La FDA, seguendo quanto già deciso dalla Commissione Europea in seguito ai suggerimenti dell’EFSA, e in risposta alle pressioni crescenti di molte associazioni di consumatori (Consumer Reports nel 2012 ha denunciato presenza eccessiva di arsenico in 60 prodotti) potrebbe introdurre dei limiti stringenti per la concentrazione di arsenico inorganico nel riso e nei prodotti derivati destinati ai bambini. La proposta è stata messa on line, insieme a un corposo rapporto di quasi 300 pagine con i dati relativi a 76 prodotti a base di riso e derivati, la metà dei quali raggiungerebbe il limite di 100 ppb (parti per miliardo) pari a 0,1 mg/kg, mentre quasi l’80% sarebbe al di sotto di 110 ppb.
Sono soprattutto i bambini ad assumere riso attraverso farine miste di cereali, in quantità triple rispetto a quanto non avvenga nell’età adulta, con un picco attorno agli otto mesi di età. Sono soprattutto loro, insieme alle donne incinte, a risentire degli effetti dannosi dell’arsenico inorganico, come ad esempio anomalie nello sviluppo intellettivo e parti prematuri, e l’aumento del rischio di tumori per gli adulti. Per questo motivo pochi mesi fa l’Europa ha deciso di abbassare progressivamente la concentrazione nei prodotti destinati all’infanzia. Fino al 2017 saranno tollerate dosi comprese tra 0,15 e 0,2 mg/kg di riso, dopo la concentrazione dovrà necessariamente scendere a 0,1 mg/kg. Per quanto riguarda la FDA, la proposta attuale è di introdurre lo stesso sbarramento di 0,1 mg/kg.
Alcune aziende hanno già risposto positivamente, altre come Nestlè, proprietaria del marchio Gerber, hanno affermato di essere già al di sotto mentre altre come Kraft non si sono pronunciate. L’arsenico proviene solo in quantità limitate da fonti naturali; nella maggior parte dei casi è presente nei terreni come contaminante delle lavorazioni industriali o a causa di alcuni tipi di fertilizzanti, e da lì viene assorbito dai cereali e soprattutto dal riso. La FDA ha sottolineato di non voler scoraggiare il consumo , ma di voler adottare una politica più prudente verso bambini e donne incinte. La stessa FDA ha ricordato ai consumatori che il riso non deve essere la sola e nemmeno la principale fonte di ferro e di altri minerali per i bambini. Per limitare i rischi è bene alternare il riso e le farine con quelle a base di avena, orzo e multicereali, facendo seguire al bambino una dieta varia ed equilibrata; un discorso analogo vale per le donne in gravidanza. Inoltre, per quanto riguarda il riso, alcuni studi (anche condotti dalla stessa FDA) dimostrano che bollirlo in molta acqua (da 6 a 10 parti di acqua per una di riso) può ridurre dal 40 al 60% il contenuto di arsenico, anche se si perdono alcuni nutrienti.
La proposta ora è on line, e lì resterà per 90 giorni, per accogliere commenti e suggerimenti. Trascorso questo periodo, l’agenzia si pronuncerà in maniera definitiva.
Giornalista scientifica
ci sono differenze tra coltivazioni biologiche e convenzionali?
Quando non si ha una visione e cultura d’insieme, spuntano come dal nulla questo genere di problemi.
Visioni distorte ed interessate di produttori poco lungimiranti, ma anche di qualche associazione consumatori, come Altroconsumo che con studi fuorvianti come “Non credo in Bio”, snobbano ed addirittura vanificano gli sforzi dei pionieri del biologico e biodinamico, tacciandoli di fedeli di una religione astratta e non intimamente connessa con la natura umana e l’ambiente dove viviamo, contribuiscono a creare e mantenere situazioni di degrado ambientale, come questo dell’arsenico inorganico.
Non era impossibile prevedere che la negazione dell’inquinamento chimico ambientale diffuso e diffusosi con l’industrializzazione spinta dell’agricoltura, della chimica e di tutte le trasformazioni industriali, in assenza di una benché minima sensibilità e prevenzione dei danni puntualmente arrecati all’ambiente, porti a risultati come questo e tanti altri di cui si discute, nell’impotenza delle soluzioni senza adeguata prevenzione.
Purtroppo come con gli OGM, le contaminazioni ambientali sono garantite e tutte le pratiche invasive sono fonti d’inquinamento di matrici biologiche vegetali, dei terreni e delle acque, con esiti incontrollabili ed irreversibili.
Almeno noi consumatori dovremmo avere come unica fede, quella della prevenzione/lungimiranza, trasparenza e tracciabilità dell’ambiente e di tutto quello che consumiamo.
Se c’è arsenico, piombo, cadmio ed altri accessori in una coltura agricola, si dovrebbe poter tracciare la fonte d’inquinamento e reprimere senza tolleranza alcuna, sversamenti di scarichi industriali nelle falde e vietare l’utilizzo di diserbanti, erbicidi e concimi con tutto questo corredo di accessori inquinanti.
Non basta e non risolve normare i limiti ammessi al consumo, ma occorre normare i limiti d’impiego ed impatto ambientale.