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Il DMAA è una sostanza vietata in Italia dal 2012, spacciata fraudolentemente come un componente naturale del geranio

I giochi olimpici invernali di Sochi hanno segnato un nuovo record: sei casi di doping accertati (tra cui  un italiano) contro l’unico incidente verificato a Vancouver quattro anni fa. Un risultato così negativo si può collegare all’aumento del 64% dei controlli antidoping e alla diffusione dell’integratore contenente dimetilamilamina.  Si tratta di una sostanza indicata anche con la sigla DMAA vietata in Italia dal 2012,  spacciata fraudolentemente come un componente naturale del geranio) e di cui si è giù occupato Il Fatto Alimentare in diversi servizi.

 

Il principio attivo è fortemente stimolante ma anche famoso per i numerosi effetti avversi, tanto da essere vietata un po’ in tutto il mondo. Nonostante queste premesse tre atleti su sei (il giocatore di hockey lituano Vitalijs Pavlovs, la fondista e biatleta Evi Sachenbacher-Stehle e il bobbista italiano William Frullani) sono risultati positivi al DMAA (prodotto che in alcuni giornali viene denominato in un altro modo).

 

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Tutti gli atleti hanno ammesso di assumere un non meglio definito “integratore alimentare”

Tutti e tre gli atleti hanno ammesso di assumere un non meglio definito “integratore alimentare”,  che l’italiano ha dichiarato di avere acquistato negli USA via internet. Non siamo di fronte a  farmaci venduti sotto banco in alcune palestre, ma a prodotti venduti liberamente su internet da grandi e grandissimi operatori dell’e-commerce, anche se si tratta di articoli che non rispondono ai requisiti di sicurezza europei  e americani.

 

Dopo questi casi  di doping i giornali si sono scatenati diffondendo spesso informazioni imprecise e a volte troppo fantasiose sui presunti rischi di alcuni integratori per sportivi, riportando interviste a signori poco informati che confondevano i multivitaminici con il DMAA e  gli anabolizzanti.

 

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Il problema vero non riguarda l’impiego di sostanze dopanti ma l’e-commerce portato avanti da alcuni siti americani ed europei che continuano ad operare al di fuori di ogni regola

Il problema vero non riguarda l’impiego di sostanze dopanti da parte di atleti poco avveduti, ma l’e-commerce portato avanti da alcuni siti americani ed europei che continuano ad operare al di fuori di ogni regola, compresa la normativa anti-doping. Questi siti si presentano in maniera del tutto rispettabile al consumatore, in lingua italiana, a volte sfidando apertamente le normative nazionali e comunitarie. Purtroppo i controlli mancano, per cui oggi procurarsi un  integratore  vietato nella stragrande maggioranza dei paesi  acquistandolo in un sito apparentemente legale è un’operazione semplicissima.

 

Le leggi ci sono. Chi vende via internet integratori destinati anche a cittadini italiani deve rispettare le norme europee e quelle in vigore nel nostro paese e notificare, come fanno gli altri operatori, la lista dei prodotti al Ministero della salute. Per stroncare questo commercio illegale basterebbe applicare norme e sanzioni che esistono senza timidezza e temporeggiamenti, come invece accade di solito.

Luca Bucchini

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