Una ricerca condotta in Tunisia ha misurato la resistenza alle fritture dell’olio di oliva, di girasole, di mais e di soia, misurando la diversa stabilità dopo dieci fritture consecutive condotte a 160 e 180°C. La ricerca pubblicata su Journal of Agricultural and Food Chemistry è stata ripresa dal sito teatronaturale.it ha premiato l’olio di oliva. La frittura è uno dei modi più popolari del mondo per preparare il cibo, basta pensare al pollo fritto che domina la cultura gastronomica asiatica ma anche statunitense. Molti altri alimenti vengono fritti prima di essere consumati e spesso l’olio utilizzato viene utilizzato più volte. Le differenze riscontrate riguardano la resistenza al deterioramento ossidativo, il contenuto di acidi grassi trans e la percentuale di composti polari.
Mohamed Bouazizi, autore dello studio, ha provato a scoprire quale olio è in grado di mantenere meglio le caratteristiche in condizioni di alta temperatura e di uso ripetuto. I ricercatori hanno realizzato le prove friggendo per dieci volte in una padella patate crude utilizzando i quattro tipi di olio a due temperature 160 e 180 °C. Alla fine i ricercatori hanno analizzato gli oli per capire quando e quanti composti potenzialmente tossici si erano formati e hanno valutato se questi composti hanno alterato il valore nutrizionale delle patate. Per far questo sono stati monitorati diversi parametri chimici come l’acidità libera, il numero di perossidi, i fenoli totali e i composti polari totali (TPC) sapendo che quando la percentuale TPC supera al 25%, l’olio deve essere scartato.
I test hanno rivelato che l’olio di oliva risulta il più stabile rispetto agli altri oli di semi perché ha dimostrato la massima resistenza al deterioramento ossidativo. Anche il contenuto di acidi grassi trans e le percentuali di composti polari totali sono risultati inferiori agli altri oli a 160 °C. L’olio con i valori peggiori è risultato quello di girasole nelle prove a 180 °C.
R.T.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Si tratta di olio di oliva NON extravergine (anche perchè sarebbe uno spreco usare quest’ultimo per la frittura, a mio parere)?
Esatto olio di oliva
Vabbè non hanno usato l’olio di arachide, cioè quello consigliato per le fritture. Gli altri oli sono sconsigliati per friggere… Insomma gli piace vincere facile, a questi tunisini. Sarebbe anche interessante vedere come si comporta l’olio di palma.
Scusate ma questa non mi sembra proprio un’indagine valida secondo i nostri parametri di igiene alimentare. Non solo manca tra i concorrenti l’olio di arachide, ma piuttosto, chi mai consiglierebbe di utlizzare lo stesso olio, ancorchè di oliva, per dieci fritture consecutive? Aggiungo poi che le differenze riscontrate riguardavano la resistenza al deterioramento ossidativo, il contenuto di acidi grassi trans e la percentuale di composti polari, ma poi non viene evidenziato se i valori riscontrati risultavano o meno accettabili per i nostri standard.
permettetemi, l’olio extravergine di oliva è in assoluto il miglior grasso da condimento a crudo e da cottura, l’unico ad avere un disciplinare rigido in fatto di produzione (merceologia) è fatto mediante spremitura con mezzi meccanici. Solo gli oli denominati “Biologici” di semi, girasole, mais , ecc, sono sottoposti a produzione mediante spremitura con mezzi meccanicie a un rigido disciplinare.
Tutti gli altri oli, sono trattati ad elevate temperature, che li depaupera di tutte le virtù tanto decantate (acidi grassi polinsaturi) e percolati con derivati del petrolio (esano), successivamente rettificati nell’odore e nel sapore per essere commercializzati. Anche l’olio di arachidi che sappiamo resistere bene al calore, non si discosta da queste ultime pratiche di produzione.
I nostri avi usavano dire che fritta è buona anche una suola di scarpe, noi sappiamo, che usavano olio di oliva, oppure grassi di origine animale, come lo strutto, ricco del monoinsaturo acido oleico, che l rende stabile e resistente al calore (anche se ricco di acidi grassi saturi).
Gli oli di semi trattati chimicamente sono entrati nel nostro quotidiano dal dopoguerra, un po’ come tante altri prodotti industriali alimentari.
Solo olio EVO o oli Biologici possiamo corrisponderli al principio ecologico di territorialità, sostenibilità, chilometro 0 , genuinità, nutraceutici. Ma gli oli di semi Biologici, per essere apprezzati nelle loro virtù salutari, andranno consumati solo a crudo, pena, la perdita del loro valore aggiunto.
D’accordo, però per evitare confusione va detto che tutti gli oli di semi e anche quello di oliva vengono rettificati come dice lei con solventi e subiscono altri trattamenti ma poi i solventi usati evaporano e non si trova traccia nel prodotto finito.
Da sempre in famiglia abbiamo usato olio extravergine di oliva. Sarà che vengo dalla Puglia, dove l’olivo abbonda ed il costo dell’olio è abbastanza compatibile con lo stipendio.
L’olio di oliva NON extravergine può ragionevolmente essere inserito tra gli oli migliori per la frittura (fatto sta che comprende nella sua composizione oli raffinati), ma rimangono i grassi di origine animale la migliore scelta per la frittura: punto di fumo elevato rispetto oli non raffinati e soprattutto la bassa percentuale di acidi grassi insaturi che danno vita a composti indesiderati e negativi per la salute. Almeno che, appunto, non utilizziamo oli raffinati… Ma preferisco un grasso poco trattato.