Il Relatore speciale sul diritto all’alimentazione, Oliver De Schutter (nominato a marzo 2008 dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite), indica l’esigenza di controllare lo strapotere di intermediari e grande distribuzione per garantire i diritti dei popoli al cibo e a condizioni di vita adeguate.
Nel recente rapporto Addressing concentrations in food supply chains [The Role of Competition Law in Tackling the Abuse of Buyer Power], De Schutter affronta a viso scoperto il tema delle pratiche commerciali inique che i grandi intermediari e distributori spesso mettono in atto a danno sia della produzione agricola primaria, sia della trasformazione alimentare.
Lo squilibrio tra i poteri negoziali dei pochi colossi che comprano e quelli di decine di migliaia di piccoli produttori è un problema ben noto, che il Parlamento europeo ha infatti già segnalato. E sta dilagando a macchia d’olio, al punto che anche nei Paesi emergenti a forte connotazione rurale, come il Brasile e l’Argentina, le catene di supermercati hanno ormai raggiunto una quota del 60-70% sul mercato al dettaglio delle vendite alimentari.
In assenza di regole, gli acquirenti possono applicare ai loro fornitori le pratiche commerciali più inique, che si manifestano con la sostanziale negazione del valore delle materie prime agricole e delle derrate alimentari, mettendo a rischio la sopravvivenza delle imprese e il sostentamento dei loro lavoratori.
Non solo: queste pratiche danneggiano anche il consumatore, perché la “selezione (in-)naturale” dei produttori riduce inevitabilmente la sua capacità di scelta e la disponibilità di prodotti di qualità. Infine, i colossi distributivi possono controllare il mercato e i alterare i prezzi a loro piacimento.
Il Relatore speciale ONU conclude la propria analisi con precise raccomandazioni:
– bisogna lavorare con determinazione (sia nei Paesi sviluppati che in quelli in Via di Sviluppo, PVS) al rapido adeguamento delle normative in materia di concorrenza e di tutela del mercato, così da proteggere anche i produttori agricoli e di alimenti che, come i consumatori, rappresentano gli “anelli deboli” della filiera;
– queste normative devono anche tenere in considerazione il rispetto dei diritti umani. L’agricoltura è ancora il primo settore dove si svolge il lavoro minorile (70% a livello mondiale, 132 milioni di lavoratori in età 5-14);
– si devono poi istituire autorità di controllo indipendenti, dotate di mezzi economici idonei a verificare in modo efficace il rispetto delle regole. A tale scopo, i Paesi sviluppati dovrebbero offrire supporto a quelli in via di sviluppo.
Iniziative volte a contrastare gli abusi di potere dei grandi acquirenti fioriscono in ogni parte del mondo. De Schutter segnala la recente dichiarazione del Parlamento europeo “su uno studio e soluzioni all’abuso di potere dei grandi supermercati operanti nell’Unione europea”. E il Codice di buone prassi commerciali (Groceries Supply Code of Practice, Gscop) entrato in vigore il 4 febbraio 2010 nel Regno Unito, dove la stessa Commissione della Concorrenza ha a sua volta raccomandato la creazione di un Ombudsman per assicurare l’applicazione del nuovo Codice. Oltre Oceano, il Dipartimento USA della Giustizia e dell’Agricoltura stanno ancora studiando il da farsi.
Del resto, già nel 1999 la Commissione coreana per il commercio equo (Korean Fair Trade Commission, Kftc) aveva citato in giudizio Walmart e Carrefour con l’accusa di pratiche commerciali sleali (come a esempio gli sconti retroattivi, le disdette e i resi ingiustificati, etc.).
Dario Dongo
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