Olimpiadi: tre atleti, di cui uno italiano, positivi al doping a causa di un integratore (DMAA) vietato in Europa, ma venduto liberamente in rete
Olimpiadi: tre atleti, di cui uno italiano, positivi al doping a causa di un integratore (DMAA) vietato in Europa, ma venduto liberamente in rete
Redazione 25 Febbraio 2014I giochi olimpici invernali di Sochi hanno segnato un nuovo record: sei casi di doping accertati (tra cui un italiano) contro l’unico incidente verificato a Vancouver quattro anni fa. Un risultato così negativo si può collegare all’aumento del 64% dei controlli antidoping e alla diffusione dell’integratore contenente dimetilamilamina. Si tratta di una sostanza indicata anche con la sigla DMAA vietata in Italia dal 2012, spacciata fraudolentemente come un componente naturale del geranio) e di cui si è giù occupato Il Fatto Alimentare in diversi servizi.
Il principio attivo è fortemente stimolante ma anche famoso per i numerosi effetti avversi, tanto da essere vietata un po’ in tutto il mondo. Nonostante queste premesse tre atleti su sei (il giocatore di hockey lituano Vitalijs Pavlovs, la fondista e biatleta Evi Sachenbacher-Stehle e il bobbista italiano William Frullani) sono risultati positivi al DMAA (prodotto che in alcuni giornali viene denominato in un altro modo).
Tutti e tre gli atleti hanno ammesso di assumere un non meglio definito “integratore alimentare”, che l’italiano ha dichiarato di avere acquistato negli USA via internet. Non siamo di fronte a farmaci venduti sotto banco in alcune palestre, ma a prodotti venduti liberamente su internet da grandi e grandissimi operatori dell’e-commerce, anche se si tratta di articoli che non rispondono ai requisiti di sicurezza europei e americani.
Dopo questi casi di doping i giornali si sono scatenati diffondendo spesso informazioni imprecise e a volte troppo fantasiose sui presunti rischi di alcuni integratori per sportivi, riportando interviste a signori poco informati che confondevano i multivitaminici con il DMAA e gli anabolizzanti.
Il problema vero non riguarda l’impiego di sostanze dopanti da parte di atleti poco avveduti, ma l’e-commerce portato avanti da alcuni siti americani ed europei che continuano ad operare al di fuori di ogni regola, compresa la normativa anti-doping. Questi siti si presentano in maniera del tutto rispettabile al consumatore, in lingua italiana, a volte sfidando apertamente le normative nazionali e comunitarie. Purtroppo i controlli mancano, per cui oggi procurarsi un integratore vietato nella stragrande maggioranza dei paesi acquistandolo in un sito apparentemente legale è un’operazione semplicissima.
Le leggi ci sono. Chi vende via internet integratori destinati anche a cittadini italiani deve rispettare le norme europee e quelle in vigore nel nostro paese e notificare, come fanno gli altri operatori, la lista dei prodotti al Ministero della salute. Per stroncare questo commercio illegale basterebbe applicare norme e sanzioni che esistono senza timidezza e temporeggiamenti, come invece accade di solito.
Luca Bucchini
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