Radiazioni: Chernobyl e Fukushima ancora gravemente contaminate. Scarsi i provvedimenti dei governi. I risultati del rapporto di Greenpeace
Radiazioni: Chernobyl e Fukushima ancora gravemente contaminate. Scarsi i provvedimenti dei governi. I risultati del rapporto di Greenpeace
Agnese Codignola 17 Marzo 2016Sono passati più di trent’anni dal disastro nucleare di Chernobyl, e cinque da quello di Fukushima. Eppure la situazione non è tranquillizzante.In entrambi i casi ci sono ancora migliaia di chilometri quadrati di territorio contaminati, e la popolazione che vive nelle aree circostanti continua a nutrirsi con alimenti radioattivi, con gravi ripercussioni sulla salute. Il risultato è un aumento di molte forme di tumore (primi tra tutti quelli del sangue e della tiroide) e nessuna prospettiva seria di provvedimenti realmente efficaci.
Questi solo alcuni dati dell’impietoso rapporto pubblicato da Greenpeace sui due disastri nucleari più gravi degli ultimi decenni. Il documento mostra come, pur nella differenza delle situazioni, il danno sia comunque gravissimo e non ci siano iniziative che potrebbero modificare la situazione attuale.
Per quanto riguarda Chernobyl, oltre 10.000 chilometri quadrati tra Russia, Bielorussia e Ucraina sono inutilizzabili per qualunque tipo di attività e i 10 (chilometri quadrati) attorno alla centrale lo saranno per 10.000 anni, a causa del plutonio che impregna il terreno. La concentrazione di cesio 137 è diminuita di qualche decina di volte in alcuni prodotti agricoli, ma è sempre elevatissima nei funghi e nei frutti di bosco, che un tempo costituivano parte importante della dieta degli abitanti di quelle zone. Purtroppo la decontaminazione è un’utopia, Greenpeace ha analizzato il latte della zona ucraina di Rivne e ha riscontrato concentrazione di cesio 137 superiore ai livelli ritenuti sicuri.
Secondo uno studio del 2008, nella regione vi sono stati 115.000 decessi per cancro in più rispetto alle attese (l’OMS ne aveva previsti solo 9.000 in più), ma – come ricordano gli autori del rapporto – è molto difficile valutare il vero impatto delle radiazioni, sia perché per anni le autorità locali hanno tenuto segreti i dati. Con il sopraggiungere della crisi, la raccolta sistematica è diventata ancora più complicata, essendo le zone contaminate distribuite tra paesi molto diversi e con rapporti spesso difficili.
Il quadro di Fukushima nonostante il Giappone sia un paese meglio attrezzato per reagire a una crisi del genere, non è molto diverso. La fuoriuscita di materiale radioattivo è stata inferiore di dieci volte ma i provvedimenti sono stati frammentari e insufficienti, come si vede dalla catena alimentare, ancora contaminata (con livelli di isotopi fino a 30 volte superiori alle attese), e la raccolta dei dati, anche in quel caso, è di scarsa qualità.
Secondo Greenpeace alcuni effetti sono comunque presenti, e incontrovertibili, in entrambe le realtà: aumenti di casi di cancro della tiroide e leucemie tra i bambini e tra gli addetti alle bonifiche, che hanno anche un incremento di tumori al seno, cataratta, deficit cognitivi, invalidità e malattie cardiovascolari e aumento della mortalità da malattie cardiovascolari.
Su Fukushima, però, negli stessi giorni, sono usciti, su PNAS, dati apparentemente più tranquillizzanti. Un gruppo di ricercatori di tre istituti di biologia marina e statistica ha reso noto quanto osservato nei pesci tanto d’acqua dolce quanto di mare. La contaminazione è ancora visibile, ma nell’insieme la filiera ittica sembra sicura. In particolare, il cesio sta scendendo, soprattutto nei pesci di mare, che hanno un metabolismo, più favorevole allo smaltimento del cesio e degli altri isotopi, rispetto a quelli di fiume.
Le popolazioni più esposte alle radiazioni sono quelle costiere, ma secondo gli autori i livelli di soglia stabiliti dopo il disastro (i più bassi del mondo), abbinati ai controlli, assicurano una relativa tranquillità. In più, la maggior parte dei pesci consumati in Giappone arriva da allevamenti lontani dalla regione di Fukushima, e questo è un ulteriore fattore di sicurezza. Oltre al fatto che la pesca, nelle zone immediatamente prospicienti la centrale, è vietata, non va dimenticato che se anche qualcuno mangia pesce contaminato, è estremamente improbabile assorbire una quantità di radiazioni tale da riportare dei danni.
In Giappone in questi giorni è in corso uno scontro tra il governo, ansioso di ripartire con il nucleare, opinione pubblica e tribunali locali, che si stanno opponendo. C’è da augurarsi che ogni decisione venga presa seguendo un principio di massima precauzione e di verità nei confronti dei cittadini.
© Riproduzione riservata
Le donazioni si possono fare:
* Con Carta di credito (attraverso PayPal): clicca qui
* Con bonifico bancario: IBAN: IT 77 Q 02008 01622 000110003264
indicando come causale: sostieni Ilfattoalimentare
Giornalista scientifica