Sul problema dell’acrilammide negli alimenti in generale e nella pizza più in particolare (che ha dato il via a un botta e risposta tra Chiara Manzi, nutrizionista, e Paolo Masi, dell’Università Federico II di Napoli), riceviamo e pubblichiamo questo contributo di Giuseppina Tantillo, professoressa di Sicurezza alimentare all’Università di Bari. Segue la risposta di Chiara Manzi.
Mi permetto di inviarle alcune mie osservazioni sulla ‘polemica’ riportata su Il Fatto Alimentare e su alcune precisazioni fatte dalla redazione come: “Malgrado l’accertata pericolosità la Commissione Europea non ha ancora individuato valori limite per la presenza di questa sostanza nei cibi, lasciando ai produttori l’onere di abbassarne la presenza. Questo vuol dire che le autorità sanitarie di controllo come le Asl o i Nas non possono sequestrare i prodotti, qualsiasi sia la quantità di acrilammide presente”
Dal 11/04/2018 è in vigore il Regolamento UE 2017/2158 che istituisce misure di attenuazione e livelli di riferimento per la riduzione della presenza di acrilammide negli alimenti. Nei considerando del Regolamento si legge testualmente:
- Considerando 6 – Tenuto conto delle conclusioni dell’Autorità in merito agli effetti cancerogeni dell’acrilammide e in assenza di misure coerenti e obbligatorie che le imprese del settore alimentare devono applicare al fine di ridurre il tenore di acrilammide, è necessario garantire la sicurezza alimentare e ridurre la presenza di acrilammide nei prodotti alimentari costituiti da materie prime che contengono i suoi precursori stabilendo le opportune misure di attenuazione. Il tenore di acrilammide può essere ridotto adottando una strategia di attenuazione, ad esempio attuando buone pratiche in materia di igiene e applicando procedure basate sui principi dell’analisi dei pericoli e punti critici di controllo (procedure HACCP)
- Considerando 7 – A norma dell’articolo 4 del regolamento (CE) n. 852/2004, gli operatori del settore alimentare devono seguire le procedure necessarie a raggiungere gli obiettivi fissati per il conseguimento degli scopi del suddetto regolamento e ricorrere, se del caso, a campionatura e analisi per mantenere i loro risultati. A tale riguardo la fissazione di obiettivi, ad esempio livelli di riferimento, può orientare l’applicazione delle norme d’igiene, garantendo nel contempo la riduzione del livello di esposizione a determinati pericoli. Le misure di attenuazione garantirebbero una minore presenza di acrilammide negli alimenti. Al fine di verificare la conformità con i livelli di riferimento occorre accertarsi dell’efficacia delle misure di attenuazione mediante campionatura ed analisi.
- Considerando 8 – È pertanto opportuno che nelle misure di attenuazione siano individuate le fasi della trasformazione degli alimenti durante le quali si potrebbe formare acrilammide negli alimenti e siano illustrati interventi atti a ridurre il tenore di acrilammide nei suddetti prodotti alimentari.
- Considerando 9 – Le misure di attenuazione di cui al presente regolamento si fondano sulle attuali conoscenze scientifiche e tecniche e hanno dimostrato di poter ridurre il tenore di acrilammide senza compromettere la qualità del prodotto e la sua sicurezza per quanto riguarda la contaminazione microbica. Le suddette misure di attenuazione sono state stabilite in seguito ad un’ampia consultazione delle organizzazioni che rappresentano gli operatori del settore alimentare interessati, i consumatori e gli esperti delle autorità competenti degli Stati membri. Nel caso in cui fra le misure di attenuazione figuri l’uso di additivi alimentari e altre sostanze, gli additivi e le altre sostanze dovrebbero essere utilizzati in conformità della loro autorizzazione d’uso.
- Considerando 12 – Gli operatori del settore alimentare che producono prodotti alimentari rientranti nel campo di applicazione del presente regolamento e che svolgono attività di vendita al dettaglio e/o riforniscono direttamente solo esercizi locali di vendita al dettaglio sono generalmente operatori su piccola scala. Di conseguenza le misure di attenuazione sono adattate alla natura della loro attività. Gli operatori del settore alimentare che fanno parte oppure operano in franchising di un’azienda interconnessa di più ampie dimensioni e sono riforniti a livello centrale dovrebbero tuttavia applicare misure di attenuazione supplementari praticabili per aziende operanti su più vasta scala, in quanto tali misure riducono ulteriormente la presenza di acrilammide negli alimenti e possono essere attuate da parte di tali aziende.
Insomma, per farla breve e pragmatica, i livelli di contenimento sono stati stabiliti per i diversi alimenti e sono indicati nell’allegato IV del Regolamento UE: i piccoli operatori (pizzaioli) dovrebbero applicare le Buone prassi di fabbricazione, tenendo conto che la fase di cottura, unico punto critico per la formazione dell’acrillamide, può essere messa agevolmente sotto controllo con un sistema di autocontrollo, mentre le aziende di più ampie dimensioni (ad esempio produttori di patatine, chips, biscotti, ecc.) possono indicare i CCP del flusso di processo, tenerli sotto controllo e intervenire, se del caso, con misure correttive. Quanto prevede il Regolamento UE 2017/2158 è, a mio avviso, un’ottima opportunità per tutte le aziende grandi e piccole, di offrire alimenti che sono attenti alla salute del consumatore, ora che quest’ultimo è stato informato della pericolosità dell’acrilammide!
Giuseppina Tantillo – Full professor of Food Safety, Università di Bari “A. Moro”
Sul tema interviene anche Chiara Manzi precisando che il regolamento da lei citato richiede ai produttori di abbassare l’acrilammide ai livelli più bassi possibili, ma purtroppo non prevede sanzioni o ritiri dal mercato di alimenti in cui l’acrilammide sia superiore ai livelli di riferimento, che sono molto più alti dei livelli considerati di lieve preoccupazione per la salute pubblica da Efsa.
In altri termini il regolamento è uno strumento utilissimo per quegli operatori del settore alimentare che con etica desiderano produrre cibi sani, perché spiega anche come ridurre l’acrilammide. Ma non è uno strumento utile per obbligare tutti i produttori alimentari, anche gli incuranti della produzione di questo cancerogeno, in quanto non prevede sanzioni né ritiri dal mercato.
Chiara Manzi – nutrizionista, presidente Accademia di medicina culinaria
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francamente dubito che la maggior parte della gente, se posta davanti a questo tema, sappia di cosa si stia parlando. come sostiene giustamente la d.ssa Manzi, non esistono al momento strumenti efficaci per tutelare i consumatori dalla presenza eccessiva di acrilammide negli alimenti, per cui, riteniamoci ancora all’anno 0.
Giro diverse panetterie per acquistare del pane chiaro ma è molto difficile trovarlo. Mi dicono che i clienti prediligono il pane ben cotto. Non c’è abbastanza informazione!!!!