La nona edizione della Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti che si svolge dal 18 al 26 novembre 2017 sotto l’alto patrocinio del Parlamento Europeo*, ha come tema specifico annuale “diamo una seconda vita agli oggetti”. L’accento verrà quindi posto su buone pratiche di riutilizzo: a partire dalla riparazione e al riuso degli oggetti, passando dal riciclo creativo. L’evento rappresenta la principale e più ampia campagna di informazione e sensibilizzazione dei cittadini europei circa l’impatto della produzione di rifiuti sull’ambiente.
Le azioni registrate nel 2017 sono oltre 13.000 e l’Italia è il primo paese per numero di eventi, iniziative, sono in atto 4422 azioni. Tutti possono partecipare mettendo in campo le proprie idee su come ridurre o più semplicemente sensibilizzare sul tema.
Gli action developer sono in Italia per il 45% Pubbliche Amministrazioni, per il 23% associazioni, per il 15% scuole, per il 10% imprese e per il 7% privati cittadini. Il peso degli operatori economici tra gli attori della SERR è piuttosto marginale. Tuttavia sono proprio i produttori e i distributori dei prodotti che possono in molti casi fare la differenza soprattutto in tema di imballaggi. La pressione di azioni come quelle messe in atto dagli altri action developer è sicuramente utile per imporre alle aziende produttrici di considerare tra gli elementi importanti nell’ambito dell’innovazione di prodotto anche una riduzione dell’impatto ambientale degli imballaggi.
Da osservatori del mercato possiamo suggerire alcuni semplici cambiamenti o addirittura accorgimenti, già messi in atto ma soltanto da qualche operatore. Per esempio si può evitare l’involucro secondario che tiene insieme due confezioni, come quelle del caffè da 250 g. Se l’obiettivo è quello di offrire il multipack ad un prezzo inferiore rispetto all’acquisto dei due pacchetti separati, è sufficiente indicare sul cartellino dello scaffale il risparmio ottenuto sul secondo pacchetto (questa pratica viene attuata da tempo da Carrefour su diversi prodotti).
Un altro esempio virtuoso è rappresentato dai filtri di te (peraltro compatibili) senza la bustina di carta, senza il cordoncino ed etichetta annessa. C’è la confezione da 60 filtri della Star per i grandi consumatori che ha soltanto la scatola di cartone esterna; questa proposta potrebbe essere replicata anche per i piccoli formati. Se l’obiezione è che il tè perda aroma, ci si può comportare come con il caffè ossia riporre i filtri in un barattolo, di vetro o metallo. Si potrebbe eliminare il cartone anche per i cereali per la prima colazione; ci sono già diverse aziende, non i leader, che propongono fiocchi e cereali soffiati in busta senza l’involucro secondario. Questo tipo di confezione è spesso associato a prodotti biologici o salutisti; evidentemente il risparmio di packaging è legato ad un consumatore attento ed evoluto.
Altro tema importante è quello dei formati; considerando ad esempio lo yogurt, il consumatore abituale potrebbe utilizzare i barattoli da 500 g anziché singole confezioni da 125 g che tra l’altro sono quasi sempre con l’involucro secondario di cartone che in questo caso è protettivo della copertura del vasetto, suscettibile di rompersi.
Invitiamo i lettori a osservare e suggerire altre riduzioni di imballaggi possibili o già praticati. Queste modalità di vendita potrebbero rivelarsi convenienti sia per il produttore sia per il consumatore. Al di là dell’impatto ambientale occorre inoltre ricordare che gli imballi il consumatore li paga due volte: al momento dell’acquisto e al momento dello smaltimento, in particolare nei casi di tariffa dei rifiuti puntuale, ossia legata alla quantità di svuotamenti del proprio bidone della spazzatura.
* Nata all’interno del Programma LIFE+, si avvale anche nel 2017 del sostegno della Commissione Europea. L’edizione 2017 si svolge con il patrocinio di UNESCO, del Ministero dell’Ambiente, del Senato della Repubblica, della Camera dei Deputati e di ANCI, ed è resa possibile grazie al contributo di CONAI e dei sei Consorzi di Filiera: CIAL, COMIECO, COREPLA, COREVE, RICREA e RILEGNO. In Italia la “Settimana” è promossa da un Comitato promotore nazionale composto da CNI Unesco come invitato permanente, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Utilitalia, ANCI, Città Metropolitana di Torino, Città Metropolitana di Roma Capitale, Legambiente, AICA e dai partner tecnici E.R.I.C.A. Soc. Coop. ed Eco dalle Città.
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analisi di mercato
Di sicuro le aziende dovrebbero lavorare sui sacchetti dei crostini integrali, cito quelli del Mulino Bianco o di Esselunga Equilibra, tanto più considerando che ci sono altri sacchetti simili, in poliaccoppaito che invece sono differenziabili.
Alcuni esempi di riduzioni possibili, ma NON praticate (copio i link, perchè nei post ci sono le foto a supporto):
https://paoblog.net/2010/05/17/le-confezioni-dei-medicinali-e-la-logica dov’e/
https://paoblog.net/2013/02/13/imballo-5/
https://paoblog.net/2012/05/22/imballaggio-3/
https://paoblog.net/2011/01/19/si-parla-di-ridurre-gli-imballi-ed-i-rifiuti-e-poi/
https://paoblog.net/2014/12/17/rifiuti-62/
qui si esula dagli alimentari, ma la follia di questo imballaggio la dice lunga: https://paoblog.net/2012/05/23/imballo-3/
le doppie confezioni delle uova quello esterno in cartoncino è inutile
la scatola in cartoncino del dentifricio lidl ad esempio l’ha già eliminato
Lavoro nel settore del packaging per alimenti e, vedendo le cose dall’interno, devo dire che si sta facendo molto per progettare imballi sempre più riciclabili e con minor impatto ambientale. Solo ridurre lo spessore del materiale, dove possibile, genera grandi risparmi per lo acquista, quindi è ovvio che la direzione è questa, ma non è cosa facile.
E’ sempre un equilibrio di molti fattori: conservare al meglio il prodotto alimentare (ogni alimento ha le sue caratteristiche, i crostini citati sopra temono molto l’umidità ed è per questo che non si possono mettere nello stesso sacchetto dei biscotti che è stato reso riciclabile); riuscire a far produrre le macchine confezionatrici col materiale progettato (se ho la macchina che usa il materiale plastico è difficile farle usare quello cartaceo); rendere il prodotto “visibile” nella grande distribuzione e quindi mantenere forme e stili richiesti dal mercato.
E’ stato dimostrato che le grandi confezioni familiari generano meno imballo (caso dello yogurt sopra), ma il più delle volte finisce che una parte dell’alimento viene buttato in pattumiera perchè non si consuma, quindi risparmiamo da una parte e generiamo scarto alimentare dall’altro.
Personalmente preferisco le confezioni con imballi differenziabili (cartoncino, plastica) perchè io le separo , mentre quelle poliaccoppiate, anche se pesano molto meno, vanno all’inceneritore e non si separano più.
C’è poi il caso incredibile del contributo ambientale: quando usiamo la carta è molto basso, quando usiamo la plastica è molto alto, e indovinate quando usiamo i materiali compostabili (che vanno nell’umido)? rientra tra le plastiche… per la serie inquino di meno e pago di più!
Compero i detersivi da chi li vende alla spina, il latte dai distributori automatici (dove arriva quasi a km 0 ed è pure più buono di quello della grande distribuzione), il vino da tavola da chi lo vende sfuso (con un po’ di accortezza oggi se ne trova di buona qualità), il miele da piccoli produttori che accettano il vuoto a rendere. Quanto all’acqua, bevo quella del rubinetto filtrata. Alla fine dell’anno, tra plastica e vetro ho evitato una bella montagnola di rifiuti. Per quelli che non sono riuscito ad evitare faccio un’attenta raccolta differenziata, così alla fine di indifferenziati ne ho pochissimi.
La stragrande maggioranza delle aziende sta lavorando alacremente sulla riduzione e razionalizzazione degli imballaggi, sia primari che secondari, sia per peso che per superficie con riduzioni significative di costo. purtroppo la spinta consumeristica verso una “sovrainformazione ” in etichetta, talora insieme ad esigenze di marketing (offerte etc.) si oppone al concetto di riduzione.
Attenzione anche a sparate come quella sullo yogurt, che è il tipico esempio consolidato, nella confezione da 125g di “porzione singola” e adatta alla diversificazione dei gusti in confezioni multiple. Il formato da 500 invece è ed è sempre stato un formato “familiare”, con suo proprio mercato.