare tramite una griglia, e che ci dice quali glutenine e quali gliadine sono presenti in ogni singola varietà”. È sulla base della qualità del glutine che le farine sono classificate come deboli, medie o forti, e poi destinate a diversi utilizzi. Sappiamo che le varietà antiche di frumento hanno in genere una maggiore quantità di glutine ma un indice più basso, “mentre le varietà recenti sono state selezionate per avere un glutine più tenace, per andare incontro all’esigenza del consumatore e dell’industria di avere una pasta sempre “al dente” e un pane più soffice“.
Si può dire che i grani antichi abbiamo un tipo di glutine più digeribile? Spesso l’uso dei grani antichi è consigliato ai pazienti che soffrono di “Wheat Sensitivity”, “ma non abbiamo conferme scientifiche di questo vantaggio”, spiega la ricercatrice. Comunque, “esiste una variabilità naturale di questi parametri che prescinde dall’ ‘antichità’. Anche per quanto riguarda la qualità nutrizionale, gli esperti non hanno rilevato differenze significative”, conclude Gazza. “Non dimentichiamo però che i grani antichi contribuiscono alla biodiversità agro alimentare e costituiscono una risorsa nelle zone dove l’agricoltura intensiva non è praticabile, oltre ad avere una funzione culturale e storica”.
Macinazione a pietra o a cilindi?
Anche la macinazione a pietra, ha spiegato Alessandra Marti dell’Università di Milano, non è sempre sinonimo di migliore qualità. La macinazione moderna utilizza cilindri che permettono di frammentare la cariosside per ottenere i diversi tipi di farine, mentre il molino a pietra macina le cariossidi in un unico passaggio. “È un processo semplice, a basso costo e ottimale per lavorazioni artigianali nonostante la scarsa conservabilità e la difficoltà di produrre farina raffinata”, ricorda Marti. “Mentre la macinazione a cilindri è più efficiente e flessibile e permette la separazione e successivo recupero di crusca e/o germe al fine di poterli stabilizzare e aggiungerli alla farina raffinata per produrre sfarinati integrali o semi-integrali caratterizzati da una prolungata conservabilità”. Ma entrambe le tecniche presentano vantaggi e svantaggi, come emerge dalla letteratura scientifica.
Si tratta comunque di temi complessi che andrebbero valutati con attenzione: “le aziende tengono a cavalcare il sentire comune”, ricorda Carcea. “Per esempio oggi i consumatori cercano gli alimenti integrali, ma non considerano che a volte si tratta di ‘falsi’ integrali, realizzati con poca aggiunta di crusca, o comunque di prodotti ricchi di zuccheri e grassi che non possono essere considerati salutari”. Un altro esempio è il successo degli alimenti arricchiti o rinforzati. “Quando il problema della nostra alimentazione non sono le carenze ma semmai gli eccessi, evidenziati dall’aumento dell’obesità”, conclude la presidente AISTEC, “senza dimenticare che gli effetti dell’alimentazione sono collegati anche allo stile di vita”.
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giornalista scientifica
Sugli aspetti giuridici e distributivi non metto becco.
Ben detto sicuramente che tra furosina e acrilammide non ci possono essere accostamenti di rischio, l’acrilammide è ben peggio e tutte le indicazioni al riguardo dimostrano che è un grosso problema, non risolvibile scientificamente perchè anche bassissime dosi fanno male e allora che si fa?…….si opta per la soluzione politica di un minimo sindacale altrimenti bisognerebbe cestinare intere categorie di prodotti.
Però il risultato è che ci sono indicazioni sulla cui efficacia non scommetterei una moneta da 3 centesimi, e procedure di essiccamento industriale da tenere d’occhio, e non mi riferisco principalmente alla pasta venduta tal quale ma ai prodotti trasformati/pronti.
Ma parliamo di numeri e prove a sostegno dei grani impropriamente detti antichi.Di seguito una breve guida Adi (Associazione Italiana di dietetica e nutrizione clinica) sulle varietà di grani antichi che fanno bene alla salute e una tabella con le percentuali di glutine contenute nei cereali.
SENATORE CAPPELLI: antenato del grano duro moderno, negli anni ’30 – ’40, era di largo uso nelle terre di Puglia e Basilicata. Per decenni è stata la coltivazione più diffusa, fino al diffondersi delle varietà più produttive. Contiene percentuali più elevate di lipidi, amminoacidi, vitamine e minerali, nonché caratteristiche di elevata digeribilità. Ha un contenuto di glutine pari al 10%.
CRESO. E’ il grano duro moderno più usato nel mondo per la panificazione. Contiene glutine fino al 18%.——–
Tanto per fare un paragone e verificare le quantità di glutine specifiche della specie, le combinazioni di micronutrienti e se mi è consentito distinguere tra i benefici per l’industria e quelli dei consumatori che non sono sempre coincidenti, ben al di là delle mode e dei sostenitori vip e non vip.
Le benedette prove scientifiche esistono e dicono/non dicono a seconda di chi parla e di chi ascolta, e riguardo alla celiachia avendo pazienza di leggere anche sopra e tra le righe le cose che sappiamo non sono poi così certe.